CHI PREPARA UNA GUERRA NUCLEARE A RUSSIA E CINA da IL FATTO
Chi prepara una guerra nucleare a Russia e Cina
Elena Basile 11 Agosto 2024
Nel 2001, in seguito all’attacco alle Torri Gemelle, la dottrina nucleare statunitense cambia. La Nuclear Posture Review (NPR) legittima l’utilizzo del nucleare contro i nemici a scopo difensivo per una minaccia imminente. La deterrenza era basata sulla garanzia di distruzione reciproca (la Mutually Assured Destruction, MAD) che fino al 2001 si considerava conseguenza inevitabile dell’uso del nucleare. La dottrina militare alla fine della Guerra fredda inserisce l’utilizzo del nucleare nei teatri di guerra convenzionali. Le nuove armi nucleari dovrebbero implicare danni circoscrivibili ed essere utilizzate contro la Russia e l’“asse del male” Iran, Iraq, Corea del Nord, Cina e anche Libia. Come afferma il professor Michel Chossudovsky, la NPR inscrive il conflitto sullo status di Taiwan fra gli scenari in cui Washington potrebbe essere spinta a ricorrere al nucleare. Dopo l’11 Settembre si sviluppa una strategia militare integrata che concilia l’arma convenzionale con quella nucleare, costruisce rifugi antiatomici e testate nucleari chirurgiche in grado di ridurre i danni collaterali, inserisce capacità convenzionali, cibernetiche in piani di guerra nucleare.
Oggi siamo arrivati alla soglia dell’applicazione di queste dottrine, come dimostra la guerra in Ucraina contro una potenza nucleare, la Russia. Per molto tempo ci siamo interrogati su come fosse possibile per la dottrina militare statunitense programmare l’erosione del potere di Mosca, un regime change e lo smantellamento della Federazione russa, per poi passare a occuparsi del vero rivale strategico nel Pacifico, la Cina, senza rendersi conto del rischio di un conflitto militare insito nella pianificazione di una guerra a potenze nucleari.
Siamo stati troppo ingenui. Le molteplici agenzie di sicurezza statunitensi, il Pentagono e i vassalli servizi europei sono andati molto più avanti e hanno elaborato teorie militari segrete che prevedono guerre nucleari circoscritte. Il sacrificio necessario dei popoli ucraino e palestinese, ai quali si potranno aggiungere in caso di escalation alcune aree dell’Europa e del Medio Oriente, è stato messo in conto al fine di perpetuare il predominio occidentale in un mondo multipolare che economicamente e politicamente lo contesta.
Il rebus appare ormai spiegato a quanti, come la sottoscritta, si sono affannati a domandarsi quale razionalità ci potesse essere in una guerra programmata a due potenze nucleari come la Russia e la Cina. Le oligarchie finanziarie e delle armi non sono composte da sprovveduti. Blackrock, Vanguard e State Street, che hanno in mano l’80% dell’economia mondiale, sanno cosa c’è in gioco, non improvvisano, pianificano quello che al cittadino comune apparirebbe impensabile.
Eppure l’opinione pubblica sembra imperturbabile. La censura dei media dei nemici è passata in Europa senza grandi sorprese, esattamente come la repressione delle manifestazioni degli studenti contro la carneficina a Gaza. Nessuno sembra molto stupirsi di fronte alla sentenza della Corte tedesca contro i manifestanti pro Palestina che hanno gridato l’atroce slogan “Palestina libera dal fiume al mare”, implicitamente condannando Israele alla distruzione esattamente come il Likud e Netanyahu non riconoscono la Palestina e teorizzano l’espansione di Israele. Nella democratica Germania, mentre è in corso lo sterminio e il supplizio di un popolo, si condanna un manifestante per aver gridato quello che il criminale di guerra Netanyahu proclama per Israele di fronte al Congresso statunitense fra innumerevoli ovazioni. E tutto viene inghiottito nella soporifera estate da un ceto medio accanito nella ricerca di svago e accarezzamenti del proprio ego.
La percezione netta è che tutto sia possibile. Il GDP aggregato del G7 è inferiore a quello dei Brics, ma le élite occidentali si comportano come se detenessero lo stesso potere che avevano negli anni 60 e 70, sono in lotta col resto del mondo, impongono sanzioni che colpiscono le popolazioni, non le classi dirigenti dei Paesi cosiddetti nemici, e si ritorcono come un boomerang contro gli stessi Paesi dell’Ovest. Inventano minacce inesistenti e, dopo aver dichiarato la Russia e la Cina nemici, si stupiscono che in questi Paesi ci si prepari al confronto militare. Creano il mondo e poi affermano di dover fare realisticamente i conti con i nemici costruiti a tavolino. Si asseconda lo sterminio dei palestinesi senza imporre un cessate il fuoco a Gaza, si finge di subire gli omicidi da parte di Tel Aviv del capo negoziatore di Hamas e del numero due di Hezbollah, poi ci si risveglia e si balbetta (come Tajani con Blinken) di star facendo il possibile per la de-escalation. Stati canaglia, dittature sanguinarie porgete l’altra guancia alla brutalità dell’unica democrazia del Medio Oriente!
Kiev vuole trascinare in guerra gli alleati più riottosi evitando l’oblio
Debolezze russe ed effetto-boomerang – La leadership ucraina non ha abbastanza uomini, ma molti mezzi forniti dall’Occidente. E deve conservare visibilità per non esser dimenticati dai “fornitori”
Fabio Mini 11 Agosto 2024
Incursione, controffensiva, offensiva: le notizie dall’Ucraina ondeggiano tra questi vocaboli ingigantendo volutamente una fase dei combattimenti sul terreno che, come ogni altra azione intrapresa da Kiev in quest’ultimo anno, è invece una iniziativa eterodiretta ed eterocondotta per incastrare l’Occidente in una guerra lunga e sanguinosa.
Ovviamente gli americani si guardano bene dal definire l’attuale incursione ucraina in Russia come un’offensiva. Non lo è tecnicamente per il livello di forze impegnate e non deve esserlo per non far passare l’Ucraina da Paese invaso a invasore.
L’Europa e la Nato si sbilanciano fino a perdere l’equilibrio quando affermano che l’offensiva in territorio russo è un diritto difensivo. Il nostro ministro della difesa sembra l’unico a capire la differenza fra offesa e difesa e forse anche quella fra diritto di un popolo alla propria difesa e violazione del diritto internazionale con la guerra per procura.
Le costose incursioni e gli scarsi effetti
Gli Stati Uniti si astengono anche dall’assegnare alle operazioni in corso una valenza strategica. In effetti, come le altre pseudo-offensive, le incursioni costano parecchio a Kiev in termini di uomini e di sistemi d’arma e concludono poco in termini di vantaggi militari o politici. Anzi peggiorano la situazione, come si vede dalle reazioni russe e come rileva il presidente Zelensky che a ogni aiuto concesso in missili, aerei, artiglierie e munizioni risponde con il solito “non è abbastanza”. Vengono anche evidenziate le vulnerabilità russe che le incursioni dimostrano e in particolare l’affanno russo nel “contenere” gli attacchi e il disagio delle proprie popolazioni di confine.
In realtà l’idea che tra Russia e Ucraina ci fosse un confine sigillato, invalicabile e inviolabile dal Baltico al Mar Nero è sempre stata una mistificazione. Tutta l’Europa è in guerra contro la Russia e lungo i confini sono sempre esistiti spazi di bassa o nulla concentrazione delle forze di difesa russe e numerose aree in cui i movimenti militari di una parte e dell’altra erano possibili lungo la viabilità minore. Anche i cosiddetti obiettivi strategici delle incursioni sono più un rischio inutile che un vantaggio.
Un sabotaggio o un’azione contro la centrale nucleare di Kursk può innescare una risposta molto seria sia che venga definita atto terroristico sia che venga considerata atto di guerra. E questo l’Ucraina lo sa.
Eppure qualcosa di diverso, anche se non nuovo, si intravede. Sul piano tattico le azioni ucraine appaiono riproporre le procedure della guerra nel deserto di Rommel (1941 – Africa settentrionale) con le quali durante ogni combattimento conquistava obiettivi in profondità ma perdeva il 90% delle proprie forze (comprese quelle italiane). Tattica che ha funzionato per qualche mese e poi, a causa dei mancati rifornimenti di uomini e materiali e dell’intervento di massa degli anglo-americani ha condotto alla sconfitta.
Le azioni ucraine richiamano anche alla mente le operazioni che alla fine della Guerra fredda (anni 80-90) le forze statunitensi prevedevano con l’impiego di piccole unità di fanteria meccanizzata e corazzata in contesti difficili.
Nel 2003 alcuni studiosi americani (Richard Van Atta, Kent Carson e Waldo Freeman) riproposero l’idea come Small Units Precision Combat (Supc) anche a livello intercontinentale. Le Supc si avvalevano della forza combinata di controllo dello spazio, di quello aereo locale, intervento di piccole unità di fanteria anche corazzata via aerea, terrestre e/o mare, la copertura intelligence e la guerra elettronica.
Le Supc non furono mai eseguite in combattimento aperto, ma in alcuni interventi antiterrorismo. D’altra parte la stessa tecnica, senza ovviamente gli stessi mezzi, fu usata dalle organizzazioni terroristiche come nel caso di Mumbai-Lahore.
L’Ucraina si trova nella condizione di non avere sufficienti uomini e mezzi per una offensiva su larga scala, ma possiede il supporto spaziale, la copertura aerea locale, le armi e i mezzi forniti da Stati Uniti, Nato, Unione Europea e altri Paesi, contractors e pseudo-volontari pagati o forniti sempre dall’Occidente e può sfruttare i “vuoti” tra gli schieramenti evitando i “pieni” presidiati dalle forze russe.
Anche a livello strategico c’è qualcosa di diverso. L’Ucraina deve mantenere visibilità militare e politica per non essere dimenticata di fronte ad altri teatri di crisi come il Medio Oriente, l’Africa e lo stesso Sudamerica. Deve approfittare dell’incertezza della situazione politica americana non tanto perché teme di non ricevere più gli aiuti promessi, ma per coinvolgere ancor più direttamente gli Stati Uniti e l’Unione europea nel conflitto contro la Russia.
Il coinvolgimento attuale anche tattico costringe ancor di più alla guerra. Le incursioni servono a dimostrare che la Russia si può attaccare con le armi, che le piccole tattiche possono essere amplificate con la disinformazione e, soprattutto, che Kiev non può far la guerra da sola nemmeno come proxy dell’Occidente.
Nonostante gli Stati Uniti e l’Europa siano già dentro al conflitto fino al collo, e le stesse incursioni di questi giorni lo dimostrano chiaramente, Kiev vuole l’intervento diretto di tutto l’Occidente che già alcuni Paesi hanno promesso. Dopo due anni di guerra combattuta per conto e per gli interessi occidentali, Kiev pretende che sia l’Occidente a combattere per conto dell’Ucraina.
Il conto salato presentato dai proxy
E ha qualche motivo in più visto che Israele pretende e ottiene la stessa cosa da tutto l’Occidente annebbiato dalla smania di guerra. Non è una grande novità politico-strategica perché Zelensky ha sempre dichiarato di voler far diventare l’Ucraina una “grande Israele”: ossia, armato, nucleare e bellicoso.
L’Ucraina ha sempre chiesto e ottenuto il sostegno occidentale e sempre voluto (e non del tutto ottenuto) il coinvolgimento diretto della Nato o dei suoi Paesi membri contro la Russia. È nuovo e preoccupante che, contrariamente a Israele, stia abbandonando l’idea di essere autonoma e libera di decidere del proprio destino: di essere indipendente e sovrana.
I Proxies prima o poi presentano il conto: l’Ucraina lo ha già presentato più volte ed è stata pagata; l’Occidente, nuovo proxy dell’Ucraina, ancora no e l’unica cosa che l’Ucraina ha da spendere è la sovranità.
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