“AL SUD L’HANNO CAPITO: L’AUTONOMIA TRABALLA A DESTRA” da IL FATTO
“Al Sud l’hanno capito: Calderoli non mantiene le promesse del governo”
Villone, Costituzionalista – “Una valanga di no, anche se il quorum venisse solo sfiorato, non potrebbe essere ignorata ”
Luca De Carolis 4 Agosto 2024
Prima di iniziare a ragionare di ricorsi e questione meridionale, accenna una risata: “Mi pare che sia successo qualcosa…” Quel qualcosa a cui si riferisce il costituzionalista Massimo Villone è la valanga di firme contro l’autonomia differenziata, già oltre il traguardo delle 500 mila sottoscrizioni.
In Basilicata la maggioranza di centrodestra non è riuscita ad approvare una mozione a favore dell’autonomia. È la conferma che il successo della raccolta di firme sta innervosendo le destre?
Io noto che la raccolta in Basilicata finora è andata decisamente bene, e che quindi la voce popolare non coincide certo con quella del Consiglio regionale locale. In generale, molto del ceto politico regionale sta dando scarsa prova di sé, pensando che l’autonomia possa portare ad alcune regioni più poteri e risorse.
L’autonomia è materiale pericoloso…
Nel Sud si è diffusa la consapevolezza che la legge Calderoli non risponde alle promesse della destra, che l’ha definita un’occasione per tutti. Ma come si può stare meglio senza investire un centesimo in più nella sanità, per dire, e aumentando il divario tra le varie parti del Paese?
Il governo sembra voler rallentare, ma il Veneto del leghista Luca Zaia reclama già l’assegnazione delle nove materie per cui non è necessario stabilire preventivamente i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni.
Sicuramente la Lega vuole segnare un punto, anche perché tra le materie non Lep ci sono bocconi succosi come il commercio con l’estero, i rapporti con l’Unione europea e le professioni. C’è chi mira a costruirsi la propria politica commerciale, o a mettere le mani sugli ordini professionali o sulla protezione civile, altra materia di peso. Ma devono fare in fretta, perché sanno che più si va avanti con le firme e con il dibattito, più andrà male per loro.
Magari sperano che il quorum nel referendum sia irraggiungibile, no?
Anche se ci si andasse vicino, ma con una stragrande maggioranza di no, come farebbero a ignorarlo sul piano politico?
Ecco, il referendum. Ma il rischio che i quesiti siano respinti dalla Consulta quanto è concreto?
Dei dubbi possono esserci, perché la giurisprudenza della Corte dice tutto e il suo contrario sul tema. Il nodo principale rimane il fatto che la legge Calderoli è stata legata quella di bilancio, un punto su cui la Consulta non è stata mai chiarissima, quindi un margine di incertezza rimane. Ma io spero che la Corte comprenda la delicatezza della situazione.
Il ricorso di una Regione a Statuto speciale come la Sardegna può aiutare?
È necessario, proprio perché un ricorso in via principale sull’inammissibilità della legge non può incontrare le obiezioni che potrebbero essere mosse per il referendum abrogativo. Con questa generale richiesta di autonomia su 23 materie, il provvedimento di Calderoli provoca una conflittualità tra regioni. Penso all’ambiente, dove dare mano libera a un ente può creare ovvi problemi a una regione confinante, o all’energia.
Questa battaglia contro l’autonomia cosa può significare per il centrosinistra e il Sud, anche a medio termine?
Credo che possa essere una potentissima sveglia, ovvero un modo corretto per riportare la questione meridionale nell’agenda politica, da cui è stata cancellata negli anni 90. Il punto centrale è che non deve esistere una guerra tra Nord e Sud, ma un comune interesse a tenere unito il Paese, perché se è unito è più forte nella competizione internazionale. Come sostiene giustamente un libro di Stefano Fassina, l’autonomia differenziata fa male anche al Nord.
L’Autonomia traballa a destra: anche la Basilicata ha detto “ni”
La secessione dei ricchi – Segnali. In Consiglio regionale la proposta di ricorrere alla Consulta non passa solo grazie ai voti centristi. Stop alla mozione a favore
Lorenzo Giarelli 4 Agosto 2024
Ogni giorno succede qualcosa: un voto ribelle, una dichiarazione di dissenso, un alleato che si sfila. La destra si sgretola sull’autonomia e si sgretola soprattutto al Sud (terra di consensi del berlusconismo) e pure nel Centro che per primo ha cullato l’ascesa di Fratelli d’Italia. Colpa della fretta leghista per approvare la legge e, ora, di un’ondata mediatica forse imprevista provocata dalla raccolta firme per il referendum (oltre 600 mila, secondo Angelo Bonelli).
L’ultima crepa a destra è di venerdì sera, quando solo il mancato sostegno dei centristi di Azione e Iv ha impedito che la Basilicata fosse la prima Regione guidata da FI e soci (il presidente è Vito Bardi) ad approvare un testo in favore del referendum. Peccato però che anche la mozione di maggioranza – di elogio al ddl Calderoli – sia stata respinta, con facce cupe in giunta.
D’altra parte la stessa raccolta firme descrive un Sud che ha preso malissimo il blitz leghista. In attesa dei dati del week end, luglio si è chiuso con la Campania in testa come Regione di provenienza delle firme per il referendum (da lì arriva il 21 per cento del totale), seguita da Lazio (11 per cento) e Lombardia. Molto alti sono i dati della Sicilia di Renato Schifani (9,5 per cento) e della Puglia (9,1), cui si aggiungono Calabria (5,5 per cento, pur avendo meno residenti in percentuale), Sardegna (2,8), Abruzzo (2) e infine Basilicata (1,4) e Molise (0,6). Quel che sta avvenendo nei Consigli regionali rispecchia il problema. È vero, per esempio, che in Calabria la destra ha respinto la richiesta di referendum della sinistra, ma il governatore Roberto Occhiuto ha convinto la coalizione a sostenere un ordine del giorno netto: nessuna intesa – neanche sulle materie su cui non servono i Lep – fino a che non sarà chiaro l’impatto del trasferimento delle competenze sul Meridione.
Anche in Sicilia i giallorosa hanno depositato un testo pro-referendum e la destra avrà più di un imbarazzo. Non tanto per la posizione di Schifani, allineato ad Antonio Tajani, quanto per le sfumature tra alleati. Pochi giorni fa si è sfilato Raffaele Lombardo, ex presidente della Regione e leader di Mpa, il quale ha chiarito che non avrebbe votato il ddl Calderoli. Lombardo ha ancora un bacino di potere e di voti che fa gola a tanti. Basti pensare che per le Europee Mpa sembrava aver stretto un’intesa con la Lega, prima che il banco saltasse e Lombardo virasse su FI.
Le voci critiche sono pubbliche un po’ in tutto il Sud. Dopo il pasticcio lucano, al Fatto parla il forzista Saverio De Bonis, senatore nella scorsa legislatura: “Ho apprezzato la posizione di Occhiuto. È stato tra i primi a mettere un orecchio a terra e capire cosa si stava muovendo”. Un orecchio a terra per capire il proprio elettorato, la cui fiducia non è incondizionata: “Credo che già solo una raccolta firme così dirompente possa far cogliere al governo la pericolosità del referendum. Forse converrebbe prevenire…”
Figurarsi che pure dall’Abruzzo, granitico fortino meloniano di Marco Marsilio, arrivano continui segnali. L’ultimo lo lancia l’assessore al Welfare forzista Roberto Santangelo: “Bisogna reperire le risorse finanziarie per assicurare a tutti i cittadini un accesso paritario ai servizi, al fine di evitare penalizzazioni per molte regioni del Centro Sud e del Meridione. Questa mancanza potrebbe influenzare pesantemente il giudizio degli elettori di centrodestra”. Anche perché il regionalismo non appartiene a FI e neppure alla vecchia guardia missina. Basta ascoltare l’ex ministro campano Mario Landolfi: “L’autonomia stride con la storia e la cultura politica della destra – scandisce al Fatto – al Sud vedo una fortissima diffidenza nei confronti dell’autonomia, si capisce che è un favore alla Lega ma qui non è questione di stare ai patti, esistono valori non negoziabili. E per la destra l’unità nazionale è un valore non negoziabile”.
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