AIDA TOUMA-SLIMAN: “NETANYAHU NON VUOLE SALVARSI, VUOLE LIBERARSI DEI PALESTINESI” da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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AIDA TOUMA-SLIMAN: “NETANYAHU NON VUOLE SALVARSI, VUOLE LIBERARSI DEI PALESTINESI” da IL MANIFESTO

Aida Touma-Sliman: «Netanyahu non vuole salvarsi, vuole liberarsi dei palestinesi»

Medio Oriente Intervista alla deputata alla Knesset del Partito comunista: «L’ultradestra usa la paura e la voglia di vendetta per approvare leggi contro ogni voce critica. Non è che lo spazio democratico si sta restringendo, è che non ne esiste nessuno»

Chiara Cruciati  11/12/2024

Gli schermi tv negli spazi comuni della Knesset sono sintonizzati su Tel Aviv, sulla prima deposizione del primo ministro Netanyahu nei casi di corruzione che lo inseguono da anni. Lui dà la sua versione, si dice il campione assoluto della libera circolazione delle idee, figurarsi se ricorrerebbe a regali, mazzette e favori in cambio di rapporti privilegiati con i media.

Arriva ad accusare la più nota agenzia di informazione israeliana Walla di essere filo-Hamas e filo-Iran, impossibile che le abbia chiesto degli aiutini mediatici come invece ha ricostruito la procura nel più grave dei casi di corruzione di cui è accusato il premier, il file numero 4000.

Alla corte Netanyahu chiede delle pause per leggere le note che gli passa il suo staff: ha spalancato il fronte con la Siria, deve seguire le mosse dell’esercito. Intanto fuori dal tribunale un sostenitore del suo partito, il Likud, aggredisce il familiare di un ostaggio a Gaza, come tanti altri presenti per tenere alta l’attenzione su una questione chiaramente secondaria per il governo.

Un presidio permanente ce l’hanno, da mesi, anche a pochi passi dalla Knesset. Sotto la tenda le foto degli ostaggi; un paio di cartelli «Arab blood matters» si mescolano ai poster «Bring them back».

Poco più su, i controlli di sicurezza conducono verso il parlamento israeliano. Ai metal detector si invitano i possessori di armi da fuoco a consegnarle alla sicurezza, le recupereranno all’uscita. Le telefonate, anche quelle private, sul proprio cellulare, sono registrate, precisa una voce meccanica all’inizio della conversazione.

Ai muri quadri di arte moderna si intervallano a bandiere bianche e blu. Un labirinto di corridoi conduce agli uffici dei parlamentari. Entriamo in quello di Aida Touma-Sliman, palestinese di Nazareth, Partito comunista, e sembra di stare altrove: foto di Gandhi e Che Guevara, l’acquarello di un villaggio palestinese prima della Nakba, un ricamo incorniciato.

Un poster con le parole salam e shalom che si intrecciano, una rossa e una verde, e un altro che dice «Legal reform = legal apartheid», poco velata critica all’istituzionalizzazione della segregazione etnica. Una cosa non c’è: la bandiera palestinese, in Israele è vietato mostrarla in pubblico.

«Lo dico da tempo: chi pensa che Netanyahu continui la guerra solo per restare al governo – ci dice mentre la tv mostra il premier in aula a stringere mani – lo sottostima. Sta davvero pianificando un nuovo Medio Oriente. Per averlo detto nel novembre dello scorso anno, sono stata deferita al comitato etico della Knesset».

Ci spiega meglio?

Netanyahu è mosso da un’ideologia di ultradestra. Crede davvero di essere chiamato a cambiare il Medio Oriente e creare una realtà in cui non solo la terra della cosiddetta Grande Israele sia sotto il suo controllo ma che sia anche accettata da tutti. Netanyahu vuole restare al governo perché ha capito che ha un’opportunità storica, un intero governo con una forte ideologia di destra, l’ideologia della terra della Grande Israele. Vuole essere ricordato nei libri di storia come il politico che ha posto fine alla questione palestinese.

È in tale contesto che va letta l’operazione in corso in Siria?

Sono felice per il popolo siriano, per la fine di una dittatura che ha reso la loro vita un inferno. Ma non è avvenuto per la volontà libera del popolo e ora vediamo Israele occupare un altro pezzo di Siria.

Quale sarebbe l’obiettivo?

Lo hanno detto chiaramente, vogliono un pezzo di Siria, una zona di sicurezza più ampia di quella attuale. Temo ci sia un accordo dietro le quinte con la Turchia per cui alla fine non ci sarà più una sola Siria, ma tre.

Con l’arrivo di Trump alla Casa bianca cosa cambierà?

Ci sarà un accordo con l’Arabia saudita e si imporrà una finta soluzione ai palestinesi, perché sono debolissimi. Non hanno alcun potere mentre intorno il mondo arabo va in pezzi. E con un nuovo regime in Siria probabilmente anche Damasco normalizzerà i rapporti, lo stesso potrebbe fare il Libano. Dopotutto il cessate il fuoco libanese era solo il primo passo verso la Siria. Temo che nel prossimo periodo noi palestinesi vedremo i nostri peggiori incubi diventare realtà.

Peggiori di oggi?

Ci sarà un cessate il fuoco ma le condizioni le detterà Israele. Non solo: l’ultradestra usa la paura e la voglia di vendetta per approvare leggi contro ogni voce critica. Non è che lo spazio democratico si sta restringendo, è che non ne esiste nessuno. Io sono stata sospesa dalla Knesset per aver criticato la guerra contro Gaza, il mio collega Ofer Cassif per sei mesi. Il parlamento ha approvato in prima lettura una legge per impedirci di ripresentarci al voto, come individui e come partito. Non è una novità: quello che cambierà è che a decidere non sarà la Corte suprema ma la commissione parlamentare per le elezioni di cui fanno parte in numero proporzionale i partiti eletti. Saranno i nostri avversari a squalificarci.

E il clima fuori, tra le gente?

La maggioranza degli israeliani sostiene la guerra, anche chi non si definisce di destra. Non parlano dei crimini commessi, dell’occupazione. La maggior parte di coloro che chiedono il cessate il fuoco vogliono riavere indietro gli ostaggi, poi il governo può fare quel che vuole. Se parli di genocidio, sei un traditore.

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