GAZA: “109 UCCISI DURANTE LA TREGUA”. TRUMP NON SI OPPONE da IL FATTO e IL MANIFESTO
ALLA KNESSET LA LEGGE CONTRO IL PROCURATORE
Il Fatto 30/10/2022
VOTAZIONE preliminare ieri alla Knesset sul disegno di legge per indebolire drasticamente i poteri del procuratore generale Gali Baharav-Miara. Se il disegno di legge venisse approvato, comprometterebbe la capacità di Baharav-Miara di influenzare il procedimento penale contro il premier Benjamin Netanyahu, accusato di corruzione, frode e abuso di fiducia
109 uccisi a Gaza durante la tregua. Trump non si oppone
Eliana Riva 30/10/2025
Ritorno a bomba «Hanno fatto bene, a quanto ho capito è morto un soldato israeliano», dice il presidente Usa. Le vittime sono soprattutto bimbi e donne
I «Indossa ancora il suo costume da Spiderman?», si chiede un padre mentre guarda dentro il sacco bianco in cui è avvolto suo figlio. «Voleva che lo vestissi da Uomo ragno ma gli ho detto che faceva freddo. Ha insistito». Poi, sfiorando il viso che spunta da una seconda sacca: «Invece lei ha fatto la doccia, ha messo una gonna e mi ha detto “guardami papà, come sono carina”». Fadi e Sarah Mahmoud Shakshak erano fratelli, sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani che hanno colpito la loro casa nel campo profughi di Shati, nel nord della Striscia. «Sei così fortunato, Fadi. Anche tu sei fortunata, Sarah. Siete con dio, lontani da questo mondo malato», dice il padre mentre li tiene tra le braccia.
NUSEIRAT, nel centro della Striscia, è stata una delle zone più colpite. Qui un raid israeliano ha ucciso Badr Abu Dalal, il portiere 15enne della squadra Khadmat al-Nuseirat. In una tenda profughi è stato ammazzato insieme a sua moglie il giornalista Mohammad al-Munirawi. La strage peggiore è quella della famiglia Abu Dalal. L’abitazione, che ospitava almeno 40 persone, è stata completamente distrutta alle prime luci dell’alba. Diciotto corpi sono stati identificati ma altri rimangono bloccati sotto le macerie. La protezione civile si infila nelle intercapedini provando a tirare fuori, a mani nude, i corpi e i feriti. Nell’automobile colpita a Khan Younis viaggiavano sette membri della stessa famiglia. Gli anziani genitori hanno seppellito ieri, insieme, figli e nipoti.
MOLTI DEI FERITI sono in condizioni critiche. «Stiamo lavorando senza risorse», ha dichiarato Mohammed Abu Salmiya, il direttore dell’ospedale al-Shifa di Gaza City, «tanti muoiono nelle camere operatorie perché non abbiamo forniture mediche adeguate». Secondo il primario, dopo l’accordo è stato consegnato solo il 10% di ciò di cui l’ospedale ha bisogno. Nessuno aveva creduto che il «piano Trump» portasse alla fine degli attacchi israeliani. Ma le famiglie di Gaza stavano provando a rimettere insieme i pezzi delle proprie vite, sistemare le case ancora in piedi, tentare di recuperare i pannelli solari, riunire i parenti.
In dodici ore Israele ha ucciso 109 palestinesi. 52 erano bambini. Tel Aviv ha detto di aver colpito membri e infrastrutture di Hamas. «Perché ci ammazzano mentre dormiamo? Cosa hanno fatto di male questi bimbi?», ha chiesto disperata ai giornalisti una madre di Gaza. Il presidente degli Stati uniti, Donald Trump, ha liquidato le stragi con crudele superficialità: «Da quanto ho capito, hanno ucciso un soldato israeliano. Quindi gli israeliani hanno reagito e hanno fatto bene a reagire. Quando succede una cosa del genere, devono reagire». Non è chiaro quanti bambini palestinesi valgano la vita di un soldato israeliano.
NON LO HA quantificato Trump dal suo Air Force One. La maggior parte delle vittime sono donne e minori raggiunti nei loro rifugi, nelle tende profughi, nelle case di famiglia. Le bombe israeliane non hanno avuto pietà, né i soldati che le hanno sganciate, né i comandanti che hanno dato l’ordine, né gli avvocati militari di Tel Aviv che ne hanno avallato la legittimità dinanzi alla legge internazionale.
In realtà, il premier Netanyahu intendeva bombardare da giorni, ben prima dell’incidente in cui è rimasto ucciso un soldato a Rafah, con cui Hamas ha dichiarato di non avere nulla a che fare. Secondo i suoi alleati, Netanyahu doveva dare l’ordine di colpire per costringere Hamas a consegnare i corpi degli ostaggi.
«QUANTI DI NOI devono morire per ogni cadavere israeliano?» ci ha chiesto Hamada da Gaza City. Netanyahu non lo ha detto. Al netto delle difficoltà nelle operazioni di ritrovamento, è plausibile che Hamas stia ritardando la consegna. In fondo, secondo gli accordi, dopo l’ultima restituzione dovrebbe disarmare e rinunciare a qualsiasi ruolo politico e militare. Ma non si può ignorare che abbia rilasciato 20 ostaggi vivi e 15 deceduti in meno di tre settimane (nello stesso periodo Israele ha ucciso 211 palestinesi). Dei 13 corpi che ancora giacciono a Gaza, due dovrebbero essere consegnati nelle prossime 24 ore. Per Tel Aviv, Hamas non fa abbastanza in fretta. «Adesso non ci sono solo Israele e Usa» ha continuato Hamada «ci sono anche gli europei e gli arabi, pure gli italiani, a guardarci morire da vicino». Il riferimento è al Centro di coordinamento civile-militare costruito dagli Stati uniti in Israele, che dovrebbe «monitorare l’attuazione dell’accordo di cessate il fuoco». Ma la forza internazionale è rimasta a guardare, dal quartier generale a 19 chilometri da Gaza, la strage di 109 palestinesi ad opera dell’esercito israeliano. Il quale, dopo aver annunciato ieri la «ripresa del cessate il fuoco», ha lanciato, con il permesso Usa, un attacco a Beit Lahia, nel nord della Striscia, uccidendo due persone.
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