2014, GLI USA FECERO FRANARE LA PACE da IL FATTO
2014, gli Usa fecero franare la pace
Sybil Fares e Jeffrey Sachs 28 Ottobre 2025
Trump riuscirà a trovare l’accordo con Mosca se si disfarà del complesso militare-industriale che dieci anni fa impedì che l’Ucraina divenisse un tramite tra Nato e Russia
Il presidente Usa Trump si presenta come un pacificatore. Nella sua retorica, si attribuisce il merito dei suoi sforzi per porre fine alle guerre a Gaza e in Ucraina.
Tuttavia, dietro le sue dichiarazioni altisonanti si nasconde, almeno fino a oggi, una mancanza di sostanza.
Il problema non è la mancanza di impegno da parte di Trump, ma la sua mancanza di concetti adeguati. Trump confonde la “pace” con i “cessate il fuoco”, che prima o poi riprendono la guerra (di solito prima). In realtà, i presidenti americani da Lyndon Johnson in poi sono stati asserviti al complesso militare-industriale, che trae profitto dalla guerra senza fine. Trump sta semplicemente seguendo questa linea evitando una vera risoluzione delle guerre a Gaza e in Ucraina.
La pace non è un cessate il fuoco. Una pace duratura si ottiene risolvendo le controversie politiche sottostanti che hanno portato alla guerra. Ciò richiede di confrontarsi con la storia, il diritto internazionale e gli interessi politici che alimentano i conflitti. Senza affrontare le cause profonde della guerra, i cessate il fuoco sono solo una pausa tra una serie di massacri e l’altra.
Trump ha proposto quello che definisce un “piano di pace” per Gaza. Tuttavia, ciò che delinea non è altro che un cessate il fuoco. Il suo piano non affronta la questione politica fondamentale della statualità palestinese. Un vero piano di pace dovrebbe combinare quattro risultati: la fine del genocidio israeliano, il disarmo di Hamas, l’adesione della Palestina all’Onu e la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con Israele e Palestina in tutto il mondo. Questi principi fondamentali sono assenti dal piano di Trump, motivo per cui nessun Paese lo ha approvato, nonostante le insinuazioni contrarie della Casa Bianca. Al massimo, alcuni Paesi hanno appoggiato la “Dichiarazione per una pace e una prosperità durature”, un gesto temporaneo.
Il piano di pace di Trump è stato presentato ai Paesi arabi e musulmani per distogliere l’attenzione dallo slancio globale a favore della creazione di uno Stato palestinese. Il piano statunitense è concepito per minare tale slancio, consentendo a Israele di continuare l’annessione de facto della Cisgiordania, i bombardamenti su Gaza e le restrizioni agli aiuti di emergenza con il pretesto della sicurezza. L’ambizione d’Israele è quella di eliminare la possibilità di uno Stato palestinese, come ha esplicitamente affermato il premier Netanyahu all’Assemblea Onu a settembre. Finora, Trump e i suoi collaboratori si sono limitati a portare avanti il programma di Netanyahu.
Il “piano” di Trump sta già fallendo, proprio come gli Accordi di Oslo, il Vertice di Camp David e ogni altro “processo di pace” che ha trattato la creazione di uno Stato palestinese come una lontana aspirazione piuttosto che la soluzione al conflitto. Se Trump vuole davvero porre fine alla guerra – un’ipotesi alquanto dubbia – dovrebbe rompere con le grandi aziende tecnologiche e il resto del complesso militare-industriale (beneficiari di ingenti contratti per la fornitura di armi finanziati dagli Usa). Dall’ottobre 2023, gli Stati Uniti hanno speso 21,7 miliardi di dollari in aiuti militari a Israele, gran parte dei quali sono tornati nella Silicon Valley.
Trump dovrebbe anche rompere con la sua principale donatrice, Miriam Adelson, e con la lobby sionista. Così facendo, rappresenterebbe almeno il popolo americano (che sostiene uno Stato palestinese) e difenderebbe gli interessi strategici Usa. Gli Stati Uniti si unirebbero allo schiacciante consenso globale che sostiene la soluzione dei due Stati, radicata nelle risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu e nei pareri della Corte internazionale di giustizia.
Lo stesso fallimento della mediazione di Trump si riscontra in Ucraina. Trump ha ripetutamente affermato durante la campagna elettorale che avrebbe potuto porre fine alla guerra “in 24 ore”. Eppure ciò che ha proposto è un cessate il fuoco, non una soluzione politica. La guerra continua.
La causa della guerra in Ucraina non è un mistero, se si guarda oltre la propaganda dei media mainstream. Il casus belli è stato la spinta del complesso militare-industriale statunitense verso l’espansione infinita della Nato, anche in Ucraina e Georgia, e il colpo di Stato sostenuto dagli Stati Uniti a Kiev nel febbraio 2014 per portare al potere un regime filo-Nato, che ha scatenato la guerra. La chiave per la pace in Ucraina, allora come oggi, era che l’Ucraina mantenesse la sua neutralità come ponte tra la Russia e la Nato.
Nel marzo-aprile 2022, quando la Turchia ha mediato un accordo di pace nel processo di Istanbul, basato sul ritorno dell’Ucraina alla neutralità, gli americani e gli inglesi hanno spinto gli ucraini ad abbandonare i colloqui. Finché gli Stati Uniti non rinunceranno chiaramente all’espansione Nato in Ucraina, non potrà esserci una pace sostenibile.
L’unica via da seguire è un accordo negoziato basato sulla neutralità dell’Ucraina nel contesto della sicurezza reciproca tra Russia, Ucraina e paesi della Nato.
Il teorico militare Carl von Clausewitz ha definito la guerra, espressione famigerata, come la continuazione della politica con altri mezzi. Aveva ragione. Tuttavia, è più accurato dire che la guerra è il fallimento della politica che porta al conflitto. Quando i problemi politici vengono rinviati o negati e i governi non riescono a negoziare su questioni politiche essenziali, troppo spesso ne consegue la guerra. La vera pace richiede il coraggio e la capacità di impegnarsi in politica e di affrontare i profittatori di guerra.
Nessun presidente dopo John F. Kennedy ha davvero cercato di portare la pace. Molti osservatori attenti di Washington ritengono che sia stato proprio l’assassinio di Kennedy a portare irrevocabilmente al potere il complesso militare-industriale. Inoltre, l’arroganza del potere statunitense già notata da J. William Fulbright negli anni 60 (in riferimento alla guerra in Vietnam) è un altro fattore determinante. Trump, come i suoi predecessori, ritiene che le intimidazioni, le manovre diversive, le pressioni finanziarie, le sanzioni coercitive e la propaganda degli Stati Uniti saranno sufficienti per costringere Putin a sottomettersi alla Nato e il mondo musulmano a sottomettersi al dominio permanente di Israele sulla Palestina.
Trump e il resto dell’establishment politico di Washington, in debito con il complesso militare-industriale, non supereranno di propria iniziativa queste illusioni persistenti.
Nonostante decenni di occupazione israeliana della Palestina e più di un decennio di guerra in Ucraina (iniziata con il colpo di Stato del 2014), le guerre continuano nonostante i reiterati tentativi degli Stati Uniti di affermare la propria volontà. Nel frattempo, il denaro continua ad affluire nelle casse della macchina da guerra.
Quando Trump arriverà a Budapest per incontrare il presidente russo Vladimir Putin, il suo ospite, notoriamente molto competente e realista, il premier ungherese Viktor Orban, potrà aiutarlo a comprendere una verità fondamentale: l’allargamento della Nato deve finire per portare la pace in Ucraina. Allo stesso modo, i fidati omologhi di Trump nel mondo islamico – il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi e il presidente indonesiano Prabowo Subianto – possono spiegare a Trump l’assoluta necessità che la Palestina diventi ora uno Stato membro dell’Onu, come precondizione indispensabile per il disarmo di Hamas e la pace, e non come una vaga promessa per la fine della storia.
Trump può portare la pace se torna alla diplomazia. Sì, dovrebbe affrontare il complesso militare-industriale, la lobby sionista e i guerrafondai, ma avrebbe il mondo e il popolo americano dalla sua parte.
Sovranità. Così la Nato in Ucraina può minacciare la sicurezza russa
Alessandro Orsini 28 Ottobre 2025
L’esercito ucraino versa in una condizione sempre più tragica, ma Putin è sordo alle richieste di cessate il fuoco. L’uomo-massa non riesce a capire perché la Russia sia così preoccupata all’idea che l’Ucraina entri nella Nato. L’uomo-massa tuona, esasperato: “Quante storie! L’Ucraina non potrebbe mai marciare su Mosca!”. L’uomo-massa pensa che la sicurezza della Russia sia soltanto una questione di ucraini che marciano su Mosca come i Galli di Brenno che marciavano su Roma. L’uomo-massa, che detiene la grande stampa e la maggioranza in Parlamento, dice: “Se l’Ucraina non è in grado di invadere la Russia, il problema non esiste!”. L’uomo-massa non ha capito che cos’è la sicurezza. I temi chiave della sicurezza sono: 1) l’integrità territoriale; 2) la sovranità, ovvero il diritto di uno Stato di prendere le proprie decisioni nel modo che reputa opportuno; 3) l’incolumità dei propri cittadini; 4) il proprio potere rispetto a quello degli altri Stati.
In primo luogo, la sicurezza è minacciata se l’Ucraina consente agli Stati Uniti di piazzare basi della Cia al confine con la Russia. Come ha rivelato il New York Times il 25 febbraio 2024, nell’articolo: “The Spy War: How the C.I.A. Secretly Helps Ukraine Fight Putin”, la Cia e i servizi segreti ucraini hanno costruito dodici basi lungo il confine con la Russia a partire dal 2014. I lavori si sono svolti sotto tre presidenze: Obama, Trump e Biden. Scrive il New York Times: “Intorno al 2016 la Cia iniziò ad addestrare un commando d’élite ucraino, noto come Unità 2245, che si impadronì di droni e apparecchiature di comunicazione russe in modo che i tecnici della Cia potessero decodificarli e decifrare i sistemi di crittografia di Mosca”. Se la Russia entra in guerra con uno Stato, la Casa Bianca può fornire ai nemici di Putin tante informazioni in grado di causare la morte di numerosi cittadini russi. La Cia può anche fomentare o incoraggiare disordini e rivolte interne. La Nato in Ucraina accresce il potere di ricatto della Casa Bianca, riducendo la sovranità del Cremlino. Gli americani possono dire ai russi: “Se non piegate la testa su questo dossier, riveleremo i vostri segreti ai vostri nemici”. Gli Stati Uniti non vogliono che l’Italia accetti il 5G della Cina perché temono che i cinesi possano usare le tecnologie di telecomunicazioni per spiare le basi americane in Italia. La Casa Bianca vuole spiare, ma non vuole essere spiata.
In secondo luogo, la sicurezza della Russia è minacciata anche quando gli Stati confinanti, membri della Nato, possono chiudere i cieli e intrappolare i ministri russi a casa loro. È accaduto il 6 giugno 2022 al ministro degli Esteri russo, Lavrov, che non ha potuto recarsi in Serbia perché tre Paesi della Nato, Montenegro, Macedonia del Nord e Bulgaria, gli hanno chiuso i cieli. Trump accetterebbe di non poter volare liberamente perché i Paesi vicini sono diventati membri di un’organizzazione militare egemonizzata dalla Russia?
In terzo luogo, la presenza della Nato in Ucraina consente agli Stati Uniti di piazzare i propri missili nucleari a due passi dalla Russia. La Casa Bianca potrebbe dire alla Russia: “Posso colpirti con le armi nucleari molto più rapidamente, perché i miei missili sono a un metro da te”. L’uomo-massa italiano ha una visione ingenua della sicurezza. Infatti, riduce il problema della sicurezza della Russia a un semplice: “Quante storie, mica gli ucraini possono marciare su Mosca!”. L’uomo-massa non è un problema, a meno che non diventi presidente del Consiglio.
 
 
 
		
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