PREVENZIONE, NON REPRESSIONE, da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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PREVENZIONE, NON REPRESSIONE, da IL MANIFESTO

Calabria, l’oblio delle buone pratiche

Incendi . Oggi registriamo in Aspromonte due vittime per gli incendi (non era mai successo), e centinaia di ettari bosco, di larici secolari, trasformati in cenere. E tutto questo senza che nessuno gridi allo scandalo di un Parco nazionale una volta punto di riferimento delle buone pratiche e oggi completamente abbandonatoTonino Perna  08.08.2021

Nella torrida estate del 2003 mentre tutta l’Europa del sud bruciava, dal Portogallo alla Grecia, mentre per l’ondata anomala di calore morivano nella sola Francia 25mila persone, venne alla ribalta dei mass media il caso del Parco nazionale dell’Aspromonte. Per la prima volta nella storia contemporanea, si parlava di questa montagna mitica e misteriosa, non per i sequestri di persona, né per omicidi di ‘ndrangheta, ma per un sistema di contrasto agli incendi che da tre anni funzionava.

Il sistema era semplice e andava al nocciolo del fenomeno incendi. Siccome non riusciamo a prevenirli, data la molteplicità delle cause e dei soggetti coinvolti, bisogna trovare il modo di spegnerli appena partono. Con un bando pubblico i circa 40.000 ettari di foresta del Parco nazionale dell’Aspromonte venivano dati in affidamento a soggetti del Terzo Settore (cooperative, associazioni, ecc.) con un contratto che prevedeva un contributo iniziale, in base agli ettari adottati e alla orografia del terreno, e un saldo finale solo nella misura in cui gli ettari andati in fumo non fossero superiori all’1% della superficie adottata.

Veniva evitata la gara al ribasso dell’offerta economica che tanti danni ha provocato, e sostituita con parametri oggettivi. Questi «contratti di responsabilità sociale e territoriale» hanno rappresentato uno strumento per ristabilire un rapporto con questi territori abbandonati, spopolati, dove un tempo vigevano gli usi civici e tutta la comunità si faceva carico della manutenzione dei boschi, del loro uso a fini alimentari e non (legna da ardere, carbone, e persino ghiaccio nelle aree di alta montagna).

Il cosiddetto «metodo Aspromonte» fu imitato da alcuni parchi nazionali e regionali, venne preso in considerazione da Bruxelles, dove nel 2005 chi scrive fu invitato dalla Commissione che si occupa di forestazione, biodiversità, ecc. Fu introdotto in alcuni Comuni con delle interessanti varianti, che davano questa responsabilità territoriale ai contadini piuttosto che ai soggetti del Terzo settore. Insomma, sembrava logico che questa modalità di contrasto degli incendi diventasse una pratica comune. Ed invece nel tempo è prevalso l’oblio. Non a caso: il grande business delle società private che gestiscono l’antincendio ha prevalso e ci ha portato al disastro odierno.

Certo, il surriscaldamento della Terra, estati sempre più afose, lunghi periodi di siccità, tutto questo sappiamo che è dovuto al mutamento climatico indotto dall’uomo, ma proprio per questo dovremmo attrezzarci. Ed invece la cosiddetta «resilienza» appare solo come un vezzo per giustificare investimenti, per utilizzare risorse comunitarie, ma non si vede un piano di resilienza per le città quanto per le zone interne. Aspettiamo la prossima alluvione per gridare alla mancanza di cura del territorio quando potremmo fin d’adesso prendere atto che bisogna dare priorità alla manutenzione e stabilire una nuova relazione con l’ambiente in cui viviamo, fondata sul principio di responsabilità sociale e territoriale.

La Grecia in fiamme, il governo Mitsotakis spegne le telecamere

La torcia greca. Squadre di picchiatori fascisti picchiano troupe di tv private per oscurare le proteste contro l’inadeguatezza dei soccorsi

Dimitri Deliolanes  ATENE  08.08.2021

Il governo greco sembra perdere la calma e sta ricorrendo a bande di picchiatori fascisti, probabilmente controllate dai suoi ministri di estrema destra, per cercare di censurare i pochi mezzi d’informazione che stanno correttamente informando sul disastro senza precedenti che sta affrontando il paese.

Nelle prime ore del mattino di ieri una squadraccia di una quindicina di energumeni ha aggredito due reporter e il cameraman della Tv privata Open che stava seguendo gli sviluppi dell’incendio nella località Thrakomakedones, nei sobborghi di Atene. Hanno picchiato i due giornalisti, distrutto i loro strumenti di lavoro, rotto i finestrini della macchina e rubato la borsa con gli attrezzi del cameraman.

L’AGGRESSIONE È AVVENUTA di fronte a un nutrito gruppo di poliziotti che non ha ritenuto opportuno intervenire in difesa dei giornalisti, malgrado le ripetute grida di aiuto. Il tutto con il sonoro registrato dalla telecamera rimasta accesa ma prima otturata con una mano di fronte all’obiettivo e poi gettata giù dal cavalletto.

L’aggressione era organizzata ed era stata preannunciata su Twitter. Secondo il giornalista aggredito il gruppo dei teppisti era stato già notato in precedenza scorazzare indisturbati in motorino, malgrado la proibizione di accesso alla zona. Durante la giornata Open era l’unica emittente che aveva permesso agli abitanti dare sfogo alla loro rabbia, trasmettendo in diretta i loro pesanti insulti al governo e in particolare al premier.

LA RABBIA SI ESPRIME con il grido “Mitsotakis fottiti”, ripetuto da pacifiche casalinghe e tranquilli padri di famiglia in lacrime di fronte alla casa e la bottega ridotta in cenere. Molto probabilmente è stato questo sfogo popolare in diretta, spezzando il monopolio comunicativo del governo, che ha scatenato la componente estremista del governo, rappresentata dal ministro dell’Interno Makis Voridis, dal vice presidente di Nuova Democrazia Adonis Georgiadis ma anche da vari deputati della maggioranza, tra cui Thanos Plevris, figlio di Kostas, l’uomo dei colonnelli in Italia all’epoca delle stragi.

La strategia delle evacuazioni di tutti i posti abitati di fronte all’avanzata delle fiamme, può aver salvato molte vite, ma ha avuto un costo immenso per i cittadini che hanno potuto essere testimoni dell’inadeguatezza dei mezzi antincendio. Il governo ha già promesso 600 euro per tutte le vittime, cifra ridicola di fronte alla dimensione della catastrofe. I cittadini vedono che molto difficilmente potranno ricostruire case e negozi e questo fa crescere la rabbia.

IERI IL GROSSO IMPEGNO dei vigili, coadiuvati dai loro colleghi stranieri finalmente arrivati, era sul fronte ateniese, con la consapevolezza che se le fiamme si espandono in una metropoli di cinque milioni di abitanti tutto il paese sarà in ginocchio per molti decenni. Con immensi sacrifici e due vigili morti e quattro in gravi condizioni, le fiamme sono state finora contenute fuori dalla capitale. Gran parte dei mezzi aerei, da ieri con l’uso anche dell’aviazione di guerra, sono concentrati al nord di Atene, a Varibobi e a Akadimia Platonos. Molto meno efficace l’azione dei vigili nel resto della Grecia.

Un terzo circa dell’isola una volta verde dell’Eubea, più di 250 mila ettari, è ridotto in cenere con 1.500 circa abitanti trasportati con barche a Edipsos, sulla punta nord . Chi è rimasto lotta disperatamente con i tubi da innaffiare e supplica perché si veda finalmente un mezzo aereo. Gli abitanti dicono che in cinque giorni non hanno visto neanche un vigile del fuoco e si sentono abbandonati.

STESSE SCENE NEL PELOPONNESO settentrionale con fiamme altissime che scendono rapidamente dal monte Taygetos divorando gli uliveti e minacciando la città di Pyrgos. Più a sud, nella zona turistica di Mani, anch’essa circondata dalle fiamme, i turisti stranieri sono stati sgomberati dal porto di Gythion. Anche la grande rabbia e disperazione di fronte all’alternativa di abbandonare le case o affrontare da soli le fiamme.

Ieri messaggio di Alexis Tsipras: «Ci sono enormi responsabilità per tutto questo. Ma non è questo il momento. Questo è il momento della solidarietà, del sostegno dei vigili e dei volontari che stanno in prima linea. Ma quando riusciremo a domare le fiamme e dovremo curare le ferite, noi saremo qui e nessuno sarà dimenticato».

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