IL TEMPO DELLA VITA E IL TEMPO DELLA POLITICA da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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IL TEMPO DELLA VITA E IL TEMPO DELLA POLITICA da IL MANIFESTO

Il tempo della vita e il tempo della politica

La Sinistra e la Pace. Mentre la Terra è disseminata di focolai bellici, e oggi, in Europa, la vecchia guerra fredda degli americani contro la Russia rischia di deflagrare in conflitto aperto sulla vicenda dell’Ucraina, da decenni non si vede sorgere né in Europa né negli Usa alcun movimento in difesa della pace. Le ragioni sono tante: l’impotenza, la viltà, il nanismo politico dei governanti europei, incapaci di abbandonare la Nato

Piero Bevilacqua  27.01.2022

Nel giro di pochi decenni, nella disattenzione universale, il rapporto delle società umane con il futuro si è repentinamente capovolto. Le aspettative di un miglioramento progressivo delle condizioni di vita, portato dagli anni a venire grazie al continuo progresso tecnico e alla crescita economica, si sono dissolte.

La relazione fiduciaria fra gli uomini e il tempo storico, nata con l’età contemporanea, è andata in frantumi. Sull’avvenire nubi minacciose incombono con velocità crescente. E nel paesaggio che si profila la lista dei disastri annunciati dovrebbe togliere il fiato.

C’è da scegliere, tra il ghiacciaio Larsen B, una piattaforma di migliaia di km2, un pezzo di continente antartico, chiamato dagli scienziati il «ghiacciaio dell’apocalisse», che potrebbe finire in mare da un momento all’altro, provocando un innalzamento incalcolabile del livello dei mari. Oppure la fuoriuscita del metano dal fondo degli oceani per effetto del riscaldamento delle acque – già, pare, registrato dagli esperti nell’Atlantico – i cui effetti generali nessuno riesce a prevedere.

O ancora la diffusione dei cicloni nel Mediterraneo, gli incendi indomabili nelle foreste della Siberia o della California, la siccità prolungata in varie regioni dell’Africa e dell’Asia, le estati roventi che rendono inabitabili estesi territori in tante aree della Terra.

Dunque siamo entrati in un’epoca assolutamente nuova. Non è un caso che il nostro futuro, per la prima volta nella storia, sia monitorato da una istituzione scientifica internazionale, l’Intergovernamental Panel on Climate Change. Così come oggi i vari comitati scientifici cercano di orientare le scelte dei governi di fronte alla pandemia.

Una fase storica drammaticamente inedita in cui tuttavia facciamo ingresso con culture, strutture istituzionali, leggi, organizzazioni politiche manifestamente vecchie, relitti di un continente alla deriva. Le varie Cop con cui gli Stati cercano accordi sul clima appaiono finzioni intollerabili, se si pensa che questi stessi Stati, mentre si riuniscono a Parigi o a Glasgow, raddoppiano le spese in armamenti, alimentano guerre, finanziano gruppi militari, fomentano sanguinosi conflitti civili.

E val la pena notare che mentre la Terra è disseminata di focolai bellici, e oggi, in Europa, la vecchia guerra fredda degli americani contro la Russia rischia di deflagrare in conflitto aperto sulla vicenda dell’Ucraina, da decenni non si vede sorgere né in Europa né negli Usa alcun movimento in difesa della pace. Le straordinarie mobilitazioni di massa che hanno segnato il XX secolo, sino alla grandiosa manifestazione planetaria del 15 febbraio 2003, si sono come inabissate.

Le ragioni di questa eclissi sono tante, ma per quanto riguarda l’Italia e l’Europa, la più importante è sotto gli occhi di tutti. L’impotenza, la viltà, il nanismo politico dei governanti europei, incapaci di abbandonare la Nato e di rendersi protagonisti del multilateralismo che oggi sarebbe vitalmente necessario e che gli Usa sabotano da anni.

Sfugge alla gran parte degli osservatori il pericolo che oggi gli Stati uniti rappresentano: una potenza mondiale in declino, lacerata da drammatiche divisioni interne, che si sente insidiata dal sorgere di altri poteri planetari, può deragliare rovinosamente se non è aiutata e costretta ad accettare un nuovo policentrismo nel governo del mondo.

Ma in casa nostra possiamo osservare come l’assenza di un partito di sinistra condanni all’inerzia la società civile, sia di fronte alle minacce ambientali che alle guerre presenti e future. Non è un caso che le uniche manifestazioni per la difesa del clima siano state quelle innescate da Greta Thunberg. Il Partito Democratico, che con linguaggio truccato i media continuano a chiamare di sinistra, fedelissimo alla Nato, non osa muovere un dito per dar vita a un qualche movimento pacifista.

Come denuncia spesso il manifesto nel 2021 questo governo, con il ministero della Difesa, presieduto dal dem Lorenzo Guerini, ha stanziato 12 miliardi di euro per programmi di riarmo. Appare dunque oggi di una evidenza solare la drammatica e urgente necessità di un partito che rappresenti la volontà di pace della maggioranza degli italiani, che imponga con mobilitazioni popolari nuove scelte di governo.

Non abbiamo solo bisogno di un partito che rappresenti i bisogni popolari, ma che mobiliti le forze sociali, che organizzi, come diceva Gramsci, la volontà collettiva. Bisogna far presto, svestirsi dei panni di elettori periodici e assumere quelli di cittadini protagonisti. In questi giorni apprendiamo che gli abitanti sul pianeta sono diventati 8 miliardi.

Nei prossimi anni avremo sempre più bocche da sfamare e sempre meno acqua, terre fertili, mari pescosi e puliti, foreste integre, regioni abitabili, minerali e fonti di energia. Mentre è altamente probabile che dovremo far fronte a migrazioni incalcolabili di profughi ambientali, a pandemie sconosciute, caos climatico che colpirà le nostre agricolture, eventi estremi che porteranno distruzioni fin nelle nostre città. Il tempo non lavora più per noi, e anzi incalza e quello del politica degli Stati è arcaico e contro il nostro avvenire.

Ucraina: la guerra è una follia!

L’appello. Dopo la preghiera di Papa Francesco arriva anche l’appello delle reti pacifiste: tenere alta l’attenzione sulla crisi ucraina e opporsi con ogni mezzo al conflitto.

Flavio Lotti*, Marco Mascia**  27.01.2022

Nella provvidenziale Giornata di preghiera per la pace in Ucraina indetta il 26 gennaio 2022 da Papa Francesco, invitiamo tutti, credenti e non credenti, a unire le proprie voci per cercare di impedire lo scoppio della guerra. Appendi anche tu una bandiera di pace alla finestra!

È una inaccettabile follia. La sola idea che si debba tornare ad affrontare una guerra in Europa è una autentica follia.

Tutti i responsabili dell’Unione Europea e della politica internazionale sono chiamati ad agire con determinazione per impedire che la crisi dell’Ucraina sfoci in una nuova guerra che avrebbe conseguenze devastanti per tutto il mondo. Sarebbe una pericolosissima regressione storica.

L’Europa dica subito una parola chiara: Mai più guerra in Europa! E agisca di conseguenza.

Non c’è alcuna possibilità di difendere i diritti umani o di risolvere le crisi muovendo carri armati, soldati, navi e aerei di guerra.

Questo è il tempo di dichiarare la pace e non la guerra!

Con la guerra si scaricherebbe su noi tutti una catastrofe umanitaria, una crisi energetica ed economica di enormi e incontrollabili proporzioni.

Con la guerra tutto andrà perduto. Con la pace tutto è ancora possibile.

L’Unione Europea è un progetto di pace. Nessun processo di allargamento politico o militare può avvenire a spese della vita e della pace. L’Unione Europea deve affrontare alla radice tutti i problemi che da lungo tempo attraversano e colpiscono l’Ucraina e i confini orientali. L’obiettivo principale deve essere la paziente e tenace costruzione della pace e della sicurezza dall’Atlantico agli Urali anche attraverso un reale processo di disarmo.

Allo stesso tempo, è necessario riconoscere che l’escalation in Ucraina è espressione del grave prolungato deterioramento delle relazioni internazionali e dell’altrettanto serio indebolimento delle Istituzioni internazionali. L’Italia e l’Europa lavorino per cambiare rotta: senza il rispetto della legalità internazionale, senza la democratizzazione e il rilancio del dialogo politico e della cooperazione a tutti i livelli sarà impossibile difendere i diritti umani e affrontare efficacemente le tante crisi che incombono. Non è possibile fare la guerra e, allo stesso tempo, promuovere la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Non è più ammissibile che la sicurezza degli stati continui a prevalere sulla sicurezza umana.

Per l’UE, per la sua storia, per i suoi valori, per i suoi cittadini, il Diritto internazionale dei diritti umani è la bussola per la soluzione del conflitto in Ucraina.

Le guerre costituiscono una criminale sequela che ha le caratteristiche del circolo vizioso: guerra chiama guerra. Perché il cerchio si spezzi occorre che vengano meno gli attributi militari degli stati-nazione; si affermino strutture democratiche di governo mondiale; si metta in funzione il sistema di sicurezza collettiva previsto dalla Carta delle Nazioni Unite. Il Trattato di Lisbona, stabilisce espressamente che “l’Unione promuove soluzioni multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell’ambito delle Nazioni Unite. …L’Unione opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di: … preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, …” (art. 21).

Ringraziamo Papa Francesco per aver promosso la Giornata di preghiera per la pace in Ucraina in un momento di grave sottovalutazione del pericolo.

Gli autori:

*Tavola della pace
**Centro Diritti Umani “Antonio Papisca” – Università di Padova

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