ECONOMIA CIVILE E CONFLITTO da IL MANIFESTO
Economia civile e conflitto
NUOVA FINANZA PUBBLICA. La rubrica settimanale di economia politica. A cura di autori vari.
Matteo Bortolon 17/09/2022
Nelle giornate di questo fine settimana (16-18 settembre) si tiene a Firenze il Festival dell’Economia Civile. Si tratta di un evento annuale di di conferenze con la partecipazione di economisti, studiosi e varie altre figure intellettuali e politiche, non certo caratterizzate da velleità sovversive: si svolge a Palazzo Vecchio, tempio della amministrazione fiorentina a salda guida Pd. Compaiono fra i partecipanti Giuliano Amato e l’iperliberista Riccardo Puglisi. Evento passerella con nomi altisonanti come il commissario Gentiloni e il ministro Orlando, ma anche personaggi ai margini dell’establishment quali il direttore di Avvenire Marco Tarquinio e Anna Fasano, presidente di Banca Etica.
Il pensiero-cornice di tutto ciò è una elaborazione che si rifà non tanto al filone del pensiero economico iniziato dallo scozzese Adam Smith ma dal Settecento napoletano. In sostanza si ammette l’economia di mercato ma sconfessandone l’atomismo individualistico caro all’ortodossia per volgersi alla sfera di relazioni di reciprocità che attraversano la società. L’assetto economico dovrà insomma recuperare questi aspetti inerenti ad essa (da qui l’aggettivazione di «civile») ed i svariati aspetti della vita sociale, che possono essere sottratti al mortificante riduzionismo del pensiero dominante.
Nella stessa allocuzione introduttiva (trasmessa online) il professor Bellanca parla di questa visione come una via di mezzo fra la pianificazione e il libero gioco dei soggetti economici caro al liberismo. Una visione non di classe come si vede, ma nemmeno completamente allineata. Ma nella prospettiva orientata al socialismo qual è il significato di tali eventi?
Nella immediatezza è un modello che sul piano dialettico concilia gli opposti, consentendo a personaggi pienamente integrati come Amato di tuonare contro la tirannia della finanza e il sistema dominante, lamentandone le turpi conseguenze per la società.
Ma non è solo questo. Ne è un esempio il ragionamento di un altro relatore, che critica l’attitudine aziendale al profitto quando ignora il benessere del consumatore invece di includerlo. La riflessione sfortunatamente non include i lavoratori dipendenti dell’azienda.
Ma nell’incrementare diseguaglianze sociali e povertà, aumentare la ricchezza dei ceti più abbienti e (last but non least) facendo avanzare una distruzione ambientale il sistema dominante iperfinanziarizzato ha danneggiato vaste porzione della società oltre i limiti dei lavoratori subordinati.
Per esempio l’indebitamento delle famiglie europee nel 2021 è aumentato più dei redditi, salendo al 96,6% (dato Bce) e l’inflazione da energia con la crescita abnorme delle bollette potrebbe portare la soglia ancora più in alto nel corso dell’anno attuale.
La possibile recessione da molti prevista per l’autunno può portare a una più acuta conflittualità sociale. Per cui la valorizzazione comunicativa di una visione che, cercando una difficile quadratura del cerchio non rigetta totalmente i presupposti del sistema dominante ma sono le sue conseguenze sociali può essere il sintomo dell’esaurimento del pensiero dominante anche come strumento al servizio delle classi dirigenti.
In questo panorama un pensiero che come presuppongono i teorici della Economia civile (a parte i vari personaggi da establishment che cercano una narrativa antisistema con cui accreditarsi) riconsideri il funzionamento degli scambi sociale senza la mutilazione concettuale operata su di essi dal riduzionismo liberista non va considerato negativamente, purché vada in convergenza con le istanze del conflitto sociale. Fraternità e reciprocità se appaiate con il liberismo oligarchico non liberano nulla, ma sono solo l’ennesimo camuffamento ideologico
Il pianeta inospitale e la deregulation
VERITÀ NASCOSTE. La rubrica settimanale su psiche e società.
Sarantis Thanopulos 17/09/2022
Si è svolta dal 7 al 9 Settembre ad Ascona la conferenza annuale della Fondazione Eranos. Il tema proposto è quanto mai attuale: «I simboli della Terra. Il pianeta inospitale e il pensiero di una nuova abitabilità». Gli studiosi intervenuti hanno condiviso questa preoccupazione: come produrre progetti da realizzare concretamente, senza sentirsi prigionieri impotenti di un ragionamento analitico che da sé non riesce a produrre effetti?
Nel suo complesso e ricco intervento, il presidente della fondazione Fabio Merlini ha posto, tra molto altro, tre questioni.
La prima è il dominio della linearità temporale, del tempo scandito da un’esteriorità dissociata dall’interiorità, consono alla società performante. La ciclicità, il tempo dell’agricoltura (ben rappresentato nel mito di Demetra e Persefone) e più in generale dei fenomeni naturali che ci sono più familiari, è ignorato. Eppure è proprio la ciclicità -il perdere e ritrovare l’oggetto desiderato, il tempo di attesa che rende significativo l’incontro (ma anche l’inatteso)- a formare il nostro senso della cura di ciò che amiamo a partire dal luogo in cui dimoriamo.
L’accelerazione progressiva a cui è assoggettata la società performante, è sinergica con l’«infinita distrazione», la seconda questione posta da Merlini. Ci si concentra su temi estranei ai reali problemi della collettività, la cui forza attrattiva deriva dalla loro idoneità a produrre evasione, distrazione dalla realtà.
La terza questione è il privilegio accordato alla salute fisica, a scapito del pensiero critico, della coscienza. Prevale l’idea, insieme ingenua e convincente nella sua potenza semplificante, che curare il corpo significa automaticamente curare il “cervello” (entità concreta a cui è ridotta la mente), che “nutrirsi sano” significa nutrire anche le emozioni e il pensiero. L’umanità incosciente di sé e del mondo non è in grado di creare un rapporto rispettoso con la natura.
Non mancano né la creatività né le risorse necessarie per affrontare il disastro ambientale. Ma non le useremo in modo adeguato e tempestivo se continueremo a distrarci, se non rimuoveremo le condizioni che ci impediscono di avere una coscienza del mondo onesta, critica e chiaroveggente. Queste condizioni coincidono con tutto ciò che avversa lo scambio paritario delle differenze e la nostra distribuzione nello spazio fisico e psichico della terra secondo le leggi della musica: l’equilibrio dinamico, in movimento, tra serenità e tempesta, tra armonia e passione tumultuosa.
Il gioco delle relazioni di scambio è sempre più minato e invalidato da un processo di indifferenziazione, clonazione uniformante dei sentimenti e dei pensieri. Le cause della distruzione delle differenze sono molteplici: la plutocrazia che produce estrema precarietà sociale, dissolve i legami solidali in relazioni di servitù e distrugge la cultura e la società civile (il luogo per eccellenza della diversità nella parità dei cittadini); la digitalizzazione/automazione dell’esperienza che sottomette tutti a schemi mentali/comportamentali che possono essere calcolati, predeterminati e riprodotti intenzionalmente; la riduzione estrema del tempo libero destinato alle relazioni erotiche, amicali e culturali; la sparizione dei piccoli spazi conviviali a favore delle grandi platee della comunicazione anonima, compulsiva.
Queste cause si alleano tra di loro, è difficile stabilire il loro principio. Tuttavia poiché l’analisi cerca di ampliare lo sguardo, ma la ragione politica non può consistere senza un nemico, è opportuno, per restituire alla Polis la sua centralità, nominarlo.
Nella società attuale tutto è cominciato a incancrenirsi con il liberismo (a prescindere dai motivi che l’hanno favorito). La deregulation ha spostato decisamente il centro di gravità della società dai desideri ai bisogni materiali e l’ha resa emotivamente e mentalmente instabile, ottusa e banale.
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