COME SALVARE IL CLIMA? da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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COME SALVARE IL CLIMA? da IL MANIFESTO

Road map da sogno per salvare il clima

Ambiente. Sono cinque gli ambiti chiave in cui l’Italia dovrebbe intervenire entro il 2030: industria, edifici, trasporti, agricoltura, energia elettrica

Luca Martinelli  09.12.2021

Industria, edifici, trasporti, agricoltura, generazione di energia elettrica: sono cinque gli ambiti chiave in cui l’Italia dovrebbe intervenire, secondo Italy for Climate (I4C), per raggiungere la neutralità carbonica entro la metà del secolo. La proposta presentata da I4C, un’iniziativa della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, in partnership con Enea e Ispra, prevede una riduzione delle emissioni del 55% al 2030 rispetto al 1990, a fronte del taglio del 19% registrato al 2019. Secondo la Roadmap 2.0 in appena un decennio sarà necessario ridurre i consumi energetici di circa il 15% e raddoppiare la produzione di fonti rinnovabili, portandole nel settore elettrico al 70% della produzione nazionale e facendole crescere in modo significativo anche nella generazione di calore e nei trasporti. Complessivamente, le rinnovabili dovranno arrivare a soddisfare circa il 43% del fabbisogno energetico nazionale. La Roadmap climatica 2.0 è stata presentata nell’ambito della conferenza annuale di Italy for Climate di fronte a rappresentanti di Commissione europea, Governo, Parlamento, Regioni ed Enti locali, imprese, sindacati, associazioni.

INDUSTRIA. Il comparto industriale è il primo settore per emissioni di gas serra in Italia, con il 37% del totale nazionale. È anche quello che più di tutti le ha ridotte, con un taglio dal 1990 al 2019 di 85 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Secondo la Roadmap 2.0 di I4C, il settore industriale però deve agire ancora, e tagliare le proprie emissioni del 43% rispetto al 2019, arrivando a ridurre di ulteriori 87 milioni di tonnellate di CO2 equivalente nel 2030. Questo taglio, secondo la Roadmap 2.0, sarà reso possibile grazie a una riduzione degli attuali consumi di energia dell’11% e soprattutto grazie a una importante crescita delle fonti rinnovabili (che nel 2030 saranno il doppio di quelle attuali) e alla elettrificazione di una parte dei consumi da combustibili fossili.

EDIFICI. Immobili residenziali, pubblici e commerciali rappresentano il secondo ambito per emissioni (il 28% del totale), ma il primo per consumi di energia con quasi la metà del totale nazionale. Dal 1990 al 2019 ha ridotto del 10% le emissioni di gas serra, ma allo stesso tempo ha aumentato di ben il 44% il consumo energetico. Secondo la Roadmap I4C, gli edifici sono il settore che dovrà fornire il maggior contributo in termini di riduzione delle emissioni di gas serra nazionali da oggi al 2030, con un taglio del 55% rispetto al 2019. La ricetta proposta passa per la riqualificazione energetica degli edifici: il 2% degli edifici privati e il 3% degli edifici pubblici ogni anno dovranno essere riqualificati in deep renovation, cioè migliorando in modo significativo la performance energetica dell’edificio.

TRASPORTI. Quello dei trasporti rappresenta il terzo settore per emissioni di gas serra, con il 26% del totale nazionale. È l’unico settore che dal 1990 non ha ridotto affatto le proprie emissioni, rimaste attorno a 110 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Ora tocca prendere la rincorsa: entro il 2030 dovranno scendere di quasi un terzo, meno 29%. Secondo la Roadmap I4C, i consumi di diesel e benzina dovranno scendere del 34%. Per raggiungere questi obiettivi sarà necessario ridurre il tasso di motorizzazione. Meno macchine, insomma, fino a un parco complessivo di autoveicoli di circa 33 milioni. Per farlo, serve migliorare il trasporto condiviso e la mobilità attiva in città. Sarà inoltre necessario avere sulle nostre strade 6 milioni di autoveicoli a trazione elettrica nel 2030 (oggi siamo a poco più di 200 mila unità).

AGRICOLTURA. Il comparto agricolo è responsabile del 9% delle emissioni di gas serra nazionali. In trent’anni le emissioni si sono ridotte del 16%, ma tra il 2015 e il 2019 invece di diminuire sono aumentate. Il settore agricolo secondo I4C dovrà ridurre entro il 2030 le proprie emissioni di gas serra del 29% rispetto al 2019, tagliando in primo luogo le emissioni provenienti dagli allevamenti. Meno carne nelle nostre diete.

GENERAZIONE ELETTRICA. Nella Roadmap di I4C esiste un settore trasversale, che contribuisce al quadro emissivo nazionale non direttamente ma attraverso i consumi elettrici dei quattro settori finali. Oggi il consumo di 1 kWh in Italia produce circa 260 grammi di CO2 e nel 2030 dovrà più che dimezzarsi arrivando poco sopra i 100 grammi di CO2. Questo sarà possibile, secondo I4C, solo se le rinnovabili raggiungeranno nel 2030 una quota del 70% nella generazione elettrica nazionale, mentre oggi siamo a circa il 40%. Non si parla di nucleare ma dell’esigenza di installare ogni anno 8 GW di nuovi impianti, soprattutto fotovoltaici ed eolici.

LA PRESENTAZIONE della Roadmap 2.0 ha fatto seguito a un confronto con rappresentanti delle istituzioni e della società civile sulla proposta di introdurre anche in Italia – come già successo in Germania, Francia Spagna e Regno Unito – una legge per la protezione del clima, che renda legalmente vincolanti nuovi target nazionali in linea con gli impegni europei al 2030 e con il percorso verso la neutralità carbonica.

«GLI OBIETTIVI CLIMATICI adottati dall’ Italia con il Piano nazionale per l’energia e il clima non sono in linea con i nuovi target europei. L’Italia deve fare di più varando una legge per la protezione del clima che renda legalmente vincolanti e aggiornati i suoi target climatici che andranno declinati anche per i principali settori economici: industria, trasporti, agricoltura ed edifici. Solo attraverso una fonte giuridica di livello legislativo, votata dal Parlamento, è possibile stabilire obiettivi ambiziosi e condivisi, non soggetti a facili modifiche o cambi di direzione» – sostiene Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile e promotore di Italy for Climate.

I costi del ritorno di gas e nucleare sono altissimi

Energie. La Commissione europea, in stato confusionale, inserisce nella «strategia verde» le due fonti energetiche meno credibili per uscire dall’era fossile

Livio De Santoli  09.12.2021

La confusione non è una caratteristica della sostenibilità. I King Crimson nel lontano 1969 erano convinti che Confusion will be my epitaph, riferendosi all’opera distruttiva da parte dell’uomo nei confronti del proprio futuro, quello del XXI secolo. Oggi nel settore energetico assistiamo ad una confusione molto pericolosa.

COME SE NON BASTASSERO REGOLE contraddittorie (il Pniec ancora da aggiornare, semplificazioni che non semplificano, aree idonee e non idonee, recenti aperture sul gas del MiTe sulle posizioni di Confindustria Energia, attività di prospezione di idrocarburi, tanto per fare qualche esempio) ora assistiamo stupefatti alla ufficializzazione della decisione della Commissione Europea di inserire il nucleare ed il gas nella tassonomia verde, che decreta cosa può essere ritenuto idoneo e quindi finanziato con soldi pubblici nel percorso più critico verso la decarbonizzazione, quello dei prossimi dieci anni.

SI TRATTA DI UN FORTE elemento di incoerenza, visto che la stessa Banca Europea degli Investimenti ha deciso di non finanziare più i progetti legati al gas e che i Green Bond della Commissione Europea legati al Recovery Plan non prevedono investimenti nel gas. Inoltre l’ipotesi di nucleare viene fatta senza una trasparente evidenza dei costi e delle tecnologie realmente sostenibili a breve termine, soprattutto oggi in pieno dibattito sul costo dell’energia e sulle modifiche da apportare al mercato dell’energia.

LA CONSEGUENZA DI QUESTA CONFUSIONE è la perdita di credibilità dell’intero sistema degli investimenti verdi dell’Europa, con finanziamenti non finalizzati al FitFor55, in una fase in cui molti stati membri stanno accettando e rilanciando questi obiettivi (governo-semaforo della Germania in primis).

IL COSTO DELL’ENERGIA NON RIGUARDA solo le famiglie, ma anche le piccole e medie imprese, anche per loro appare importante l’individuazione di un meccanismo di sostegno che tenga conto del significativo aumento del costo delle materie prime. Le misure transitorie introdotte per la mitigazione di questi impatti hanno un carattere emergenziale che non risolve la questione, ed in alcuni casi non sono in linea con l’ordinamento europeo, perché riducono i costi per i clienti finali in maniera indistinta, senza considerare le reali esigenze delle diverse categorie dei clienti finali.

OCCORREREBBE AL RIGUARDO FARE SERIE riflessioni sulla necessità di valutazioni sul medio-lungo periodo, con ipotesi per la creazione di una piattaforma europea di acquisto gas in un contesto di ampi rapporti internazionali sul mercato del gas, con acquisti di quantità di energia a medio-lungo termine (dai due ai cinque anni), con una indicizzazione non trimestrale ma annuale dei prezzi e con una rivisitazione sostanziale del meccanismo di formulazione dei prezzi sul mercato elettrico.

IL PUN (PREZZO UNICO NAZIONALE) è il prezzo di riferimento all’ingrosso dell’energia elettrica che viene acquistata sul mercato della Borsa Elettrica Italiana; le sue oscillazioni sono determinanti per calcolare i costi finali dell’energia in bolletta. Ci ha ricordato recentemente Elemens di confrontare l’andamento del Pun con quello del costo del gas. Entrambi misurati in €/MWh, in poco più di dieci mesi (da gennaio a novembre 2021) hanno subito la stessa impennata, circa +420%, con lo stesso andamento nel tempo che ha fatto superare la soglia psicologica di 400 €/MWh, valore più alto mai raggiunto dal PUN in Italia.

CHE IL COSTO DELL’ENERGIA SIA determinato dal costo del gas in un mix energetico come quello italiano, è fuori di dubbio. Come fuori di dubbio sarebbe la sterilizzazione sull’aumento dei costi provocata da un minor prezzo medio dovuto all’incremento delle rinnovabili.

SE NON AVESSIMO AVUTO UNO STOP significativo negli ultimi cinque anni dello sviluppo delle rinnovabili fino a realizzare un plateau, l’incidenza delle commodity sul prezzo dell’energia sarebbe stato molto più basso. Anche il potenziamento degli strumenti per uno sviluppo accelerato dell’efficienza energetica va nella direzione giusta, perché oltre alla riduzione dell’esposizione dell’Europa alle fluttuazioni delle fonti energetiche, verrebbe ridotta automaticamente la dipendenza dell’unità di Pil dalla quantità di energia necessaria.

QUELLO DELL’EFFICIENZA ENERGETICA è un altro antidoto nei confronti del caro-energia: la potenzialità dell’efficienza energetica in questo ambito non è ancora consolidata, e questo anche da parte dell’industria, nonostante l’obbligatorietà dei bilanci di sostenibilità. Energy efficiency first ancora con il freno tirato.

IL DIBATTITO SULLE MODIFICHE del mercato dell’energia assume infine toni aspri. Punto focale del dibattito – e tema di ulteriore confusione – è il superamento o meno del sistema attuale basato sul prezzo marginale, dove i produttori di elettricità sono remunerati con il prezzo della offerta massima entrata nel pacchetto giornaliero di produzione, quest’ultima tipicamente riferita al gas, completamente slegata dalle più economiche fonti rinnovabili.

È UNA CONTRADDIZIONE IN TERMINI: un mercato dipendente nella sua espressione più rilevante, quella della formulazione del prezzo, dalle fonti fossili in una prospettiva di loro eliminazione. Occorre dire con chiarezza che il caro energia è causato dalla domanda straordinaria di gas su scala globale, ma anche dalla struttura del mercato elettrico europeo.

SVILUPPO DELLE RINNOVABILI SIGNIFICA anche elettrificazione, importante perché – oltre a incrementare l’uso delle rinnovabili in ogni ambito di consumo – contribuisce ad aumentare l’efficienza energetica nei confronti delle tecnologie tradizionali e riduce le spese energetiche dei consumatori che, come ha dimostrato Enel, può arrivare al 50% e oltre. Una famiglia che usa una pompa di calore per il riscaldamento e per la produzione di acqua calda sanitaria, l’induzione elettrica per la cottura dei cibi e un veicolo elettrico, arriva ad evitare più dell’80% delle emissioni di CO2.

SULLA ELETTRIFICAZIONE SI GIOCA la decisiva partita della riconversione delle nostre grandi aziende energetiche che dovrebbero chiarire al più presto il ruolo del gas nel nostro futuro immediato, relegandolo ad un elemento di transizione molto marginale.

FORSE POTREMMO SPERARE ANCORA di ribaltare la sentenza finale dei King Crimson: The fate of all mankind I see is in the hands of fools, but I fear tomorrow I’ll be crying. La confusione ha un suo costo (Stephen Stills, 1969).

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