Sul concetto di valutazione in ambito scolastico
di Armando VITALE –
Il punto sulla scuola Velio Abati lo fa con con una fotografica messa a punto della patologia invasiva che la sta snaturando. Scopi e missione scompaiono, per lasciare libero campo a una dissennata orgia aziendalistica che consuma tempi, energie, intelligenze. Gli insegnanti più colti e motivati, che coincidono spesso con quanti non hanno rinunciato all’impegno civile, cercano di evitare il risucchio, lavorano ancora per una scuola di idee, capace di coniugare il rigore scientifico con la formazione democratica. Sono però aristocrazie diffuse che non possono invertire la tendenza e che rappresentano virtuose isole di resistenza.
Ma il quadro è quello: tutti indaffarati a intercettare bandi, a “compilare” progetti, ad attrarre il denaro che non arriva per altre vie, a disegnare complicate macchine organizzative che divorano la funzione docente e la asserviscono agli imperativi burocratico-aziendali.
Alla furia iconoclasta che imperversa non resistono Dante, Machiavelli e Leopardi; Platone, Aristotele, Bruno, Galilei, Kant o Hegel; Croce o Heidegger; le città medievali o la rivoluzione industriale, la storia dell’ambiente o il fascismo; i templi greci o le architetture contemporanee; le matematiche euclidee e quelle post; la fisica classica e quella quantistica; la tavola di Mendel e il DNA. I docenti di razza si aggirano nelle scuole come figure dolenti e spaesate, marchiate come inconcludenti e nostalgiche élites. Nella scuola dell'”Autonomia” è scattato poi un brutto trappolone centralistico. I Direttori regionali nominano e smistano dopo tristi farse concorsuali i cosiddetti “Dirigenti scolastici” e li trasferiscono a piacimento; i dirigenti governano con cipiglio, presunzione (e spesso rozzezza) manageriale, il delicato tessuto delle scuole assecondando un cieco spirito concorrenziale preoccupato sopratutto di fornire una ricca vetrina di prodotti purchessia.
Ho diretto per vent’anni il Liceo “Galluppi” di Catanzaro. Avevo sperato in un’Autonomia capace di liberare creatività dal basso, facendo degli Istituti scolastici spazi contendibili per i progetti formativi di migliore qualità. Tutto è stato invece travolto in tempi veloci. La “Buona” scuola chiude violentemente il cerchio e consacra una scuola dirigista, senz’anima, soffocata da lacci e lacciuoli, forzosamente impegnata in “Altro da Sé”, impaludata nei linguaggi grotteschi del didattichese. Al colmo della disperazione ho cercato, a suo tempo, con un Progetto di Fiera del Libro (Gutenberg) di contrastare queste malattie degenerative. Con Fiera-Gutenberg ho tentato, assieme ad alcuni splendidi docenti, ci costruire la proposta culturale e didattica del mio vecchio “Galluppi” attorno a un centro tematico (L’Occidente e l’Altro, Le Ambiguità di “Prometeo”…) ogni anno evocativo delle questioni cruciali della nostra contemporaneità. Il lavoro disciplinare, il confronto interdisciplinare, l’attività extracurriculare, tutto si è fatto ruotare attorno a questo centro motore.
Poi Tanti libri, e perciò tanti Autori, di diversi campi specialistici , sono stati studiati e “interrogati” per diversi mesi, con un ruolo guida dei docenti. Gli Autori infine (a maggio) sono intervenuti alla kermesse conclusiva, una bella Fiera del libro della durata di una settimana, nella quale i ragazzi mettono a frutto quanto hanno letto e discusso già in mesi e mesi di istruttoria.
Piero Bevilacqua conosce bene quest’esperimento, lo ha visto nascere e crescere, sa che ha moltiplicato i lettori giovani e che ha motivato tanti insegnanti, originando una Rete di oltre sessanta scuole che mettono al centro contenuti, idee, temi forti. Penso si tratti di una buona pratica da considerare.
Mi pare allora che il problema sia questo: come moltiplicare le “isole di resistenza”; quali progetti possiamo proporre, come promuovere una campagna che, oltre la giusta demolizione della buona scuola, indichi un’alternativa rincuorante e convincente, politica e culturale?
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