SI LEGGE DI MENO, NON SOLO LIBRI MA ANCHE RIVISTE da IL MANIFESTO
Si legge di meno, non solo libri ma anche riviste
Express In tutto il mondo si legge sempre di meno, e non solo libri, ma anche giornali, riviste, testi su carta o su schermo che siano più lunghi di poche righe
Maria Teresa Carbone 04/09/2025
Qualche giorno fa il benemerito blog del Club de traductores literarios de Buenos Aires ha pubblicato un post in cui, sotto il titolo «Niente di nuovo, ma con alcuni dati» (Nada nuevo, pero con algunos datos), si ripete, cifre alla mano, quello che ormai anche i più irriducibili ottimisti sono costretti ad ammettere: in tutto il mondo si legge sempre di meno, e non solo libri, ma anche giornali, riviste, testi su carta o su schermo che siano più lunghi di poche righe.
In questo caso, lo spunto viene da uno studio condotto da ricercatori dello University College di Londra e dell’Università della Florida e pubblicato in agosto, secondo cui negli Stati Uniti la percentuale di persone che leggono per piacere si è ridotta del 40% in vent’anni. Ma la questione, nota l’autore del post, Jorge Fondebrider, non è circoscritta agli Usa e nella stessa Argentina, «nonostante la sua tradizione letteraria, e le grandi manifestazioni culturali di massa come la Fiera del Libro di Buenos Aires», la situazione è scoraggiante: l’Indagine Nazionale sui Consumi Culturali segnala che nel 2022 solo il 51% della popolazione ha letto almeno un libro nell’arco dell’anno, e a leggere sono comunque in prevalenza gli adolescenti, in larga parte per motivi scolastici, «ma in età adulta la continuità dell’abitudine si dissolve».
Come già più volte si è scritto anche qui, spicca fra le eccezioni la Spagna, dove il Barometro delle abitudini di lettura e acquisto di libri indica che nel 2024 il 65% della popolazione ha letto libri nel tempo libero, e che i tre quarti dei giovani (il 75,3% delle ragazze e dei ragazzi tra i 14 e i 24 anni) affermano di leggere per piacere. Ora, sarà un caso (ovviamente non lo è), ma la Spagna è – almeno finora – uno dei rari paesi dove le politiche di sostegno alla lettura e in genere a quelli che infelicemente si definiscono «consumi culturali» sono continue e consistenti.
Ultimo esempio in ordine di tempo: il ministero spagnolo della cultura sta valutando di ampliare il Bonus Cultura Giovani 2026, consentendo a tutti i nati nel 2008 di spendere i 400 euro del voucher per iscriversi anche a corsi di formazione creativa e artistica. Lo scrive nelle pagine economiche di El País Juan Cruz Peña, segnalando che il bonus comporta un costo di circa 170 milioni di euro annui per il Bilancio Generale dello Stato.
Una decisione in controtendenza, se si pensa che in Italia, paese dove questa misura è nata sotto il governo Renzi, già da due anni la gloriosa App18 è stata sostituita dalle più micragnose Carta Cultura e Carta del Merito, rivolte solo a chi ha redditi bassi o rendimenti scolastici alti, e che anche in Germania l’analogo Kulturpass pare destinato a estinguersi.
Su Publishing Perspectives Porter Anderson riferisce un annuncio di Wolfram Weimer, nuovo ministro federale della cultura del governo di coalizione Merz, secondo cui il budget per il voucher sarebbe stato già azzerato dal governo precedente né ci sarebbe modo di riesumarlo perché in base a una valutazione della Corte dei Conti Federale la misura sarebbe addirittura incostituzionale.
Prevedibili le proteste degli editori tedeschi, a cui si augura migliore fortuna di quella dei colleghi italiani, che inutilmente hanno cercato di convincere prima Sangiuliano e poi Giuli di ripristinare l’App18. «Ci saranno altre misure», promette Wemer, ma Karin Schmidt-Friderichs, presidente del Börsenverein des Deutschen Buchhandels, l’ente che riunisce le case editrici tedesche, ribatte: «Già oggi un bambino tedesco su quattro resta indietro, perché le sue capacità di leggere sono ridotte».
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