“ORA AZIONI DI TERRA”, TRUMP DICE NARCO MA PENSA GREGGIO da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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“ORA AZIONI DI TERRA”, TRUMP DICE NARCO MA PENSA GREGGIO da IL MANIFESTO

«Ora azioni di terra», Trump dice narco ma pensa greggio

America oggi Il Venezuela petrolifero sempre più un obiettivo, caccia e manovre militari sulle coste. Colpita una lancia, uccisi «sei narco-terroristi»

Claudia Fanti  25/10/2025

È un nuovo fronte di guerra quello che sta aprendo nei Caraibi, ogni giorno di più, il mancato Nobel per la pace Donald Trump. «Presto vedremo azioni di terra in Venezuela», ha detto il tycoon alla Casa Bianca, aprendo una tavola rotonda sulla lotta ai cartelli della droga e al traffico di esseri umani. E trasformando quella che finora era una questione di “se” in una questione di “quando”.

DOPO SETTIMANE di attacchi navali e aerei contro presunte imbarcazioni dei narcos nella regione, e l’autorizzazione nei giorni scorsi per azioni della Cia contro il Venezuela, Trump ha spiegato ai giornalisti di non aver bisogno di «una dichiarazione di guerra»: semplicemente, ha detto, «uccideremo chi porta droga nel nostro paese». Il ministro della difesa americano Pete Hegseth ha comunicato che le forze Usa hanno bombardato la socrsa notte un’altra «lancia di narco-terroristi», uccidendo altre sei persone.

Con ciò, gli ingredienti per un nuovo conflitto armato sembrano esserci tutti. C’è l’imponente dispiegamento militare Usa: otto navi da guerra, un sottomarino d’attacco rapido a propulsione nucleare, droni e F-35 oltre a più di 4.500 soldati, mentre un’altra nave da guerra e la 22.ma unità di spedizione dei marines sono attesi a partire da domenica a Trinidad e Tobago, a un passo dal confine con il Venezuela, per delle esercitazioni militari congiunte.

C’è la motivazione ufficiale dell’aggressione: i cartelli della droga, ha spiegato Trump, sono «lo Stato islamico dell’emisfero occidentale» e la sua amministrazione li sta finalmente affrontando «come la minaccia per la sicurezza nazionale che rappresentano».

E C’È LA MOTIVAZIONE reale: mettere le mani sulle più grandi riserve di petrolio al mondo, oltre che sulle riserve auree del paese, in un contesto geopolitico internazionale quanto mai turbolento. E in cui il Venezuela si trova decisamente dalla parte sgradita a Trump: quella della Russia, che assicura a Maduro armi e sostegno politico, della Cina, che ha investito massicciamente nel petrolio e nelle infrastrutture del paese, e pure dell’Iran, con cui Caracas ha annunciato lo scorso giugno un accordo di libero scambio.

Alle minacce, Maduro ha risposto dispiegando in tutto il paese 5.000 sistemi missilistici russi Igla-S e ricordando che un’eventuale incursione statunitense in territorio venezuelano provocherebbe un’immediata insurrezione nazionale: «Milioni di uomini e donne con fucile in mano marcerebbero per tutto il paese», ha assicurato. E neppure è da escludere che sia vero: se il sentimento anti-Maduro è forte, quello anti-Usa – tolta l’estrema destra – lo è sicuramente di più.

NEL MIRINO di Trump, tuttavia, non c’è solo il presidente venezuelano: l’offensiva del tycoon punta infatti in maniera esplicita anche contro il colombiano Gustavo Petro, definito un «delinquente» e una «cattiva persona» che «incoraggia la produzione di droga». «Che faccia attenzione. Intraprenderemo azioni molto serie contro di lui e il suo paese», ha garantito il presidente Usa, annunciando la sospensione immediata di tutti i pagamenti e le sovvenzioni statunitensi alla Colombia, definiti una «truffa a lungo termine ai danni dell’America».

SI ARRICCHISCE così di un altro allarmante capitolo la storia dei rapporti turbolenti tra i due presidenti, iniziata, già subito dopo l’insediamento di Trump, con uno scontro sulla deportazione dei migranti, e continuata con l’annuncio dell’uscita della Colombia dalla Nato (di cui era l’unico partner globale latinoamericano) e poi con il ritiro, per la prima volta in 28 anni, della certificazione anti-droga al paese, accusato di essere venuto meno «ai suoi obblighi in materia di controllo delle sostanze stupefacenti», fino alla revoca del visto a Petro in risposta al suo invito ai soldati statunitensi a «disobbedire agli ordini di Trump».

IN RISPOSTA a quelle che ha definito come «calunnie» lanciate contro di lui «da alti funzionari» Usa, Petro ha annunciato che si difenderà «giudizialmente con avvocati americani presso i tribunali statunitensi». E ha a sua volta accusato l’amministrazione Trump di aver violato la sovranità della Colombia in uno degli attacchi condotti nelle acque del Mar dei Caraibi e del Pacifico orientale, uccidendo un pescatore senza alcun legame con il narcotraffico: «il governo Usa sta assassinando latinoamericani sul proprio territorio», aveva già denunciato nei giorni precedenti.

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