È NATO UN MOVIMENTO DI MASSA, FACCIAMOLO RESPIRARE E CURIAMOLO da IL MANIFESTO
È nato un movimento di massa, facciamolo respirare e curiamolo
Non si arresta Il pregio della Global Sumud Flotilla è la pratica di un concetto chiaro: se i governi non agiscono, noi dobbiamo farlo in prima persona, solo così un futuro diverso si intravede
Marco Bersani 09/10/2025
Ci sono momenti nella storia di ogni Paese in cui pensieri ed emozioni attraversano le persone in maniera carsica finché non si produce un fatto che li fa emergere improvvisamente, rendendo pubbliche e politiche l’indignazione e la riflessione, la rabbia e la speranza, e producendo un immediato riconoscimento collettivo.
Questo avviene attraverso momenti preparatori, come le manifestazioni nazionali contro il Dl Sicurezza che hanno attraversato lo scorso inverno e la grande manifestazione nazionale del 21 giugno scorso contro guerra, riarmo, genocidio e autoritarismo, che ha visto oltre centomila persone in piazza.
MA SI CONCRETIZZA attraverso una frattura che, mettendo in campo i corpi delle persone, apre una faglia dentro la narrazione dominante e rende esplicita la necessità di agire in prima persona, tutte e tutti insieme, per cambiare la storia.
È stato questo il pregio della missione della Global Sumud Flotilla, che ha sostanzialmente espresso e praticato un concetto molto chiaro: se i governi non agiscono, dobbiamo farlo noi in prima persona, perché è l’unica possibilità di restare umani e di intravedere un futuro diverso.
Proponendo un immediato rimbalzo nell’equipaggio di terra, che ha subito dichiarato un concetto speculare: se le grandi organizzazioni politiche e sociali non agiscono, saremo noi con i nostri corpi a bloccare tutto, ovunque ci troviamo e con ogni mezzo necessario.
È nato così un movimento di massa, che ha caratteristiche inedite rispetto ad altri movimenti della storia passata, a partire dal fatto che non ha riferimenti politici e pochissimi agganci sindacali tradizionali.
È un movimento variegato e di “popolo” che ha permesso un salto quantico nella consapevolezza individuale e collettiva: se solo fino a qualche mese fa, le persone camminavano guardandosi le scarpe perché consapevoli dell’insopportabilità del mondo presente ma sentendosi sole e impotenti, oggi le persone camminano a testa alta perché finalmente possono guardare l’orizzonte.
ED È UN MOVIMENTO che ha messo in campo una nuova generazione politica di giovani, facendo finalmente strame di anni di lamentele pregiudiziali da parte dell’attivismo più maturo, incapace di immaginare gli accadimenti secondo un canone differente dal già conosciuto.
Certo, c’è voluto un genocidio, ancora drammaticamente in corso, per produrre questo straordinario risveglio, e questo segna l’insufficienza che tutte e tutti dobbiamo ancora colmare, ma un dato è certo: la narrazione dominante è stata sconfitta, tanto sul merito della situazione in Palestina (è genocidio e soltanto gli ultimi “soldati giapponesi” nella giungla del governo e dei media mainstream si ostinano a non prenderne atto), tanto sul contenuto delle scelte strategiche sulla società (i soldi ci sono, tanto è vero che volete investirli tutti nelle armi invece di pensare a scuola, sanità, diritti e conversione ecologica).
D’altronde, se così non fosse, come spiegare l’atteggiamento del governo Meloni-Tajani-Salvini, che, terrorizzato dall’idea della caduta del castello di carte costruito sulla triade crescita-riarmo-disciplinamento sociale, ha deciso di scontrarsi direttamente con il movimento di massa, definendolo come ozioso, irresponsabile e delinquenziale?
Quanto durerà e che strade prenderà questo movimento non lo può sapere nessuno.
Il primo passo perché viva è quello di lasciarlo respirare, dentro i territori e dentro l’immaginario collettivo, con una consapevolezza: ogni tentativo di leggerlo con i canoni usuali è destinato a fallire e ogni tentativo di imporli artificialmente può provocarne il fallimento, sia esso messo in atto da forze politiche, sindacali o anche di movimento.
IL SECONDO PASSO è quello di averne cura, mettendosi al suo servizio: questo può essere fatto contribuendo a costruire i nessi e le pratiche che legano i diversi temi e costruendo luoghi dove le molteplici differenze che compongono la varietà della mobilitazione sociale in corso possano parlarsi, immaginando ciascuna come parte di un caleidoscopio collettivo e non di uno specchio autoreferenziale.
Diversi appuntamenti scandiranno questo autunno, alcuni già definiti, altri determinati da quello che nel frattempo accadrà. Che ciascuna e ciascuno faccia la sua parte per produrre dentro ogni momento una convergenza più ampia di quella in atto sino al giorno precedente, sapendo che solo domandando si può camminare. E sapendo che non c’è alcun destino di guerra, devastazione ambientale e diseguaglianza sociale predeterminato. Possiamo cambiarlo scegliendo la vita. Tutte e tutti insieme la vita.
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