“BAR, OSPEDALI&C: LA FUGA DAL LAVORO IN DEPRESSIONE” da IL FATTO
“Bar, ospedali&C: la fuga dal lavoro in depressione”
Antonello Caporale 21 Luglio 2025
“In due milioni ogni anno si licenziano per cercare di meglio che lo sfruttamento”
È quasi una diserzione di massa, assomiglia a una grande fuga collettiva. I dimissionari, coloro cioè che rinunciano al posto di lavoro dopo averlo conquistato, sono milioni e milioni.
È una cifra che stupisce, un po’ spaventa, ma che illustra bene il volto della nostra società.
Francesca Coin, lei insegna sociologia a Parma (prima a Lancaster nel Regno Unito) e indaga il rifiuto del lavoro.
Tra il 2022 e il 2024 solo in Italia sei milioni di lavoratori hanno rinunciato al posto, hanno cambiato strada. Sono andati dal titolare dell’impresa, spesso un padroncino, e hanno fatto bye bye.
Due milioni all’anno.
In tempi di Covid la cifra è stata quella. E oggi i numeri sono in linea con quelli delle passate stagioni.
Siamo dunque un popolo di scansafatiche? Il lavoro c’è e si rifiuta?
Macchè! Il lavoro che si rifiuta è un lavoro pagato poco, spesso degradante, o addirittura schiavizzato, punito da un punto di vista dell’orgoglio professionale, fortemente incentrato sul principio della diseguaglianza, lontano da qualunque idea di merito. Si lascia per cercarne uno migliore, più appagante.
E questi sei milioni di italiani che hanno dato le dimissioni come hanno poi campato?
Hanno appunto trovato un altro lavoro e la loro scelta di dimettersi al 93%, secondo le analisi statistiche, è stata ritenuta la migliore scelta possibile. I settori a più alta depressione lavorativa sono quelli legati ai servizi al turismo, alla ristorazione, alla sanità. Settori nei quali la fatica è terribile, i guadagni sono modesti.
Bar e ristoranti, alberghi e b&b, pizzerie al taglio, surgelati e delivery a go go.
La nuova Italia issa la bandiera bianca rispetto all’innovazione, alla ricerca. Le nuove competenze non sono richieste. Chi mai può volere una vita da cameriere?
Fare il cameriere, lavorare nei campi. I settori-forca tirano molto.
Lì si consumano vessazioni, ingiustizie, retribuzioni fuori da ogni conforto sindacale.
Quindi scappano.
Tirano i settori che non prevedono qualità, competizione, conoscenze.
Rifare i letti in albergo, prendere le comande ai tavoli dei pub, sfornare le pizze surgelate.
La nostra è una società in cui sempre più spesso sono richieste fondamentalmente solo le braccia.
Anche i pronto soccorso sono divenuti terre di nessuno.
Fare il medico dell’emergenza non dormendo più a casa di notte, è un impiego che non ha la reputazione di un tempo e non è retribuito come dovrebbe.
Quindi le dimissioni.
Da gettonista a partita Iva almeno si guadagna di più.
Due milioni di italiani ogni anno fuggono dal posto di lavoro che avevano conquistato anche con sacrifici immagino. È una cifra enorme.
Un altro settore che alimenta la grande fuga è il commercio. Questi qua sono i testimoni di un tempo in cui il lavoro ha perso dignità e rispettabilità.
Questo governo ha però creato un milione di posti di lavoro in più, dice Giorgia Meloni.
Cifra non esaltante e molto in linea con il rimbalzo occupazionale europeo dovuto all’uscita dalla crisi pandemica.
Più posti di lavoro ma molto più scadenti e poveri. È così?
Il capitale umano è sempre più depauperato, il grande esilio dei nostri laureati è una conferma indiscutibile dell’oltraggio nei confronti delle nuove generazioni.
Tirano i settori in cui non c’è da imparare molto e non c’è da insegnare molto.
Cambia le tovaglie, aggiusta, scopa, pulisci, lava.
Figurarsi se sono rispettate le otto ore.
Dieci, a volte dodici ore o anche di più.
E tutti questi che si dimettono cosa trovano?
Trovano spesso qualcosa di meglio.
Due milioni scappano, sostituiti immagino da altrettanti sostituti. Lei ha scritto un libro (“Le grandi dimissioni”) che ha avuto anche successo. Ma questi numeri terribili non sono tema di dibattito pubblico.
Lo dice a me?
Anche noi giornalisti abbiamo qualche colpa.
Il tema della rinuncia ad un lavoro che non acquieta le ambizioni, non appaga il portafogli, conduce la vita privata a un mero intervallo del tempo di lavoro, è la più grave e insidiosa misura della incapacità della società di innovare, di attrezzare con nuovi stimoli l’offerta di impiego.
Se da noi è una diserzione di massa negli Usa allora cosa è?
Noi siamo a sei milioni di rinunce nel triennio considerato, oltre Atlantico sono a cinquanta milioni.
La società insoddisfatta e silente.
È così.
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