TRENTA NUOVE LEGGI, STESSA APARTHEID da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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TRENTA NUOVE LEGGI, STESSA APARTHEID da IL MANIFESTO

Trenta nuove leggi, stessa apartheid

Redazione  27/11/2025

Le leggi Tra il 7 ottobre e il luglio 2025 lo Stato di Israele ha approvato oltre trenta leggi che ampliano le discriminazioni interne tra cittadini palestinesi ed ebrei e istituzionalizzano le misure temporanee di emergenza. A denunciarlo è nel suo ultimo rapporto il centro legale Adalah

Knesset

Tra il 7 ottobre e il luglio 2025 lo Stato di Israele ha approvato oltre trenta leggi che ampliano le discriminazioni interne tra cittadini palestinesi ed ebrei e istituzionalizzano le misure temporanee di emergenza. A denunciarlo è nel suo ultimo rapporto il centro legale Adalah.

Le nuove norme (che portano così a più di cento le leggi che differenziano esplicitamente i diritti di cittadini palestinesi e cittadini ebrei) riguardano tra le altre la limitazione della libertà di espressione e quella
di stampa, le deportazioni, la diversa allocazione di finanziamenti statali, i ricongiungimenti familiari, la revoca dei benefici sociali e la riduzione del diritto alla difesa in tribunale.

Nessun ritiro: Israele avanza a Gaza e in Cisgiordania

Eliana Riva  27/11/2025

Terra rimossa L’esercito sposta la «linea gialla»: demolizioni a tappeto e spari su chiunque si muova

Con le ginocchia che affondano nel fango, le famiglie di Gaza provano a usare abiti e stracci per assorbire l’acqua che le piogge portano in questi giorni. Due anni di bombardamenti e avanzata militare israeliana hanno sfollato quasi l’intera popolazione, due milioni di persone. Chi vive nelle tende non ha accesso all’acqua né all’elettricità e anche i servizi igienici sono inesistenti o inadeguati per i campi sovraffollati. In tanti hanno costruito latrine coperte, un semplice buco scavato fuori dalla tenda. La pioggia le riempie e il fango trasporta anche le deiezioni.

UNA DELLE ZONE più colpite è Deir al-Balah, nel centro della Striscia, dove si vive in condizioni disperate. «Gli aiuti umanitari salvavita devono entrare a Gaza senza ostacoli e su larga scala», ha dichiarato ancora una volta il segretario generale delle Nazioni unite, António Guterres. È un appello che l’Onu e le altre organizzazioni internazionali stanno lanciando da mesi. Qualcosa è entrato ma Tel Aviv continua a limitare l’accesso di forniture essenziali. Le precipitazioni e i forti venti causano anche crolli e sotto le baracche fatte di legno e lamiere rimangono ferite decine di persone. Quando possono, i genitori portano i figli in braccio o sulle spalle, per evitare che restino ore con i piedi nell’acqua gelata. Asciugare vestiti, coperte, tappeti è praticamente impossibile. Non c’è abbastanza carburante e la poca legna che si trova, estremamente costosa, si conserva per cucinare e riscaldarsi.

Intanto l’esercito di Tel Aviv avanza. Da quando il cessate il fuoco è cominciato, Israele ha continuato ad allargare le aree di occupazione a Gaza, fino ad arrivare a controllare il 60% dell’intera Striscia. Lo rivelano fonti e dati del giornale arabo Al-Akhbar, secondo il quale l’incessante avanzamento della «linea gialla» coincide con demolizioni notturne e uccisioni. Succede tutti i giorni da quando i militari si sono ritirati nel 53% di Gaza, secondo quanto previsto dal piano del presidente Usa, Donald Trump. I comunicati dell’esercito parlano sempre di «individui» che si sono avvicinati alla linea gialla o che l’hanno superata e che per questo sono stati giustiziati sul posto.

MA LE TESTIMONIANZE raccontano una storia diversa. Le esplosioni notturne distruggono edifici e infrastrutture, mentre i bulldozer appiattiscono le nuove aree occupate, che diventano nel giro di poche ore postazioni militari. Quando le persone tentano di ritornare nelle proprie case che si trovano, secondo gli accordi, al di fuori della zona controllata dall’esercito, i militari sparano. Spesso la protezione civile non riesce neanche a raggiungere i corpi o a soccorrere chi potrebbe ancora essere salvato.

Mentre si arena la discussione sulla nascita della Forza internazionale che dovrebbe avere accesso alla Striscia, non esiste una presenza indipendente che possa verificare quale sia esattamente il posizionamento di Tel Aviv. Nuovi blocchi di cemento giallo sono stati segnalati nelle aree orientali di Shuajaiya, Shaaf e Tuffah. Ma i militari avrebbero acquisito terre anche a Jabaliya, Beit Lahiya, al-Qarara. Inoltre i carri armati sparano contro chiunque si trovi in un perimetro di centinaia di metri dalla linea gialla, arrivando così a controllare con il fuoco zone sempre più ampie. A Shujaiya, in particolare, Tel Aviv sta consolidando nuove postazioni militari e nodi di collegamento e comunicazione, un’attività logistica avanzata incompatibile con il ritiro totale previsto dalla fase 2 del piano di Washington.

NELLA CISGIORDANIA occupata, l’esercito ha lanciato una massiccia e violenta operazione militare che ha preso di mira Tubas e le città limitrofe. Nella notte tra martedì e mercoledì i militari israeliani hanno invaso l’area e fatto irruzione in decine di abitazioni private. Le famiglie sono state cacciate via sotto la minaccia delle armi e le case trasformate in basi militari. L’invasione si allarga ora dopo ora e le testimonianze parlano di arresti e pestaggi.

A TAMUN la Mezzaluna rossa palestinese ha registrato almeno dieci casi di ferite di aggressioni, per alcuni si è reso necessario il ricovero in ospedale. Le ambulanze tentano di trasportare in sicurezza gli ammalati gravi e i disabili che sono stati cacciati dalle proprie abitazioni ma spesso vengono bloccate dai militari, che hanno eretto checkpoint e blocchi con cumuli di terra per isolare le aree attaccate. La circolazione nell’intera provincia è paralizzata. Il sindaco di Tubas ha denunciato ad al-Araby che tutta l’operazione, travestita da azione di sicurezza, ha lo scopo di cacciare la popolazione e occupare nuove terre nella Cisgiordania palestinese, in un’area particolarmente interessante per Israele per la sua vicinanza alla Valle del Giordano.

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