SANGUE OPERAIO da DICIOTTOBRUMAIOBLOG
Olympe de Gouges 19 novembre 2025
Mentre ferve la polemica sulla candidata al Quirinale (sembra sgradita all’attuale titolare del Soglio Presidenziale stesso), si chiude definitivamente la vicenda della giovane apprendista operaia Luana D’Orazio, mamma di un bambino, la quale nel 2021 fu stritolata in un “orditoio”. Una morte orribile che vide i due titolari dell’azienda presso la quale lavorava Luana, indagati per omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche, patteggiare una pena rispettivamente ad un anno e sei mesi e due anni. Con la condizionale, ovviamente.
Li chiamano “incidenti sul lavoro”, vengono raccontati in tono drammatico e fatalista, puntando sull’accettazione sociale (uno scherzo del destino). In realtà sono omicidi premeditati e più in generale crimini contro l’integrità fisica e mentale dei lavoratori.
Nel corso dell’inchiesta, l’ingegner Carlo Gini, consulente della pubblica accusa, documentò che il macchinario era impostato per lavorare senza il sistema di sicurezza: “La macchina presentava una evidente manomissione con un altrettanto evidente nesso causale con l’infortunio”. Senza quella manomissione del macchinario, i vestiti di Luana non si sarebbero impigliati nell’orditoio.
Di questo tipo di “manomissioni” ne ho viste centinaia, moltissime dita e mani tranciate, in un paio di casi entrambe le mani e parte degli avambracci troncati di netto sotto le presse. Sempre lo stesso motivo: le “sicurezze” vanno disattivate altrimenti rallentano l’intensità del ritmo del lavoro e fermano la produzione troppo spesso.
Le nozioni di produttività e di efficienza economica non sono concetti asettici e neutrali, ma risultano inestricabilmente dall’interazione combinata di tecniche di produzione e dominio.
Anche quando si parla di “comportamenti a rischio” da parte dei lavoratori, si trascura il fatto che i lavoratori sono spesso esposti a rapporti di lavoro precari (apprendisti, giovani poco qualificati, neoassunti, lavoratori temporanei), il che riduce significativamente la loro consapevolezza dei rischi e riduce anche l’autonomia nello svolgimento del lavoro, rendendo impossibile esercitare il loro diritto di recesso da una situazione che hanno ragionevoli motivi di ritenere rappresenti un pericolo grave e imminente per la loro vita o la loro salute: “o così, oppure stai a casa”.
Pertanto, la questione degli omicidi e infortuni sul lavoro si pone come un problema politico e sociale, prima ancora che giudiziario. In tutti i casi, compreso quello di Luana, i procedimenti si concludono con blande condanne e secondo una logica assicurativa, ossia di mero risarcimento monetario del “danno”.
I responsabili sono certamente i padroni e i loro complici sono facilmente individuabili a livello politico, ossia tutti quelli che favoriscono o accettano passivamente che l’organizzazione del lavoro sia e resti il prodotto di un sistema di potere a spese del sangue operaio.
No Comments