“NETANYAHU HA BOICOTTATO LA TREGUA DAL PRIMO MOMENTO” da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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“NETANYAHU HA BOICOTTATO LA TREGUA DAL PRIMO MOMENTO” da IL MANIFESTO e IL FATTO

«Netanyahu ha boicottato la tregua dal primo momento»

Terra rimossa L’ammissione tardiva dell’ex portavoce del Pentagono mentre Gaza vive la crisi peggiore

Eliana Riva  24/08/2025

Per mesi Matthew Miller, portavoce del dipartimento di stato Usa, ha risposto alle domande dei giornalisti sulla guerra di Gaza, sulle stragi più orribili operate dai militari israeliani e sulle armi americane utilizzate per compierle.

Durante la presidenza di Joe Biden ha ripetuto centinaia di volte – mentre i morti palestinesi diventavano migliaia e poi decine di migliaia – che gli Stati uniti supportano il diritto di Israele a difendersi. Che Israele avrebbe indagato sui suoi stessi delitti e che nessun elemento indicava che Tel Aviv stesse commettendo crimini di guerra. In una conferenza stampa ha dichiarato che Washington non ha mai voluto una soluzione diplomatica con Hamas ma solo un cessate il fuoco che terminasse, comunque, con la distruzione del gruppo palestinese.

POCHI GIORNI FA, ospite del programma Hamakor (La fonte), trasmesso dal Canale 12 israeliano, Miller ha raccontato una storia diversa: i retroscena di più un anno di negoziati tra Israele e Hamas. Secondo la sua ricostruzione, il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha ostacolato dal primo momento il cessate il fuoco, facendo saltare diversi accordi di pace già raggiunti. I negoziatori israeliani hanno confermato ai giornalisti di aver avuto un mandato limitato, con l’ordine di aggiungere nuove clausole proprio quando Hamas aveva accettato le precedenti.

Nell’aprile 2024, ad esempio, l’invasione della città di Rafah era solo un’opzione e Washington sapeva di poter utilizzare la minaccia dell’operazione militare per ottenere un accordo più favorevole a Israele. Ma, senza preavviso, Netanyahu comunicò che l’invasione della città del sud sarebbe avvenuta comunque, facendo saltare l’intesa. «Ci sono stati momenti – ha dichiarato Miller – in cui volevamo dire pubblicamente che il primo ministro era completamente intransigente e rendeva più difficile raggiungere un accordo». Anche nel maggio del 2024 Netanyahu aveva accettato un piano. Ci fu, allora, un’inaspettata dichiarazione del presidente Biden che anticipava le posizioni israeliane.

L’EX PORTAVOCE ha dichiarato che si è trattato di una strategia per impedire al premier israeliano di tirarsi indietro. Ma, conferma il Times of Israel, nei giorni successivi l’ufficio di Netanyahu fece trapelare messaggi diretti ai giornalisti, in cui si insinuava che la proposta di Biden fosse diversa da quella accettata da Israele. «Erano sempre alla ricerca di modi per aggiungere condizioni o rendere i termini più difficili», ha dichiarato Miller. Nel luglio del 2024 Tel Aviv ha impiegato un mese a rispondere a una proposta di Hamas allineata alle richieste israeliane. E quando, infine, lo ha fatto, ha inserito la clausola del mantenimento del corridoio Filadelfia, al confine con l’Egitto.

«Questo è stato forse il momento più frustrante perché eravamo davvero vicini a ottenere un accordo che avrebbe sicuramente potuto portare a casa gli ostaggi e forse porre fine alla guerra una volta per tutte». Ad agosto 2024 altre indiscrezioni trapelate hanno fatto saltare un nuovo piano. Solo a gennaio 2025 si è giunti finalmente a un cessate il fuoco. Dopo sette mesi dall’insediamento di Donald Trump alla Casa bianca, l’ex portavoce ha parlato di differenze sostanziali nell’approccio dei due leader, perché il tycoon non avrebbe fatto alcuna pressione su Netanyahu affinché rispettasse i termini dell’accordo, sostenendolo quando ha rotto la tregua.

IN REALTÀ, nonostante le intenzioni dichiarate, i risultati delle due amministrazioni sono al momento pressoché gli stessi: i negoziati sono fermi al palo; il piano accettato da Hamas attende da giorni una risposta israeliana che tarda ad arrivare; qualsiasi cosa decida la diplomazia, il governo intende invadere e occupare Gaza City.

La città vive oggi la sua crisi peggiore. Il giorno dopo la dichiarazione di carestia, l’ospedale al-Shifa ha fatto sapere di avere in cura 800 casi di malnutrizione, di cui 13 a rischio di morte. Non ci sono strumenti e medicinali per curarli, le alternative alimentari sono terminate e le famiglie sono costrette a preparare a casa pasti liquidi da somministrare con il sondino. Ma è un’alternativa ad alto rischio di contaminazione, che può causare gravi infezioni. Mohammed Kahil, il responsabile del reparto di nutrizione dell’ospedale di Gaza City ha dichiarato che quasi un terzo dei neonati viene al mondo con un peso al di sotto di 2,5 chili. Il medico ha aggiunto che se Israele invaderà Gaza City «assisteremo a un nuovo massacro».

IN 24 ORE I MEDICI della Striscia hanno registrato otto decessi per malnutrizione, tra cui due bambini. Nello stesso periodo 61 persone sono state ammazzate a Gaza, tra cui 17 (con sei bambini) nelle tende profughi di Khan Younis. Il ministero della salute della Striscia fa sapere che il numero dei morti dall’inizio degli attacchi israeliani ha superato 62mila. Senza contare le persone rimaste sotto le macerie o scomparse.

Ieri a Tel Aviv si sono tenute diverse manifestazioni. Tremila palestinesi con cittadinanza israeliana sono scesi in piazza per chiedere la fine degli attacchi a Gaza e denunciare il genocidio e la politica della fame. La protesta si è tenuta nonostante le minacce della polizia israeliana. Organizzata dal Comitato di monitoraggio arabo, ha visto la partecipazione di partiti arabi e associazioni israeliane contro l’apartheid e l’occupazione.

“Israele uccide i medici palestinesi e non fa entrare noi internazionali”

Sabrina Provenzani  24 Agosto 2025

Solo ieri sono morti 8 gazawi per fame, fra cui 2 bambini. Il tutto 281 persone, 114 i minori

La giovane madre ha occhi scavati, enormi. Tiene fra le braccia un bambino forse di un anno, che appare stremato, febbricitante, i ricci scuri incollati alla testolina, le palpebre socchiuse. L’infermiera gli misura la circonferenza del braccio. Ha un metro colorato, un dispositivo pediatrico che valuta lo stato nutrizionale. Se si stringe sul verde, tutto bene. Ma il braccialetto si chiude solo sul rosso, ancora e ancora. I bambini in attesa sono tutti malnutriti. Rosso. Rosso. Rosso. Nei casi più severi gambe e braccia sono solo ossa ricoperte di pelle, i piccoli innaturalmente sopiti, quasi incoscienti.

L’infermiera valuta, segna il peso, distribuisce scorte di cibo iperproteico, spiega come utilizzarlo ai genitori stanchi. Il video, di oltre 7 minuti, girato il 12 agosto da Medici senza frontiere all’ospedale Al Attar, a Khan Younis, documenta l’avanzata della malnutrizione in questo angolo della Striscia. Lo accompagna un grafico che fotografa l’escalation dal 24 maggio al 2 agosto: nelle cliniche di MSF sono quadruplicati i casi dei ricoveri per malnutrizione moderata, decuplicati quelli per malnutrizione grave, per un totale di 5.570 pazienti. La scorsa settimana, i team di MSF hanno osservato un aumento del 21% nel numero di bambini tra i 6 e i 23 mesi trattati per malnutrizione acuta grave rispetto alla settimana precedente.

Ieri il bollettino quotidiano dei ministero della salute di Gaza ha registrato altre 8 morti per fame, fra cui due bambini. Il totale ufficiale è di 281 di cui 114 bambini. Il 22 agosto, giorno dell’inizio della nuova avanzata israeliana, Amande Bazerolle, capo dei servizi di emergenza di MSF, ha scritto: “È difficile immaginare niente di più cinico: persone ridotte alla fame mentre le forze israeliane invadono e distruggono il poco di vita rimasta. Sarà un atroce disastro umanitario”.

Mercoledì Israele ha negato l’accesso a un carico di latte in polvere. Era parte di un convoglio umanitario organizzato da israeliani e americani impegnati per alleviare la fame a Gaza. Arrivato al valico, è stato fermato con la giustificazione che era un camion aperto, non chiuso. Una regola mai menzionata prima, riferisce Haaretz.

Le Nazioni Unite confermano di incontrare continui ostacoli al trasporto di cibo, carburante e aiuto umanitario, con le autorizzazioni a discrezione di Israele. La scorsa settimana hanno avuto il permesso solo per 45 richieste su 79. Trasporto e distribuzione sono difficilissimi: le strade sono devastate e impraticabili, i convogli spesso attaccati da bande organizzate o, più spesso, da gazawi affamati, che non rischiano il viaggio fino ai 4 centri di raccolta, mentre non ci sono prove che a intercettare il carico sia Hamas, come sostiene Israele. La sicurezza del personale è sempre a rischio: la stima delle vittime fra il personale umanitario oscilla fra 320 e 1513, a seconda della definizione. Non va meglio al personale sanitario: secondo le stime di Hamas a rimare uccisi finora sarebbero 1.500 tra medici e infermieri palestinesi.

E ora Israele nega l’accesso ai medici stranieri a Gaza. Lo riportava ieri Haaretz: due volontarie, la statunitense Mimi Syed e la francese Catherine Le Scolin-Quere, sono state fermate al confine con la Giordania, dove avevano fatto tappa, per ordine dello Shin Bet, il servizio di intelligence interna. Entrambe avevano già prestato servizio a Gaza, e una, la dottoressa Syed, aveva raccontato a diversi media internazionali di aver dichiarato la morte clinica di dozzine di bambini uccisi da bombe o da colpi di fucile. Ha dichiarato ad Haaretz di essere convinta che siano state quelle denunce una delle ragioni del bando. “Non permettono ai giornalisti di entrare, e uccidono i giornalisti gazawi che sono lì, quindi i medici che arrivano lì rivelano la verità al mondo”, ha detto. “Ma non vogliono che raccontiamo cosa sta succedendo a Gaza. Specialmente ora, quando stanno pianificando di invadere Gaza City”. Ha aggiunto: “Penso che la cosa più importante che ho imparato a Gaza è che è impossibile ignorare la verità. Dopo aver visto cosa sta succedendo lì, diventa molto semplice distinguere tra bene e male”.

1 Comment
  • maurizio nazari

    24 Agosto, 2025 at 16:21 Rispondi

    Lo spostamento del festival musicale vicino ai confini con Gaza, all’ultimo momento, è stato fatto dal governo israeliano conoscendo il giorno dell’azione militare dei gruppi armati palestinesi in modo da poter far fare più ostaggi internazionali possibili. I morti di quella operazione oltre ai militari e quelli del fuoco amico (carri armati, elicotteri) da chi sono stati fatti cioè quanti erano gli infiltrati dei servizi israeliani fra le forze partigiane palestinesi e quale era il loro compito? Perché non si indaga con più determinazione su questi punti?

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