SINISTRA È UNA PAROLA SVUOTATA: L’URGENZA SONO I VALORI DI FONDO da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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SINISTRA È UNA PAROLA SVUOTATA: L’URGENZA SONO I VALORI DI FONDO da IL FATTO

Sinistra è una parola svuotata: l’urgenza sono i valori di fondo

Silvia Truzzi  26 Giugno 2025

Da qualche settimana è in corso sul nostro giornale un dibattito sulla sinistra, innescato da un pezzo firmato da due professori, Tomaso Montanari e Francesco Pallante, e proseguito con l’intervento di altri professori. Se la questione “Cos’è la sinistra?” vi sembra un déjà vu non solo gaberiano, è perché da quando la bandiera rossa si è scolorita nella centrifuga del liberismo, la domanda torna ciclicamente. Sono state poste diverse questioni: lavoro, giustizia sociale, rapporto con l’Europa. Il lavoro fondava la Repubblica: i referendum che avrebbero potuto essere un’importante svolta rispetto alle politiche degli ultimi decenni sono appena naufragati. Non sappiamo se con una partecipazione reale del Pd l’esito sarebbe stato diverso, ma un fatto va sottolineato: il partito si è impegnato nella campagna referendaria tardivamente, con mille distinguo e troppi imbarazzi, dato che alcune delle norme che si chiedeva di abrogare erano figlie di un governo guidato da un segretario del Pd. Naturale l’imbarazzo, naturale anche l’abbandono dei lavoratori. Il professor Ortona ha scritto di due questioni, la necessità di un’imposta patrimoniale e di un conflitto con l’Eurocrazia: “Ogni anno l’Italia sperpera varie decine di miliardi per rispettare i vincoli europei, ovviamente senza riuscirci. Ed è necessario rilanciare lo stato sociale; ma ciò richiede risorse – che vanno prese là dove sono, e cioè nei grandi patrimoni”. Gli ha risposto, dalla Columbia University, il professor William Harris: bene la patrimoniale, ma introdurre l’Italia nell’eurozona, la principale ragione principale per cui l’economia italiana è stagnante da oltre vent’anni, è stato un errore; uscire dall’euro però è impossibile. Ora, come si sa, è stato un governo di sinistra, guidato da Prodi, a entrare nell’euro a quelle condizioni; esecutivo che aveva anche sdoganato, con il pacchetto Treu, la liberalizzazione del mercato del lavoro, dando il la a una slavina che ci ha portato al disastro. Popolo e sovranità – due dei tre elementi costitutivi dello Stato – sono diventati un dispregiativo anche nel lessico della sinistra, incapace di una postura autonoma e autorevole nel rapporto con l’Europa e incapace pure di sottrarsi alla fascinazione di un riformismo senza freni. Dov’erano i suoi dirigenti venerdì, quando diecimila metalmeccanici hanno invaso la tangenziale di Bologna per chiedere il rinnovo del loro contratto, sfidando i decreti manganello? Hanno condannato l’annunciata decisione di identificarli e denunciarli (auguri a chi dovrà istruire il processo), ma basta una dichiarazione?

Strepitare all’opposizione e poi, una volta al governo, assecondare le peggiori derive mercatiste è stata una politica suicida. Il Pd è diventato maggiorenne, ma è ancora in piena crisi di crescita: possibile che in 18 anni non abbia trovato risposte alla domanda di fondo, cosa significa oggi essere progressisti? Non ci sono più le ideologie a far da bussola, ma anche sui valori di fondo c’è grande confusione, come dimostrano le citate politiche del lavoro da cui urge prendere le distanze (e pazienza se le pinepicierno se ne andranno). A distanza di quasi due decenni sentiamo ancora ripetere la favoletta della “fusione a freddo” di Ds e Margherita, tara genetica del partito. Sono sciocchezze. Tra l’altro queste anime – che mandano in tilt i dem su questioni cruciali come il riarmo – si potrebbero allineare su una piattaforma che a suo tempo mise d’accordo tutti, fascisti esclusi: la Costituzione, un programma politico già pronto che nei suoi principi fondamentali resta una formidabile bussola. Non tutti i dirigenti del Pd ci si ritrovano, ma un elettorato orfano e disilluso sicuramente sì.

Conte è contro il riarmo, quindi non governi mai più

Daniela Ranieri  26 Giugno 2025

Guardiamo ammirati e raccapricciati, come al circo quando vengono liberate le bestie ma al posto dei domatori ci sono i pagliacci, i carpiati e la frolla elasticità del senso morale di cui danno prova la classe politica e (quindi) mediatica nazionale in tempo di guerra quasi mondiale. Il 24 febbraio 2022 Putin si è svegliato e in preda a un raptus ha invaso l’Ucraina (nessuna previa responsabilità della Nato nei rapporti tra Federazione Russa e Ucraina); Netanyahu è cattivello, ma difende il diritto di Israele alla sopravvivenza, facendo sparare in testa ai bambini; Trump è pazzo quando persegue il negoziato tra Russia e Ucraina, invece di bombardare il Cremlino; torna a essere un ragionevole statista quando chiede ai Paesi Nato di sborsare il 5% del loro Pil per le spese militari, il sogno che fa brillare gli occhi al nostro establishment di destra e pseudo-sinistra.

Quand’è così, è ovvio che chi si oppone al riarmo deciso dalla Von der Leyen (800 miliardi di euro, un piano Marshall al contrario che affama i cittadini d’Europa per comprare missili e bombe dagli Usa) e al taglieggiamento dei Paesi Nato per mano di Trump, è “demagogico” e “non può governare”. Fa niente se il premier spagnolo Sánchez ha appena detto al vertice Nato che le armi non sono una priorità della Spagna e che non intende cedere al ricatto del 5%: i nostri giornali padronali minimizzano la sua risolutezza come una bizza da torero e sperano che si ravveda (poi ci parlano loro).

Colui che proprio non sa cosa dice e in quali casini ci sta mettendo è Giuseppe Conte, con la sua manifestazione contro il riarmo all’Aja e la sua testardaggine di fare opposizione al governo Meloni financo opponendosi a esso. Lo mette spalle al muro Massimo Franco sul Corriere: “Attaccare Ue e Nato; bollare l’aumento delle spese militari come la negazione dello spirito europeo; e usare la parola ‘genocidio’ per definire gli eccidi compiuti dalle truppe israeliane a Gaza (sono solo alcuni dei peccati mortali del disgraziato, ndr), significa scegliere un lessico demagogico che permette magari di racimolare qualche voto, ma non di accreditarsi per governare”. È un cruccio del Sistema: se non si toglie di testa le fisime anti-militariste, Conte non potrà mai andare al governo; e, con un alleato così, non ci andrà nemmeno la Schlein.

Titola Dagospia, che in queste cose è Cassazione: “Quando arriverà mai a governare il ‘Campo Largo’ con il barricadero Giuseppe Conte, che si è messo a capo del fronte anti-riarmo dell’Ue?”. È un messaggio a Schlein, che farà bene a liberarsi del losco figuro e a riavvicinarsi ai cosiddetti “riformisti del Pd” se vuole essere una vera alternativa alla Meloni e andare al governo (per fare esattamente le cose che fa la Meloni, vabbè). Eppure, non risulta che nei due anni in cui Conte ha governato, facendo gli interessi dell’Italia in Ue e scontrandosi con Trump sul dialogo con la Cina, l’Italia sia stata buttata fuori dalla Nato o dall’Europa. Ma tant’è. Del resto, il M5S è “duro verso il governo e indulgente nei confronti di Mosca” (Franco, il giorno prima), per aver presentato una mozione con cui chiede al governo di non escludere a priori una possibile collaborazione con la Russia sul transito del gas. Un passaggio che “fa rizzare i capelli ai riformisti del Pd” (Corriere), gente non sospettabile di bellicismo russofobo, come Guerini, Quartapelle, Madia, Picierno, l’europarlamentare Pd che ha ricevuto a Bruxelles i lobbisti dell’estrema destra israeliana che sostiene i coloni in Cisgiordania e della cui opinione il Corriere ha grande considerazione: “Conte è incommentabile”; così come del Calenda alternativamente (ma più spesso contemporaneamente) leader serio e cabarettista: “La vergognosa mozione del M5S sembra scritta da Putin”.

Il Foglio elogia “un saggio Gentiloni anti-Conte”: Gentiloni, “padre nobile”, “risorsa della Repubblica” etc., ha denunciato che insieme a Conte all’Aja c’erano movimenti filo-Putin, cosa di cui Conte evidentemente ha responsabilità. Il giornale non manca di denunciare “il filo che lega M5S alla Russia di Putin”, ritirando fuori la fake news degli aiuti russi-spionaggio a Bergamo durante il Covid (ministro della Difesa era Guerini e il Copasir ha detto e ridetto che non c’era niente di sospetto, ma fa sempre brodo). Deliziosa l’accusa del giornale fondato da Giuliano Ferrara, già spia della Cia: “Conte è convinto di poter trovare, con un’agitazione antimilitarista dai caratteri confusi e demagogici, udienza in una parte non irrilevante dell’elettorato”: che si è messo in testa, questo matto, di farsi eleggere dai cittadini per rappresentare i loro interessi? E magari, dio non voglia, di andare al governo coi voti degli elettori? (Allora lo sanno, che l’opinione pubblica è perlopiù contraria al riarmo). Ma, chiediamo noi, non erano preoccupati che Conte non riuscirà mai a governare? Mah.

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