NON MOLLIAMO: L’ONU DEVE INVIARE I CASCHI BLU A GAZA da IL FATTO e IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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NON MOLLIAMO: L’ONU DEVE INVIARE I CASCHI BLU A GAZA da IL FATTO e IL MANIFESTO

Non molliamo: l’Onu deve inviare i caschi blu a Gaza

 Gian Giacomo Migone  22 Agosto 2025

Per fermare Netanyahu a Gaza occorre l’intervento militare dell’Onu. Altrimenti sono chiacchiere, più o meno strumentali, anche dotte, ma chiacchiere. Netanyahu è il solo a fare fatti. Gaza City è ormai sotto il suo controllo: le autorità israeliane impediscono ogni accesso di viveri, ignorano il destino degli ostaggi e hanno deliberato l’annessione della Cisgiordania contro ogni regola di diritto internazionale.

I media occidentali sono tuttora concentrati sui faticosi negoziati sull’Ucraina, mentre a Gaza lo sterminio di bombe, assassinii e fame continua senza tregua. Si potrebbe obiettare, con la forza dei numeri, che in Ucraina la guerra sacrifica più vite umane. Ma, per l’appunto, di guerra si tratta, mentre a Gaza e in Cisgiordania è in gioco la sopravvivenza di un popolo che al suo esecutore può soltanto contrapporre qualche empito di resistenza. Secondo l’inviata di guerra Janine Di Giovanni, una moderata, “nulla si confronta con Gaza e con la complicità che la circonda. L’intenzione è quella di cancellare i palestinesi, e noi a guardare. Questo deve finire. Ora”. La complicità ci coinvolge tutti, anche coloro che riconoscono lo Stato virtuale di Palestina e persino invocano misure coerenti alla causa, diritti e organismi internazionali che rappresentano tutti.

Il 10 agosto si è riunito il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: all’ordine del giorno l’emergenza determinata dal piano di conquista, totale e definitivo di Gaza annunciato dal premier di Israele. Eppure quel consesso non ha nemmeno prodotto il voto di una risoluzione con il veto preannunciato dagli Usa. Quel veto, di fronte all’emergenza riconosciuta dall’ordine dei lavori, avrebbe consentito di convocare d’urgenza l’Assemblea Generale con il potere di far cessare quello che la Corte Internazionale di Giustizia ha giudicato un genocidio in fieri. In che modo? Non mi stanco di ripeterlo. La risoluzione 377 A del 3.11.1950, “Uniting for Peace”, introdotta e più volte applicata dagli Usa alle prese con la guerra di Corea, consente all’Assemblea Generale di ordinare l’intervento militare dei caschi blu, in applicazione dell’articolo 7 della Carta Onu. Nel conflitto a Gaza, di fronte a negoziati da due anni inconcludenti per un cessate il fuoco, è il solo modo di fermare lo sterminio.

È sufficiente la decisione di 7 membri del Consiglio di Sicurezza per investire dei suoi poteri l’Assemblea Generale, a larghissima maggioranza composta da membri che sostengono i diritti dei palestinesi, sanciti da numerosi trattati oltre che da scelte politiche. Perché ciò non avviene? L’andamento dei lavori del recente Consiglio la dice lunga. Oltre a quelli scontati di Russia e Cina, l’intervento del rappresentante della Slovenia, a nome di tutti i membri europei (Francia, Regno Unito, Danimarca, Grecia), insieme con gli altri singoli Stati (Pakistan, Panama, Somalia, Algeria, Corea del Sud, Guyana, Sierra Leone), ha condannato il piano israeliano di occupazione militare di Gaza.

Tuttavia, nessuno Stato ha proposto l’innesco della procedura potenzialmente risolutiva. Persino la Cina (probabilmente condizionata dalla tensione per Taiwan e dalle trattative commerciali con gli Usa) e la Russia (per analoghi timori riguardanti la guerra in Ucraina) hanno preferito non sfidare l’amministrazione Trump, a sua volta inibita dai condizionamenti di Israele sulla politica interna. Ne consegue la rassegnazione generale sullo sterminio oltre che sul sacrificio delle norme internazionali, con il drastico indebolimento delle Nazioni Unite. È bene non dimenticare come la crisi della Società delle Nazioni sia stata il preludio della Seconda guerra mondiale.

Come ha osservato il cardinale Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, non è ammissibile che le analisi di geopolitica, per quanto fondate, estendano questa rassegnazione a chi rifiuta anche in forme militanti la connivenza etica, oltre che politica, denunciata da alcune voces clamantes in deserto: per esempio quella del presidente del Brasile Lula e della relatrice speciale delle Nazioni Unite sui Territori palestinesi occupati Francesca Albanese. Anche ieri il Segretario generale dell’Onu Guterres ha continuato a compiere il proprio dovere, condannando guerra e annessioni israeliane, invocando il cessate il fuoco.

Manca “solo” e sempre il Consiglio di Sicurezza. Eppure, ciò che oggi appare utopico offre un senso di direzione che consente di giudicare atti e tendenze in atto, di costruire mobilitazioni e impegni di ciascuno. Altrimenti resta soltanto una rassegnazione connivente.


La complicità codarda di chi si finge mediatore

Gaza e Cisgiordania Paradossalmente l’unica chance dei palestinesi è la lotta di potere tra Netanyahu e i militari. Il risultato è stato un compromesso: occupare «solo» Gaza City

Alberto Negri  22/08/2025

Si leggono sui media e si ascoltano dai nostri politici cose impensabili. Il riconoscimento di uno stato palestinese sarebbe una trappola, un incoraggiamento alle posizioni estremiste di Hamas e del governo israeliano. Questo mentre parte l’operazione di occupazione di Gaza City.

Con prevedibili massacri e deportazioni. E mentre il governo Netanyahu si prepara con gli insediamenti illegali a tagliare in due tra nord e sud la Cisgiordania, separando Gerusalemme est, araba, da quanto rimane della Palestina.

La trappola vera è un’altra: da decenni non vengono imposte sanzioni reali e concrete a Israele per le violazioni continue del diritto internazionale e dei diritti umani più elementari. Non solo: noi e gli stati arabi commerciamo con Israele, vendiamo e compriamo armi, come fanno l’Egitto, la Turchia e gran parte dell’Europa. E abbiamo accordi segreti o semi-segreti – l’Italia nella cybersecurity – che fanno di Israele un pilastro della nostra sicurezza.

NOI NON SIAMO mediatori come facciamo finta di essere, siamo alleati di Tel Aviv e complici del genocidio in atto. Più di tutti il presidente americano Trump per il quale Netanyahu non è un criminale ma un «eroe» a cui si paragona con orgoglio. Garantiamo a Israele – l’impunità più assoluta e trattiamo Netanyahu come se non avesse sulla testa un mandato di cattura della Corte penale internazionale. Business as usual, che poi è quello che vogliono nella sostanza sia gli Usa che Israele, partner storici nell’industria bellica, della sicurezza, dell’alta tecnologia, nella finanza.

Nessun altro paese al mondo riceve da Washington una quantità di aiuti lontanamente paragonabile. Aiuti che gli Stati uniti non sottopongono a condizioni. Dagli anni settanta in poi non c’è mai stata un’amministrazione Usa che abbia voluto usarli come leva, per piegare i governi israeliani alla propria volontà (unica velata eccezione Bush padre nel 1991). Anche quando i governi israeliani hanno fatto il contrario di quel che voleva Washington (per esempio gli insediamenti illegali dei coloni).

E noi europei che facciamo? Nulla o quasi, al di là delle solite dichiarazioni. Il vero mantra per noi è: «Mai una sanzione contro Tel Aviv». Se ci ribelliamo concretamente a Israele ci ribelliamo agli americani, e con Trump i governi nostrani finirebbero presto in lista nera. La stessa recente proposta della Commissione europea di sospendere parzialmente Israele dal fondo di ricerca Horizon Europe – con l’esclusione da sovvenzioni e investimenti per 200 milioni di euro – non ha ottenuto la maggioranza necessaria. Un sussulto di orgoglio – o di vergogna – è venuto da oltre 1.700 funzionari Ue (su 32mila) che hanno appena scritto una lettera urgente su Gaza a von der Leyen e Kallas.

DICONO CHE SIAMO alle soglie dell’annientamento della popolazione e che senza un ripristino immediato degli aiuti Gaza è destinata a superare i 100 decessi al giorno per fame nelle prossime due o tre settimane (ma i morti ammazzati per fame per noi non esistono come dimostra Marah Abu Zhuri, deceduta a Pisa per la denutrizione).

I funzionari sottolineano che l’Unione europea è il principale partner commerciale di Israele e che, nonostante alcuni stati membri si siano opposti alla sospensione dell’accordo di associazione Ue-Israele, si possono considerare «sanzioni mirate, comprese restrizioni alle transazioni finanziarie e controlli sulle esportazioni, nei confronti delle entità responsabili di ostacolare l’accesso umanitario, compresi i massimi dirigenti israeliani».

MA NON SARÀ questa lettera a salvare la coscienza europea: serve che i governi europei vadano oltre la loro codardia e dicano «basta» a Israele. E basta anche alla propaganda israeliana cui prestano orecchio. Secondo la quale – scriveva ieri sul manifesto Chiara Cruciati – «la fame non esiste, i morti di stenti soffrivano di altre patologie, gli aiuti ci sono ma è l’Onu a farli marcire, ospedali e scuole sono centri di Hamas, i giornalisti combattenti camuffati dietro i giubbotti Press».

La stessa intelligence militare israeliana ammette – lo rivela un’inchiesta di +972Magazine e Guardian – che l’83% dei morti a Gaza sono civili, contraddicendo in maniera clamorosa tutte le fonti ufficiali. Per ora, paradossalmente, l’unica chance reale dei palestinesi è la lotta di potere tra Netanyahu e i militari, secondo quanto scrive sul Guardian il direttore di Haaretz, Aluf Benn.

LO SCONTRO ha raggiunto l’apice in un’infuocata riunione del gabinetto di sicurezza il 6 agosto: il capo di stato maggiore Zamir ha messo in guardia dal mandare le truppe in quella che è «equivalente a una trappola» e dal mettere a rischio la vita degli ostaggi. Il risultato è un compromesso: occupare solo Gaza City, costringendo alla fuga un milione di abitanti e raderla al suolo. Forse, un giorno verrà la tregua. Ma è quanto di peggio possa immaginare anche l’anima europea più cupa e indifferente.

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