LIBERISTI E REAZIONARI, IL CUNEO USA NELL’EUROPA da IL MANIFESTO
Liberisti e reazionari, il cuneo Usa nell’Europa
Scenari L’ultradestra tedesca è la scelta di Trump per minare l’Unione. Alle origini dell’Afd c’è un fattore decisivo: l’egoismo sociale e la strenua difesa dei privilegi della ricchezza
Marco Bascetta 21/02/2025
L’entusiasmo di Donald Trump e del movimento Maga per l’estrema destra europea è ogni giorno più sfrenato. A Musk, che ha fatto da apripista, si aggiunge ora Steve Bannon che dà già la Germania per acquisita dall’Afd alle elezioni di domenica prossima, primo passo verso una conquista dell’Europa, paese per paese, attraverso i «partiti fratelli». L’Unione europea continua intanto a sottovalutare il fatto che è da questa parte e non dalle armate zariste di Putin (come le hanno fatto credere Biden e l’interessata retorica trionfalista di Zelensky) che proviene la più diretta minaccia alla sua stessa esistenza. In seguito, una volta assicurati alla destra i governi europei, l’autocrazia russa potrà intrattenere proficue relazioni con i singoli regimi reazionari d’Europa.
Benedetti da Washington senza dover spostare un solo soldato. Il primo atto di questa tragedia va in scena domenica a Berlino, ma fortunatamente le cose non dovrebbero svolgersi secondo i desiderata di un fanatico come Bannon. Tuttavia lo scenario è gravido di minacce. E una forte affermazione di Afd, anche senza portarla al potere, può condizionare in maniera decisiva la politica tedesca. Esclusa per il momento da una sollevazione popolare senza precedenti l’alleanza tra il centro democristiano e la destra radicale, potrebbe però verificarsi qualcosa di simile a quanto la nostra fantasia bizantina definì a suo tempo «convergenze parallele», riferendosi al rapporto tra Dc e Pci.
Ogni paragone è naturalmente blasfemo, se non per il paradosso geometrico che indica un procedere nettamente separato, ma consonante, nella medesima direzione. In Italia la formula fu esplicitata, mentre in Germania verrebbe taciuta. Poiché nel primo caso lo scopo era tener fuori dal governo, senza misconoscerlo, un partito che aveva contribuito in maniera decisiva alla costruzione della democrazia italiana nel dopoguerra, mentre nel secondo è tener dentro, assumendone temi politici e strumenti demagogici, un partito che quella democrazia intende in larga misura demolirla. Per di più appoggiandosi sul voltafaccia della potenza d’oltreatlantico che, decisiva nella sconfitta del nazismo, aveva fatto da santo patrono al credo antifascista (e anticomunista) della Repubblica federale.
La democrazia tedesca (a differenza dell’estrema destra decisamente antiamericana) è sempre stata fortemente atlantica, anche quando con Willy Brandt intraprese tramite la Ostpolitik una propria strategia di distensione con il blocco orientale. Saprà conservarsi questa democrazia, senza essere del tutto sfigurata, con un centro ormai decisamente spostato a destra, contro gli attuali disegni americani e in presenza di una forte avanzata di Afd che peserà comunque sugli equilibri di qualsiasi possibile coalizione?
La presa di Alternative für Deutschland si esercita soprattutto sull’allarme sociale, alimentato con ogni mezzo lecito e illecito, intorno ai migranti e ai cittadini tedeschi di origini extracomunitarie, foraggiando da una parte il razzismo neonazista e imponendo dall’altra a tutte le forze politiche (Linke esclusa e straordinariamente in crescita) politiche restrittive e vessatorie nei confronti di migranti, immigrati e richiedenti asilo.
Ma alle origini dell’Afd nel 2013 c’è un altro fattore decisivo: l’egoismo sociale e la strenua difesa dei privilegi della ricchezza, manifestati in forme isteriche dopo la crisi dei debiti sovrani del 2010-2011. Professori di economia, imprenditori, detentori di grandi e piccole rendite finanziarie insorsero allora contro il pur duro pacchetto di misure di salvataggio predisposto per la Grecia in bancarotta dall’Unione e dagli istituti finanziari sovranazionali, (votato controvoglia anche da Angela Merkel), estendendo poi l’attacco al Fondo europeo di stabilità, alla moneta unica e all’esistenza stessa della Ue.
La vulgata, l’assunto rozzamente moralistico che fu propinato all’opinione pubblica a partire da quel momento era che la società si trovava divisa tra zelanti produttori che generano ricchezza e parassiti che se la pappano senza muovere un dito. La novità era che questi ultimi non erano più gli speculatori e gli sfruttatori, ma i poveri, gli emarginati, gli esclusi e infine i migranti. La dicotomia poteva poi essere agevolmente estesa a stati e governi dell’Unione.
Di qua, al nord, i «frugali», i previdenti, i laboriosi, di là, al sud, gli spendaccioni, gli sfaticati e quelli che «vivono al di sopra delle loro possibilità». In questa dottrina del parassita, estranea a qualunque dimostrazione scientifica o consapevolezza storica, sono già racchiusi tutti gli elementi del passaggio al nuovo fascismo dall’egoismo borghese all’odio razziale. La troviamo, a partire dall’anatema contro il reddito di cittadinanza, in tutti i paesi del Vecchio continente dove le destre radicali sono in ascesa. Per quello che riguarda l’Italia soprattutto nella Lega, la cui evoluzione è del tutto analoga a quella di Afd: dalla polemica contro il parassitismo meridionale e la rivendicazione di una laboriosa identità nordica a un nazionalismo autoritario e bigotto, ideologizzato fino alla nausea.
È questa commistione di priorità liberiste e di temi conservatori che converrà tenere d’occhio poiché, nella divisione del lavoro tra diversi partiti, potrebbero comunque procedere su «convergenti parallele».
No Comments