L’APPELLO: ACCADEMIA ED ENTI DI RICERCA CONTRO LA TRASFORMAZIONE DELLA DEFINIZIONE DI ANTISEMITISMO DELL’IHRA IN LEGGE da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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L’APPELLO: ACCADEMIA ED ENTI DI RICERCA CONTRO LA TRASFORMAZIONE DELLA DEFINIZIONE DI ANTISEMITISMO DELL’IHRA IN LEGGE da IL MANIFESTO

L’appello: Accademia ed enti di ricerca contro la trasformazione della definizione di antisemitismo dell’Ihra in legge

***  13/12/2025

Palestina Pubblichiamo l’appello, firmato a oggi da centinaia di docenti e studios* italian* contro i ddl che intendono introdurre la definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance

Noi studiosi, studiose e docenti italiane di diverse discipline, lavoratrici e lavoratori afferenti a istituzioni accademiche ed enti di ricerca italiani e non, esprimiamo grande preoccupazione per i diversi disegni di legge che mirano a introdurre in Italia la definizione operativa di antisemitismo dell’Ihra, ovvero l’International Holocaust Remembrance Alliance.

Nonostante si richiamino alla lotta contro l’antisemitismo, questi progetti di legge lo banalizzano e lo equiparano all’espressione di opinioni critiche verso le politiche di occupazione dello stato israeliano. Tali politiche sono state riconosciute come illegali e di discriminazione razziale dalla Advisory Opinion della Corte Internazionale di Giustizia nel luglio del 2024, e come forme di apartheid dalle più importanti organizzazioni palestinesi, israeliane e internazionali che lavorano in difesa dei diritti umani. Come dimostrato dalle stesse organizzazioni e da molteplici rapporti delle Nazioni Unite, le politiche implementate dallo Stato di Israele hanno subito negli ultimi due anni una accelerazione e si sono tradotte in forme di violenza genocidiaria contro il popolo palestinese.

Inoltre, i progetti di legge italiani, aderendo alla definizione dell’Ihra, oltre a trasformare la critica al razzismo di stato in antisemitismo, avrebbero come conseguenza che la vasta letteratura prodotta in molteplici campi del sapere e discipline in cui si analizzano le politiche israeliane come politiche coloniali, possa essere considerata come discriminatoria. Questo equivarrebbe a negare che per decenni Israele ha continuato a costruire colonie illegali attraverso l’espulsione forzata della popolazione palestinese. Gli eventi storici e quelli in corso a Gaza, in Cisgiordania e nei territori controllati da Israele, mostrano come la distruzione, il trasferimento forzato e la segregazione della popolazione palestinese attraverso la creazione di un regime di apartheid costituiscano la matrice operativa alla base delle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale.

Impedire di utilizzare queste lenti di lettura e il sapere critico che hanno prodotto sulla questione palestinese risulterebbe in un impoverimento gravissimo della comprensione della storia e della politica contemporanee, trasformando la Palestina e lo studio delle violenze di stato messe in atto da Israele in un tabu- una sorta di eccezione palestinese alla produzione di sapere critico.

Inoltre i disegni di legge presentati in Parlamento costituiscono una gravissima limitazione della libertà accademica, soprattutto per quello che riguarda la storia e le scienze sociali, e perfezionano uno spostamento di significato che nulla fa per combattere un fenomeno aberrante come il razzismo antisemita. Infatti, l’applicazione della definizione dell’Ihra otterrebbe il solo risultato di mettere a tacere attivisti, attiviste, studiosi e studiose interessate ad avanzare conoscenza e strumenti critici utili ad analizzare la storia degli stati per poter rendere le società umane più democratiche e consapevoli.

Invece, i ddl, nella loro presunta lotta contro l’antisemitismo attraverso l’adesione all’Ihra, finiscono per riprodurre proprio discorsi antisemiti. Del resto, l’idea stessa che esista una corrispondenza totalizzante tra ebrei, adesione al sionismo e sostegno a Israele è errata e pericolosa, poiché essenzializza l’ebraismo trasformandolo in sostegno allo stato israeliano. Numerosi studi insistono sulla necessaria distinzione tra antisionismo – espresso anche da gruppi e individui ebrei in tutto il mondo – e antisemitismo.

La definizione di antisemitismo dell’Ihra rappresenta un pericolo enorme per la nostra libertà accademica e di insegnamento. Essa criminalizza l’insegnamento e la ricerca sulle forme di discriminazione e razzismo contro la popolazione palestinese, e di occupazione e colonialismo della terra palestinese. Infatti, l’Ihra viene promossa con forza e con enormi sforzi diplomatici da parte di Israele, che la usa come strumento di protezione delle gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani che commette. Non è affatto una coincidenza che gli sforzi per la trasformazione dell’Ihra in strumento sanzionatorio per legge coincidano con gli sforzi diplomatici di molteplici ministeri israeliani a favore dell’uso della definizione in questa direzione. E non è affatto una coincidenza che questi sforzi avvengano in concomitanza con l’assunzione della presidenza dell’Ihra da parte di Israele.

È chiara ed evidente la volontà di mettere a tacere, attraverso persino il diritto penale, voci e saperi critici in molteplici campi di studio e negli spazi universitari, che hanno costituito uno dei fulcri del dissenso contro la distruzione della popolazione di Gaza e le complicità del nostro governo con i crimini israeliani.

Come studiose e studiosi chiediamo che vengano ritirati tutti i ddl che adottano la definizione di antisemitismo dell’Ihra trasformandola in legge e strumento di definizione di cosa costituisce antisemitismo negli spazi di produzione e circolazione del sapere. Chiediamo anche che il governo italiano revochi l’adozione della definizione Ihra attuata dall’Italia nel 2020, in violazione della nostra Costituzione.

Seguono le 1.200 firme, in aggiornamento. Per visualizzarle clicca qui. Per aderire: https://forms.gle/xW2BNTR8EW14s97c7

(L’adesione è aperta a individui, organizzazioni e associazioni accademiche e scientifiche)

Prime firme:

Algostino Alessandra Professoressa ordinaria, Università di Torino
Basosi Duccio Professore associato, Università Ca’ Foscari Venezia
Bazzoni Alberica Ricercatrice, Università per Stranieri di Siena
Beneduce Roberto Professore ordinario, Università di Torino
Biancani Francesca Professoressa associata, Università di Bologna
Borrillo Sara Professoressa associata, Università di Napoli L’Orientale
Busso Sandro Professore associato, Università di Torino
Daniele Luigi Professore associato, Università del Molise
Della Porta Donatella Professoressa ordinaria, Scuola Normale Superiore
Di Peri Rosita Professoressa associata, Università di Torino
Diani Mario Professore ordinario, Università di Trento
Frisina Annalisa Professoressa associata, Università di Padova
Frulli Micaela Professoressa ordinaria, Università di Firenze
Galantucci Luca Ricercatore, Istituto per le Applicazioni del Calcolo (IAC-CNR)
Gargiulo Enrico Professore associato, Università di Torino
Giunchi Elisa Professoressa ordinaria, Università degli Studi di Milano
Graziano Paolo Professore ordinario, Università di Padova
Guazzone Laura Professoressa associata, Università di Roma La Sapienza
Helm Francesca Professoressa associata, Università di Padova
Jessoula Matteo Professore ordinario, Università degli Studi di Milano
Lancione Michele Professore ordinario, Politecnico di Torino
Marcenò Serena Professoressa ordinaria, Università di Palermo
Marchetti Sabrina Professoressa associata, Università Ca’ Foscari Venezia
Meloni Chantal Professoressa associata, Università degli Studi di Milano
Mezzadra Sandro Professore ordinario, Università di Bologna
Monaco Arturo Assegnista, Università di Roma La Sapienza
Nocera Lea Professoressa associata, Università di Napoli L’Orientale
Pagano Carla Ricercatrice, Università di Napoli L’Orientale
Peroni Caterina Ricercatrice, CNR IRPPS
Perugini Nicola Professore associato, Università di Edimburgo
Pezzani Lorenzo Professore associato, Università di Bologna
Pioppi Daniela Professoressa associata, Università di Napoli L’Orientale
Rivetti Paola Professoressa associata, Dublin City University
Salih Ruba Professoressa ordinaria, Università di Bologna
Serughetti Giorgia Professoressa associata, Università di Milano-Bicocca
Sibilio Simone Professore associato, Università Ca’ Foscari Venezia
Surian Alessio Professore associato, Università di Padova
Taliani Simona Professoressa associata, Università di Napoli L’Orientale
Tufaro Rossana Assegnista, Università di Roma La Sapienza

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Società, organizzazioni e associazioni accademiche e scientifiche
Società Italiana di Studi sul Medio Oriente (SeSaMO)
Società Italiana delle Storiche (SIS)
Antropologi per la Palestina
Standing Group Movimenti sociali e partecipazione della Società Italiana di Scienze Politiche (SISP)
Coordinamento Enti Pubblici di Ricerca per la Palestina (EPR4Palestine)

La definizione modello dell’apartheid «democratica»

Neve Gordon  13/12/2025

Palestina globale L’idea della cittadinanza diseguale è dietro l’adozione di molti paesi degli esempi di antisemitismo dell’Ihra. Il “popolo” come categoria esclusiva in Israele attrae la destra, da Le Pen a Meloni: impedire ai cittadini indesiderati di accedere ai diritti e continuare a essere considerate democrazie

Sotto certi aspetti, la definizione operativa di antisemitismo pubblicata dall’International holocaust remembrance alliance (Ihra) è un grande successo. A pochi anni dalla sua pubblicazione nel 2016, 45 governi l’hanno approvata, compresi gli Stati uniti e 25 dei 27 Stati membri dell’Ue. Negli Usa è stata adottata da 34 Stati tramite leggi o azioni esecutive; otto province canadesi su dieci hanno seguito l’esempio.

E poi 271 governi regionali, locali e municipali nel Regno unito, così come 123 negli Stati uniti, 55 in Argentina, 20 in Canada, 13 in Italia, nove in Germania, otto in Francia, cinque in Australia, tre ciascuno in Spagna e Venezuela e due ciascuno in Brasile e Polonia. In totale 514 enti governativi non federali (compresi organismi regionali, provinciali, statali, di contea e municipali) hanno adottato la definizione.

UN’ALTRA CATEGORIA chiave di adottanti è quella degli istituti di istruzione superiore: 345. Solo nel Regno unito tre quarti delle università. Inoltre una vasta gamma di istituzioni e organizzazioni internazionali, ong, club sportivi e società la stanno utilizzando come quadro di riferimento per identificare episodi di antisemitismo, mentre centinaia di organizzazioni della società civile vi ricorrono nei loro programmi di formazione e istruzione, nonché nelle loro iniziative di definizione delle politiche.

Un risultato notevole, soprattutto considerando che studiosi dell’Olocausto e dei genocidi, esperti del Medio oriente e avvocati di spicco hanno espresso dure critiche verso il tentativo di ampliare il significato tradizionale di antisemitismo. Storicamente l’antisemitismo è stato inteso come una serie di teorie cospirative ripugnanti sul controllo ebraico dei media, della finanza e dei governi, accuse di omicidio rituale, invettive negazioniste dell’Olocausto e caricature disumanizzanti degli ebrei.

Tuttavia, nell’Ihra, l’antisemitismo include anche qualsiasi forma di antisionismo, così come le critiche severe nei confronti di Israele. Molto è stato scritto sull’equivalenza che la definizione traccia tra odio verso gli ebrei e ostilità verso il sionismo (un’ideologia politica) e le politiche di Israele, con commentatori politici e studiosi che hanno espresso la loro opinione sulla validità della definizione e sul tipo di ramificazioni politiche che l’espansione del significato di antisemitismo ha sulla libertà di espressione, la libertà accademica e i diritti dei palestinesi. Eppure poco è stato detto sul motivo per cui la definizione dell’Ihra è stata ripresa dai leader politici di paesi come India, Ungheria, Stati uniti e ora Italia.

Una delle ragioni ha a che fare con il modo in cui la definizione promuove una nozione di democrazia compatibile con un regime di apartheid. L’«apartheid democratica» è un regime in cui la nozione di “popolo” non include tutti gli abitanti. Coloro che sono definiti come “popolo” godono dei diritti democratici fondamentali, come l’uguaglianza formale e la libertà. I cittadini e gli abitanti esclusi dal “popolo” possono invece essere classificati come “non-persone” e sono soggetti a una serie di leggi, politiche e/o pratiche che li discriminano e ne garantiscono il dominio.

LE GIUSTIFICAZIONI e i tipi di esclusione, così come i repertori di violenza, che vengono mobilitati per mantenere la sottomissione delle “non-persone” sono dinamici e spesso cambiano nel tempo. La loro manifestazione finale è l’eliminazione.

La definizione dell’Ihra lo fa attribuendo un diritto alla differenza non solo agli individui e ai gruppi, come spesso accade nelle diverse forme di politica identitaria, ma anche agli Stati e opera inquadrando coloro che differiscono dal gruppo dominante o dal “popolo” come una minaccia. Nel quadro dell’Ihra i progetti egualitari che superano le differenze e mirano ad ampliare il concetto di “popolo” per renderlo più inclusivo sono spesso considerati estremamente pericolosi.

L’idea elementare che Israele debba offrire la cittadinanza paritaria ai palestinesi è stata dipinta come la distruzione dello Stato e stigmatizzata come razzista e una forma di annientamento culturale e fisico, perché le richieste di cittadinanza paritaria che ignorano la razza, l’etnia, la religione, ecc. non rispettano la differenza ebraica e porteranno alla fine alla distruzione del “popolo”.

Questa «ansia annichilente», per usare l’espressione di Lara Sheehi, è parte integrante dell’immaginario sionista – che concepisce “il popolo” non solo come composto esclusivamente da ebrei, ma anche come eternamente vittima – ed è sempre stata una componente fondamentale dell’ethos israeliano.

L’ex giudice della Corte suprema israeliana Gabriel Bach, ad esempio, ha espresso l’ansia di Israele per gli incroci interetnici e culturali quando gli è stato chiesto di squalificare la Lista progressista per la pace, partito di sinistra composto da cittadini palestinesi ed ebrei che promuoveva la parità di cittadinanza tra ebrei e palestinesi in Israele e di ampliare il concetto di “popolo” e assegnare i diritti in base alla cittadinanza piuttosto che all’etnia o alla razza.

SECONDO BACH, la Lista progressista metteva in pericolo «l’integrità e l’esistenza dello Stato di Israele, nonché il mantenimento della sua unicità come Stato ebraico, in conformità con l’essenza fondamentale dello Stato espressa nella Dichiarazione di indipendenza e nella legge del Ritorno».

Questo sforzo di proteggere il “popolo” come categoria esclusiva è estremamente attraente per molti leader e movimenti politici di destra, da Le Pen in Francia a Modi in India e ora Giorgia Meloni in Italia. Fornisce loro un modello di come le “democrazie” possano introdurre meccanismi che impediscono ai cittadini indesiderati di accedere ai diritti e continuare a essere considerate democratiche.

La definizione dell’Ihra, ad esempio, sostiene che sia antisemita applicare «due pesi e due misure richiedendo (a Israele) un comportamento che non ci si aspetta né si esige da nessun’altra nazione democratica». Questo esempio riassume la rivendicazione di Israele non alla democrazia, ma alla democrazia ebraica, poiché l’accusa di antisemitismo può essere applicata solo se l’entità è percepita come ebraica. In altre parole, non si direbbe che sia antisemita applicare «due pesi e due misure richiedendo all’Italia un comportamento che non ci si aspetta né si esige da nessun’altra nazione democratica».

Definendo antisemita il fatto di richiedere a Israele un comportamento che non ci si aspetta né si esige da nessun’altra nazione democratica, l’Ihra afferma il carattere ebraico dello Stato senza menzionarlo. In questo modo afferma la differenza di Israele, che comporta la limitazione del “popolo” agli ebrei e il conferimento a loro di diritti e privilegi non concessi ad altri gruppi. Tuttavia, l’esempio richiede che Israele sia trattato come tutte le altre democrazie e in questo modo lo protegge dalle accuse di essere un regime di apartheid e/o uno Stato coloniale, definendo antisemita qualsiasi accusa di non democraticità nei confronti di Israele.

IHRA FINGE di difendere la democrazia, quando in realtà difende un’apartheid democratica. Molti politici di estrema destra trovano la definizione sia attraente che utile. Fornisce una road map per una concezione radicalmente nuova della democrazia, fondata sulla protezione e sul privilegio della differenza piuttosto che sulla nozione liberale di uguaglianza formale protetta dallo Stato di diritto.

Dopotutto la protezione della diversità comporta spesso l’attribuzione di maggiori diritti a un determinato gruppo, ma ora queste relazioni sociali inique possono essere presentate come democratiche e protette con il pretesto che qualsiasi critica a questo modello è razzista. L’ingegnosità di questo esempio dell’Ihra sta nel fatto che, mentre finge di difendere la democrazia – un regime codificato come buono nell’immaginario liberale – in realtà difende una forma di «apartheid democratica».

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