IL NUOVO MACCARTISMO DI TRUMP È ANCHE PEGGIO DELL’ORIGINALE da IL MANIFESTO
Il nuovo maccartismo di Trump è anche peggio dell’originale
Trump power La violenza politica negli Usa è ben documentata ed è leggibile. La responsabilità di gran lunga maggiore è della destra suprematista e razzista
Francesco Strazzari 15/10/2025
Trump valuta il ricorso all’Insurrection Act per dispiegare l’esercito nelle città americane, mentre per JD Vance Chicago ha ormai un tasso di omicidi paragonabile a quello delle peggiori città del terzo mondo. In realtà, negli ultimi due anni il tasso di criminalità violenta è diminuito.
È diminuito a ritmi senza precedenti nelle più grandi città americane, compresa Chicago. Le prime quattro città col più alto tasso di omicidi sono tutte in stati in mano ai repubblicani.
Un mese dopo l’assassinio di Charlie Kirk non esistono prove che organizzazioni della «sinistra radicale» siano coinvolte. Giorni fa la titolare degli Interni Usa, Kristi Noem, ha paragonato Antifa a Hamas, Hezbollah e Isis. Basato su una palese torsione narrativa e su un silenzio intimidito e compiacente, l’ordine esecutivo che designa Antifa come organizzazione terroristica è un atto politico con implicazioni la cui vastità e profondità vanno comprese a fondo.
Anche in Italia e in Europa. Il governo di Orban ha annunciato provvedimenti contro Antifa, mentre al parlamento olandese e a quello europeo si sono affacciate mozioni sanzionatorie. Negli Usa sono nate campagne di ostracismo, indagini sotto copertura e sanzioni nel mondo accademico, nonché un più ampio attacco a chi monitora l’estremismo violento. Dopo essere stato graziato da Trump, il leader dei Proud Boys, condannato per l’assalto a Capitol Hill, ha chiesto pubblicamente: «Chi è pronto per andare a caccia di Antifa? Ne conosco un paio». Se non bastasse, Trump ha firmato un memorandum di sicurezza con il quale si mettono nel mirino gruppi o individui che «fomentano la violenza politica» anche prima che questa si manifesti.
IL DIBATTITO sulla violenza nei media raggiunge spesso vette caricaturali, tipicamente al traino di polemiche domestiche. In materia di policy making per titolazioni sensazionalistiche, l’Italia non ha nulla da imparare. Siamo arrivati a non sorprenderci del fatto che in un dibattito sulla violenza politica negli Usa i media non riportino alcun dato o alcuna ricerca. Per esempio, di quale processo di radicalizzazione stiamo parlando? Nel caso di Kirk, la stampa di destra ha volato all’altezza di Bella-ciao-la-canzone-che-uccide, frugando in cerca della «compagna di stanza trans». Nei circoli della destra religiosa americana, infatti, si è insistito su un presunto protagonismo violento transgender. Si tratta ancora di un dato campato per aria: dal 2018, su 4.193 casi di sparatorie, se ne contano quattro con protagonista una persona transgender.
LA VIOLENZA POLITICA negli Usa non manca di griglie interpretative accessibili. Dai dati dei centri di ricerca più accreditati (Csis, Start) emerge inequivocabilmente come l’estremismo di destra sia fortemente preponderante. Analizzando 18 diversi dataset e distinguendo il terrorismo dal semplice hate crime, Alex Nowrasteh ha concluso che, dal gennaio 1975 ad oggi, negli Usa sono state uccise 3.597 persone in attentati terroristici (lo 0,35% di tutti gli omicidi registrati). Di questi, solo 79 (ovvero il 2%) sono avvenuti negli ultimi 5 anni (lo 0,07% di tutti gli omicidi). Tolto il jihadismo del 9/11, il terrorismo di destra (motivato da ideologie suprematiste bianche, convinzioni antiabortiste, incel e simili) è la prima matrice ideologica per rilevanza, con 391 omicidi (11% del totale). Il terrorismo di sinistra – nazionalismo nero, «sentimento anti-polizia», animalismo, ambientalismo, ecc. – ha causato 65 morti, circa il 2% del totale.
Davanti a questi dati, ben prima dell’omicidio Kirk il Dipartimento della Sicurezza Interna concludeva che gli individui violenti motivati razzialmente/etnicamente, in particolare i suprematisti bianchi, rappresentano la minaccia interna più persistente e letale. Lo stesso Homeland Threat Assessment 2025 continua a individuare il principale vettore di rischio in un profilo storicamente prevalente nell’area dell’estrema destra: individui isolati e piccoli nuclei. È quanto si potrebbe dire di Thomas Jacob Sandford, l’ex marine che giorni fa ha ucciso quattro mormoni nella chiesa di Grand Blanc, nel Michigan: un serie di indicazioni, fra cui una foto in cui indossa una maglietta pro-Trump, lo collocherebbero vicino alla destra conservatrice. Insomma, persino il conservatore Cato Institute ha dovuto titolare «Trump chiede un crackdown sulla sinistra radicale, ma la maggior parte della violenza viene da destra».
A METÀ SETTEMBRE l’amministrazione Trump ha cancellato uno studio del National Institute of Justice che mostrava come i terroristi interni siano spesso di destra. Piano piano, i media hanno iniziato a piegarsi alla narrazione della Casa Bianca. L’influente Axios, per esempio, ha recentemente titolato: «Il terrorismo di sinistra raggiunge il suo punto più alto negli ultimi 30 anni», il tutto con tanto di grafici fuorvianti e omissione di come, a fronte di 112 morti imputabili alla destra nell’ultimo decennio, quelli ascrivibili all’estrema sinistra siano 13. Intanto Trump sostiene di avere il potere di dichiarare guerra segretamente a chiunque consideri un nemico, aggiungendo che gli Usa sono in uno stato di «conflitto armato non internazionale» e che, per esempio, le persone eliminate dal Dipartimento di Guerra nel mare dei Caraibi sono «combattenti illegali». Nel solo 2025 ha proceduto a ben 18 designazioni di «organizzazione terroristica», a fronte di una media di due negli anni precedenti.
Di fronte alla nebulosa e fantasmatica figura del nemico negli Stati uniti di oggi, nel pieno di una crisi costituzionale e degli attacchi su università e città, è difficile non concordare con quanto scrive Sylvie Laurent su Le Monde: il maccartismo fu una versione minore di ciò che sta accadendo oggi. Se c’è una illusione che i liberali riproducono, è ritenere che la destra vada a caccia di chimere. La nostra capacità di raccogliere e discutere pubblicamente i dati sulla violenza (tutti i dati, inclusi quelli che riguardano l’antisemitismo) deve essere difesa. Di mezzo ci vanno i ricercatori, gli attivisti e la democrazia stessa.
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