ORA I BIG DEL MONDO SI PARLANO: DIETRO LA TELEFONATA TRUMP-PUTIN da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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ORA I BIG DEL MONDO SI PARLANO: DIETRO LA TELEFONATA TRUMP-PUTIN da IL FATTO

Ora i big del mondo si parlano: dietro la telefonata Trump-Putin

 Fabio Mini  7 Luglio 2025

Guerra mondiale a pezzi. Insignificanti. All’ombra di Usa, Russia e Cina, Macron e soci non contano nulla

Ormai i massimi leader del mondo si parlano. Ed è già un grande passo avanti dai tempi di Biden quando si sentivano solo i suoi disarticolati insulti. I leader europei, si fa per dire, sono invece rimasti a quel tempo e straparlano cercando d’imbucarsi in colloqui dai quali sono sistematicamente esclusi. Sarà un modo per farsi notare, ma accarezzare il ridicolo per avere visibilità non giova alla loro credibilità internazionale e interna. E infatti i leader di Francia, Gran Bretagna e Germania e i grand commis della Nato e dell’Ue finiscono per rimbalzare sul piano internazionale tutte le loro deficienze.

I tre grandi, invece, si parlano e fortunatamente non sempre riferiscono ciò che si sono detti, risparmiandoci così ulteriori preoccupazioni. Xi Jinping è una sfinge che si limita a laconiche dichiarazioni di principio che però bastano a Trump per considerarlo “very tough”, un osso molto duro. Trump stesso comunica all’esterno ciò che gli fa comodo affidandosi al proprio social Truth (“Verità”) piuttosto che ai resoconti ufficiali. Peccato che il termine “Verità” si sia talmente deteriorato da essere ritenuto ormai sinonimo del contrario. Specialmente in guerra. Putin parla con entrambi e talvolta affida ai suoi assistenti il compito di sintetizzare le conversazioni in resoconti divulgabili. Da questi traspare sempre l’affabilità, il savoir faire, la franchezza, la concretezza degli affari e la sostanziale identità di vedute sui problemi del mondo, a meno di sfumature o nuances, per dirla alla francese, antica lingua diplomatica da sempre preferita dai russi.

Sull’ultima telefonata fra Trump e Putin del 4 luglio, quella che l’americano ha definito deludente, il resoconto del Cremlino riporta toni e contenuti e finalmente anche le sfumature. Innanzitutto è stato Trump a chiamare Putin apparentemente per dirgli che la sua proposta di legge sui provvedimenti di politica interna era stata approvata dal Congresso. Cosa gliene fregasse a Putin della legge rimane un mistero, ma Trump ci teneva a far sapere che ha i numeri e il potere per fare ciò che vuole. Putin coglie la sfumatura e si congratula con lui. Già che c’è si congratula con Trump e il popolo americano per l’anniversario dell’indipendenza evidenziando le piccole sfumature del secolare ruolo avuto dalla Russia nella formazione della Nazione statunitense: il supporto durante la guerra d’indipendenza di 250 anni or sono, quello durante la guerra civile di 160 anni fa, quando la Russia schierò la propria forza navale a sostegno dell’Unione, e la comune partecipazione a Prima e Seconda guerra mondiale. Piccole sfumature che possono contribuire a rinfrescare la memoria di quanti in Occidente fingono di non sapere.

Significativa anche la proposta di festival cinematografici incrociati su storia, costumi e cultura dei due paesi entusiasticamente accolta da Trump: un non proprio criptico invito a non limitarsi alle rispettive propagande che attraverso il cinema hanno negato la storia degli altri. Ed anche uno sfumato riferimento al ruolo del cinema americano nel riscrivere per il popolo mondiale dei vincitori e dei vinti la storia dei conflitti e delle avventure militari statunitensi dell’ultimo secolo, per la precisione dal film muto del 1918 di David W, Griffith. I due leader hanno scambiato le proprie osservazioni su Iran e Siria con il comune intento di appianare le divergenze con mezzi politici e diplomatici e quindi mantenere aperti i canali tra i rispettivi ministeri degli esteri e della difesa.

Le sfumature sono tuttavia diventate più evidenti. La Russia concorda sul fatto che l’Iran non debba avere la capacità nucleare ma non accetta e non giustifica gli attacchi militari: la sfumatura di tale censura è rivolta indirettamente anche ad Israele. La Siria deve fare il suo percorso, ma per adesso le basi russe non si toccano. Dopo questo giro di convenevoli e giochi di parole Trump arriva al punto vero della telefonata: Ucraina. Forte del fatto di avere sospeso le forniture di alcuni armamenti a Kiev, chiede a Putin di accettare un cessate il fuoco; la minaccia di riprenderle e anzi aumentarle è implicita e non è una sfumatura. Putin risponde garbatamente di no. A sostegno elenca le sfumature che riguardano la sua posizione peraltro ripetute fino alla noia dall’inizio del conflitto. “La Russia cerca una soluzione negoziata. Lo dimostrano gli accordi umanitari stabiliti con l’Ucraina nel corso dei negoziati Istanbul2. La Russia vuole raggiungere lo scopo di eliminare le cause profonde della crisi e della guerra e per questo è fondamentale che cessino tutte le forniture militari all’Ucraina”. In caso contrario la guerra continuerà, come di fatto sta avvenendo su Kiev nella forma più violenta e devastante. Altra sfumatura: Trump e Putin concordano sull’interesse comune nel portare avanti i “promettenti progetti in campo economico, energetico e nell’esplorazione spaziale”. Il che significa che l’Ucraina non deve costituire un ostacolo alla cooperazione bilaterale che “spazia” ben al di là delle mire di Kiev. Il resoconto di Mosca non fa cenno alla questione di Gaza, che entrambi considerano o troppo imbarazzante o, peggio, insignificante. Due posizioni con le quali dovranno prima o poi fare i conti. Infine, una notazione sull’Europa. Macron aveva voluto precedere Trump nel chiamare Putin con l’evidente intento/sfumatura di reclamare un merito nell’eventuale accordo tra i due. Il resoconto del colloquio tra Putin e Trump ha ignorato Macron e l’intera Europa ma il messaggio di non interferire nelle relazioni tra i Grandi non è una sfumatura. È un monito che entrambi rivolgono al resto del mondo e, in particolare, ai presunti volenterosi para bellici.

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