IMPERO. PALESTINA REAL ESTATE, LA PAX MAFIOSA CHE PIACE A TUTTI GLI AZIONISTI da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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IMPERO. PALESTINA REAL ESTATE, LA PAX MAFIOSA CHE PIACE A TUTTI GLI AZIONISTI da IL FATTO

Impero. Palestina Real Estate, la pax mafiosa che piace a tutti gli azionisti

Alessandro Robecchi  15 Ottobre 2025

In attesa di capire se e come funzionerà la “pace” trumpiana in Medio Oriente, urge qualche notazione a margine alla “giornata storica” di lunedì, cioè il giorno in cui l’Imperatore è volato nel suo avamposto mediorientale per premiare l’alleato che ha vinto, grazie ai suoi soldi e alle sue armi, come ha fatto puntualmente notare. Una cerimonia, anzi due: il discorso alla Knesset e la passerella di Sharm, che riportano ai fasti colonialisti ottocenteschi, con lunghi strascichi nel Novecento. Al momento, Gaza, distrutta e smembrata, fatta a pezzi e annichilita con il mondo che ha guardato indifferente lo spettacolo del genocidio, è un piccolo territorio sul modello dei Bantustan sudafricani (in attesa di rimpicciolirsi ancora e somigliare alle riserve dei nativi americani). Era grande come mezza Roma, ora l’invasore israeliano controlla militarmente il 58 per cento del territorio, che rimane circondato e sorvegliato a vista: il più grande campo di concentramento del mondo rimane il più grande campo di concentramento del mondo, anche se è esteso la metà, lo governeranno le potenze coloniali occidentali che ci faranno molti soldi, i suoi abitanti non avranno né diritti né sovranità. I palestinesi (citati solo en passant da Trump in un’ora di discorso, come una seccatura) potranno ambire a fare i camerieri nella loro terra, magari nei casinò che sogna Donald, dove il croupier sarà Tony Blair e il jackpot sarà l’immenso giacimento di gas al largo di Gaza: bottino di guerra. Nemmeno una parola sulla Cisgiordania, che sarà il prossimo boccone.

L’Impero è l’Impero, d’accordo, si sapeva, eppure c’è qualcosa di inedito, e di antichissimo, nel nuovo imperialismo trumpiano, un’impronta personalistica che rende ancor più grottesca e fuori tempo la vecchia voracità coloniale. Eravamo abituati a conquiste più soft, travestite da accordi sovranazionali, da lunghe discussioni bi e trilaterali (sempre tra vincitori, ovvio, ma…). Ora no: arriva l’Imperatore, detta la sua legge e quello si fa.

Il discorso alla Knesset ha chiarito anche ai ciechi la nuova modalità dell’ordine mondiale. Trump è andato dai vincitori a dire che hanno vinto, bravi, con i suoi soldi e le sue armi (ha anche detto che le hanno “usate bene”, cioè sterminando la popolazione civile), ma non solo. È andato nel Parlamento di uno Stato sovrano a dettare la linea politica: il leader dell’opposizione è “una brava persona”, il capo del governo è una specie di santo condottiero e il presidente deve dargli la grazia (ci sarebbe il dettaglio che la grazia si dà ai condannati, non agli imputati). Traduco: l’Imperatore chiede che i processi per corruzione a Netanyahu vengano serenamente dimenticati. Non servono dietrologie e analisi, il virgolettato è lampante. Dice Trump rivolto a Netanyahu: “Lei è un uomo molto popolare, e sa perché? Perché sa vincere”. Ecco fatto, faccenda chiusa, l’Imperatore ha fatto notare che i 66 miliardi in armi donati alla causa gli danno pieno diritto di decidere sulla politica interna di Israele, i cui rappresentanti (tutti tranne due, subito espulsi) hanno applaudito freneticamente la cessione di sovranità e baciato la pantofola, grati per la vittoria che lui ha garantito. L’intendenza segue. Più o meno patetici, altri sudditi si aggregano al carro, sperando in qualche affare (dice Tajani che siamo bravi a ricostruire, i nostri terremoti lo smentirebbero), e la questione palestinese diventa una faccenda immobiliare, economica, energetica: una pax mafiosa, che piace a tutti.

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