“È IN CORSO UNA STRATEGIA DI DELEGITTIMAZIONE CHE MINA L’ORDINE INTERNAZIONALE” da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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“È IN CORSO UNA STRATEGIA DI DELEGITTIMAZIONE CHE MINA L’ORDINE INTERNAZIONALE” da IL MANIFESTO

« È in corso una strategia di delegittimazione che mina l’ordine internazionale»

Caso Elmasry Omer Shatz, l’avvocato dell’associazione per i diritti umani Front-lex che ha denunciato Meloni, Nordio e Piantedosi

Massimiliano Sfregola  08/02/2025

Per l’avvocato franco-israeliano Omer Shatz, le istituzioni giudiziarie internazionali sono una cosa tremendamente seria: «La carta fondamentale della Corte dell’Aja si chiama Statuto di Roma. Ed è proprio il governo italiano a dichiarare ‘non ci importa del Tribunale’», spiega concitato al telefono.

Shatz, docente a Sciences Po, istituto di studi politici di Parigi, è fondatore di Front-Lex, l’associazione di avvocati per i diritti umani che il 5 febbraio ha depositato presso la Cancelleria della Cpi una denuncia contro l’Italia, l’ultimo provvedimento in una serie di atti nell’ambito delle inchieste sulla Libia seguite dall’istituzione.

«Carlo Nordio era consapevole di essere l’unico rappresentante italiano in grado di interfacciarsi con la Corte, e i giudici hanno riposto fiducia negli impegni assunti dall’Italia», continua Shatz. «A quanto pare, però, si sono sbagliati».

Il documento, corredato da una lettera inviata al Tribunale da un rifugiato del Darfur, che lo studio dell’avvocato aveva rappresentato in altre cause contro Italia e Ue, evidenzia come il caso Elmasry costituisca solo l’ultimo tassello nel raccapricciante mosaico dell’inferno libico.

Nella denuncia depositata all’Aja, avvocato Shatz, lei cita i nomi dei rappresentanti del governo italiano, tra cui Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. Da dove nasce questa denuncia?
Il governo italiano ha agito come un trafficante, orchestrando la fuga del sospettato Elmasry. La versione fornita dai ministri Nordio e Piantedosi alla stampa e in Parlamento presenta una serie di contraddizioni incredibili, sia per quanto riguarda le dinamiche sia per le tempistiche.
Sulla base dell’art. 70 dello Statuto di Roma, che sanziona l’intralcio alla giustizia internazionale, riteniamo che il governo italiano abbia commesso almeno cinque crimini.

Per quale ragione, secondo lei, l’Italia ha accettato di correre un rischio così elevato, lasciando fuggire Elmasry?
Il governo italiano collabora attivamente con esponenti libici che potrebbero finire incriminati, come gli elementi della Guardia costiera libica che hanno prima respinto il nostro assistito del Darfur e successivamente lo hanno imbarcato in direzione dell’Italia. Sebbene Elmasry sia un pesce relativamente piccolo, di fronte al pubblico ministero della Cpi avrebbe potuto essere esposto nel dettaglio anche il sistema di relazioni con l’Italia e il meccanismo di respingimento dei migranti.

Va detto, tuttavia, che il Tribunale ha un passato costellato di atti ignorati o disattesi, perché deve fare affidamento sui sistemi giudiziari nazionali, i quali spesso antepongono la politica al diritto. Qual è la sua opinione in merito?
A dire il vero, dalla sua istituzione, le sentenze della Corte dell’Aja sono state una manciata e i condannati sono figure di scarso rilievo a livello globale. Tuttavia, con l’incriminazione dei vertici israeliani, sembra che la Cpi punti più in alto, motivo per cui questo caso non può rimanere impunito. Ne va della stessa missione della Corte: per i Paesi che guardano con sospetto al Tribunale penale, questo rappresenta un pericoloso precedente. Se l’Italia, storicamente tra i maggiori sostenitori della Cpi, ne ignora un provvedimento, allora tutti si sentiranno autorizzati a fare altrettanto.

Qual è il suo parere sulle sanzioni imposte da Trump e sulla dichiarata guerra contro la Corte da parte di Israele?
Fanno parte di una più ampia strategia di delegittimazione, volta a minare l’ordine internazionale istituito dopo la Seconda Guerra Mondiale. In questo contesto, la Cpi rappresenta l’incarnazione del principio di protezione universale dei diritti umani, indipendente dalle politiche nazionali, sviluppato negli ultimi decenni.

Donald Trump, il monarca repubblicano

Stati Uniti Secondo il Guardian più che il famigerato ‘Progetto 25’ dell’estrema destra repubblicana, a legittimare il suo fare è la libertà di agire già goduta da Bush, Clinton e Biden. Il solo punto non ancora chiaro riguarda le sue intenzioni nei confronti dell’avversario Cina. Né c’è un suo decreto sulla diffusione interna quanto micidiale delle armi

Rita di Leo  08/02/2025

Donald Trump ha ripreso possesso della Casa Bianca e con la spinta di Elon Musk sta ridisegnando il rapporto degli Stati uniti d’America con il resto del mondo. Come?

Delle sue posizioni in economia siamo quotidianamente informati, ma che cosa ha in testa davvero questo personaggio che troppo spesso confiniamo nelle sue origini di “immobiliarista”?

Secondo il Guardian del 5 febbraio – più che il famigerato ‘Progetto 25’ dell’estrema destra repubblicana – a legittimare il suo fare è la libertà di agire già goduta dai precedenti inquilini della Casa Bianca, Bush e Clinton e Biden.

LA DIFFERENZA sta nella forma, dove in essi prevaleva un’accorta ipocrisia politico-istituzionale, in Trump c’è l’aperta intenzione di far sapere al mondo che sta sovvertendo l’ordine costituzionale del suo paese per decreto. Le motivazioni, all’origine della valanga di decreti, sembrano nascere sia dal realizzare le vendette minacciate in campagna elettorale e sia dal mettere fine alle istituzioni federali autonome. “Le vendette” riguardano i licenziamenti dei procuratori federali ostili, del personale Fbi di alto livello, del management della Federal Aviation Administration, l’abolizione delle scorte ad alti funzionari considerati infidi.

La “de-federalizzazione” colpisce il Dipartimento del Tesoro i cui fondi saranno privatizzati, la Social Security e il Dipartimento delle risorse umane. È già operante la chiusura del Us.Aid nei paesi privi di strutture sanitarie. Infine nei siti Web, risalta la rimozione di critiche alle iniziative del governo.

A leggere i decreti, uno per uno e a valutarli, essi non sono che la prova del potere di un monarca del diciottesimo secolo e a conferma vi è il suo appellarsi ad una legge del 1798 Alien Enemy Act. (con cui vennero deportati civili giapponesi e italiani durante la seconda guerra mondiale) per far paura a messicani e venezuelani. Un monarca in America?

E QUALE SARÀ la sua strategia dopo aver predisposto il controllo del suo paese, che cosa devono temere il Messico, il Canada, e Panama? E la Groenlandia? E Gaza, immaginata come la Costa Azzurra ma senza i palestinesi? C’è poi la sua promessa di metter fine al conflitto in Ucraina, sulla quale stanno venendo allo scoperto novità, quasi esilaranti. Zelensky offre uno scambio: da una parte le terre rare ucraine e dall’altra il sostegno militare. E l’affare sembra ottimo. Vero è che al momento i russi stanno occupando parte del territorio dove si trova la merce di scambio ma se l’affare va a buon fine, arriveranno finalmente le armi americane al livello di quelle russe. E il conflitto potrebbe avere un percorso a favore di Kiev.

IL SOLO PUNTO non ancora chiaro riguarda le intenzioni del monarca repubblicano nei confronti dell’avversario Cina, lo Stato con il partito comunista al governo, con un’economia all’avanguardia (come ha appena dimostrato persino nel settore bigh tech) con il nazionalismo dei cinesi, tornati all’onore del mondo. La Cina che tratta la Russia come semplice alleato cui dare – e non più come nel lontano passato sovietico, cui chiedere. La Cina che guarda alla perduta egemonia europea e alle misere beghe attuali interne all’Unione europea, con gran disprezzo e intanto penetra nelle ex colonie europee con il proposito di applicarvi con il medesimo successo le misure adottate per trasformare le sue campagne, i suoi villaggi. Per dare al mondo un’altra prova del suo saper fare. Ma che fare con Trump e Musk che prima di pensare, urlano minacce e vendette? Alla Cina appaiono barbari come all’epoca di Confucio consideravano i bianchi, ma intanto valutano il presente. Nei decenni della guerra fredda, l’America si è dotata di un apparato militare che è il maggiore esistente, con basi installate un po’ dovunque, e di conseguenza si considera inattaccabile.

Nella realtà dopo il 1945, ha perso tutte le guerre in cui si è lanciata, ma le armi le ha e le ama e ne fa un uso domestico, in famiglia, nelle scuole, nei luoghi pubblici.

Il monarca repubblicano non ha emesso alcun ordine esecutivo al riguardo: i suoi elettori non capirebbero una tale mossa, propria alla natura del paese di cui il loro sovrano ben sa e da cui deriva un solido legame. Un legame su cui Musk e l’universo dei big tech contano per le proprie strategie. Con il Trump.2 sono di casa alla Casa Bianca: la plebe che lo ha eletto, e per l’appunto i protagonisti delle tecnologie informatiche, dell’intelligenza artificiale, delle sperimentazioni nello spazio.

A RISCHIO DI sparire è l’intelaiatura costituzionale del paese America, a favore delle privatizzazioni e in economia del protezionismo. C’è poi l’ultima provocazione ed è l’intenzione di abolire le Nazioni unite. Tale è l’epoca in cui viviamo dal 20 Gennaio 2025.

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