IL RELATIVISMO DEI “BUONI” PROPALA BUGIE DI GUERRA da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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IL RELATIVISMO DEI “BUONI” PROPALA BUGIE DI GUERRA da IL FATTO

Il relativismo dei “buoni” propala bugie di guerra

Elena Basile  19 Novembre 2025

Viviamo in un’epoca di totale relativismo. Il pluralismo democratico significa avere accesso a diverse opinioni e visioni del mondo, ma non cancella la possibilità di una ricostruzione storica fattuale degli eventi. Oggi invece non esiste alcun tentativo di appurare quali siano le notizie oggettive, di dirimere la propaganda dal giornalismo serio. Vivono quindi al fianco l’una dell’altra bolle di informazione differente senza che vi sia alcuna comunicazione possibile.

Le ricostruzioni di quanto avvenuto nei rapporti tra Usa e Ucraina a partire dal 1997 (di cui ancora il 12 novembre su questa testata Jeffrey Sachs ha offerto un’ottima sintesi), sono bollate dalla stampa mainstream, da una certa diplomazia e accademia, come propaganda filoputiniana senza tuttavia contestare i singoli fatti citati e fornirne di nuovi. Finché ciò avviene dalla parte di eccentrici politici che si fanno i tatuaggi del tridente ucraino sul polso, passi. Il problema è rappresentato da quella grande parte di diplomazia e accademia, intervistata abbondantemente dalle tv mainstream, che in fondo afferma tesi altrettanto propagandistiche senza tuttavia portare un solo fatto o prova al riguardo.

L’esasperato soggettivismo permette si diano per vere panzane come la decapitazione dei neonati israeliani da parte di Hamas e storici e intellettuali non provano alcuna vergogna di aver contribuito alla diffusione di una propaganda indecente. A Bruxelles nessuno mette in dubbio che la Russia stia intimidendo l’Ue con droni e sconfinamenti di aerei negli spazi della Nato. I socialisti europei e i popolari contribuiscono a spaventare la società civile senza fornire prove, senza inchieste giornalistiche a supporto. La notizia riportata dal Fatto relativa all’ennesimo false flag attack denunciato dal Cremlino non viene smentita, è semplicemente ignorata. Eppure se fosse vera sarebbe terribilmente inquietante e illuminante. La Tass afferma che i servizi russi hanno sventato un’operazione dei servizi britannici e ucraini intesa a utilizzare un Mig31 russo equipaggiato con un missile Kinzhal, per destinarlo contro la base della Nato in Romania. La notizia non è riportata neanche dal manifesto, un giornale che un tempo rappresentava una cultura ben radicata nella sinistra. Credo che la società civile europea abbia il diritto di conoscere la verità. Si tratta di propaganda russa oppure veramente i servizi segreti europei e ucraini stanno preparando il casus belli?

Non sembra tuttavia che l’opinione pubblica sia interessata a comprendere se l’atroce destino di un conflitto con una potenza nucleare, la Russia, sia architettato a beneficio di pochi e a danno dei tanti, da élite senza scrupolo. Del resto sul versante mediorientale, malgrado la stampa mainstream, dopo 50.000 morti, abbia finalmente denunciato la criminale azione israeliana, esistono ancora giornali e politici in grado di affermare che la maggiore responsabilità per la carneficina dei palestinesi risiede in Hamas. Dal cessate il fuoco a oggi, 250 e più gazawi sono stati uccisi dall’Idf. Sarà propaganda di Hamas? I 70.000 morti sono una cifra credibile? L’esercito israeliano è costretto a seminare vittime perché minacciato dai guerriglieri di Hamas? Vaghiamo nella nebbia. La società civile è libera di scegliersi la sua bolla e se legge Repubblica o Il Foglio si darà un certo tipo di risposte consolanti che salvano il mito dell’unica democrazia occidentale e dell’Occidente democratico in suo soccorso. E che dire del Venezuela? C’è stato un tentativo di colpo di Stato americano nel 2002 contro Chávez al quale ha partecipato il premio Nobel per la pace Corinne Machado? È vero che la signora abbia richiesto l’intervento di Trump contro Maduro? È normale che un premio Nobel tradisca la propria Patria richiedendo un rovesciamento di regime? Chi stabilisce se Maduro è stato eletto regolarmente o meno? Domande che sembrano non importanti per il giornalismo democratico. Sul Corriere l’intervista a Lavrov viene tagliata e alle proteste di quest’ultimo si risponde con candore che si tratta di propaganda russa. Tacciare le posizioni contrarie ai nostri interessi come propaganda, secondo parametri democratici, significa esercitare la censura. La Schlein non è d’accordo? La guerra russo-ucraina, si afferma, non può avere soluzione diplomatica. Neanche si rendono conto, analisti e politici, di quanto siano blasfemi rispetto al diritto internazionale che ha come principio basilare il ripudio del conflitto armato come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Nell’epoca della post-verità trionfa il soggettivismo. Il nazismo fu in qualche modo una deriva di esso, con tinte irrazionalistiche, nazionalistiche, razziali, contro la razionalità illuministica determinata a scoprire l’oggettività dei fatti.

Conflitti globali. Se uniamo i puntini troviamo un disegno di barbarie

Alessandro Robecchi  19 Novembre 2025

Unire i puntini sta diventando un gioco pericoloso, anche perché i puntini, a seguire le cronache, riguardano soprattutto morte e distruzione. Basta leggere le prime pagine: Zelensky si fa gentilmente consegnare da Macron cento aerei da caccia Rafale, più droni, missili e altro, tra gli applausi della sinistra liberal-militare europea (italiana in particolare, gente a cui non prestereste la macchina per manifesta stupidità) che si rammarica di non dargliene di più. La Gran Bretagna annuncia che la sua mega-portaerei HMS Prince of Wales è finalmente operativa e pronta alla guerra (stavamo in ansia). La premier giapponese Takaichi dice che è un po’ stufa della Costituzione pacifista che prevede il principio di “non introduzione” di armi nucleari sul suo territorio, vorrebbe qualche bombetta anche lei, insomma, e come negarglielo visto che ad oggi sono gli unici ad averne ricevute due (americane) in testa.

Trump dice che in qualche modo ricomincerà a fare esperimenti nucleari perché non è bello stare con le mani in mano. Putin annuncia siluri pazzeschi e sottomarini in grado di lanciarli ovunque. Metteteci il famoso Sudan, una carneficina che prosegue da anni, diventata ultimamente famosa perché i negazionisti del genocidio palestinese ne hanno fatto un grande uso dialettico: e il Sudan allora? Perché non fate una flottiglia che va in Sudan? Eh? Astuti come faine: pur di difendere e negare un genocidio a opera dei loro amici israeliani (una lobby che paga bene) è andata in onda la grande riscoperta del Sudan. Eh, già il Sudan, dove sono all’opera milizie armate e sostenute dagli Emirati Arabi a cui – sia detto en passant – vendiamo parecchie armi (è il settimo Paese sulla lista delle nostre autorizzazioni alle esportazioni di armamenti). Dunque diciamo che facciamo il nostro anche in Sudan, come del resto facciamo il nostro anche in Yemen, dove c’è una notevole emergenza umanitaria a causa di massicci bombardamenti dell’Arabia Saudita a cui… indovinato, vendiamo il nostro prestigioso made in Italy esplosivo.

Dunque non c’è angolo di mondo in cui non si faccia, o non si prepari, o non si auspichi più guerra, non meno guerra; più morti, non meno morti. Il tutto mentre il ministro della Difesa italiano – quello che fino a tre anni fa lavorava per i produttori di armi, cioè le vendeva, invece ora le compra – continua a dirci che serve prepararci alla guerra perché saremo invasi, la Germania rispolvera la leva (semi) obbligatoria e tutti insieme – tutti – si dilettano nel malmenare, perseguire e censurare i pacifisti (filo-Hamas, filo-russi, filo-cinesi, scegliete voi).

In tutto questo, siccome la neolingua non è un’invenzione di Orwell, si usa chiamare “pace” la prosecuzione della guerra. Israele continua, in modalità basso volume, il suo genocidio in Palestina, costruisce muri in Libano che sottraggono territorio ai libanesi, e spara ai soldati Onu che osano denunciarlo. Intanto perfeziona il suo apartheid (pena di morte, ma solo per i palestinesi) e migliora il suo Reich “democratico” votando leggi che permettono di silenziare media stranieri, social e comunicazioni elettroniche, dopo aver assassinato quasi 300 giornalisti a Gaza. E, ovviamente, continua a proteggere con il suo esercito genocida i terroristi in Cisgiordania, amabilmente chiamati “coloni”. Questo è lo stato delle cose, qui, oggi, e non c’è molto da aggiungere, se non – forse – il vecchio detto “socialismo o barbarie” dove il socialismo non è mai pervenuto e resta invece parecchia barbarie. Una prece.

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