GIUSTIZIA: IL NO PUÒ VINCERE SE SPIEGA I DANNI AI CITTADINI da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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GIUSTIZIA: IL NO PUÒ VINCERE SE SPIEGA I DANNI AI CITTADINI da IL FATTO

Giustizia: il no può vincere se spiega i danni ai cittadini

SIMONA RUFFINO  15 Novembre 2025

Tra qualche mese saremo chiamati alle urne per rispondere al quesito referendario sulla separazione delle carriere della magistratura. È già arrivata l’invasione dei barbari, Meloni&C. hanno già iniziato la loro campagna di persuasione sciorinando tutte le colpe dei magistrati cattivi che interferiscono sulle decisioni della classe politica. Una campagna referendaria che, come al solito, vede la destra manipolare i dati, attribuire nomi indebiti e avere come unico obiettivo quello di portare l’acqua al suo mulino.

La sinistra al momento ancora non batte chiodo, pensando che questo sia un punto in agenda da trattare dopo il Santo Natale. Pace e bene. L’unico che va in tv a spiegare come stanno le cose è Gratteri, che ha il dono del “pane al pane e vino al vino” e che ci ricorda una cosa importante: nonostante il governo abbia deciso di intitolare questo referendum “Riforma della giustizia e separazione delle carriere” non c’è ombra di un provvedimento utile a stringere i tempi indecorosamente lunghi dei processi, niente che possa efficientare il lavoro delle cancellerie sepolte sotto tonnellate di carte, nessuno stanziamento per la modernizzazione e lo snellimento del lavoro nei tribunali. Insomma, niente di ciò che ogni cittadino auspicherebbe, oltre alla comprensibile speranza di non avere mai a che fare con un procedimento giudiziario. 
 Ma le neuroscienze ci insegnano che il nome che diamo alle cose costruisce la percezione delle cose stesse, Meloni questo lo sa e fa sfoggio della sua eccellenza nell’arte della retorica e della comunicazione persuasiva declinata nelle peggiori intenzioni. Intenzioni che non sono nemmeno tanto velate date le dichiarazioni del ministro della Giustizia Nordio che, in un’intervista al Corriere della Sera ha detto: “Mi stupisce che una persona intelligente come Elly Schlein non capisca che questa riforma gioverebbe anche a loro, nel momento in cui andassero al governo”. 
Ma ci sono delle cose, rispetto a questo referendum, che vanno dette con chiarezza e determinazione. Per prima cosa siamo al cospetto di un referendum confermativo, senza quorum. Chi decide? Chi vota. Il cervello ha bisogno di sapere da subito in che partita sta giocando: “Referendum confermativo. Nessun quorum. Decidi tu”. Sono parole spicce, ma decisive: perché ciò che si dice nelle prime battute orienta la mappa mentale dell’interlocutore. Nessuna traccia di tali precisazioni dalla compagine di governo.

Mi piacerebbe sfruttare questo articolo per spiegare che la comunicazione efficace non semplifica la complessità: la rende percorribile. Significa dare agli interlocutori una mappa, non un labirinto. Nel referendum sulla separazione delle carriere la mappa è questa: che cosa cambia per me, per la mia causa di lavoro, per la truffa subita da mio padre, per l’indagine che riguarda il mio quartiere. Tutto il resto viene dopo. Negli ultimi anni, studi sempre più approfonditi hanno dimostrato che le decisioni politiche non si prendono attraverso la logica. La mente è un sistema complesso, dove predominano le emozioni, le prime impressioni, i ricordi lontani, perfino il tono di voce di chi parla o la mimica. Ed è noto che quando il messaggio è troppo astratto, difficile o tecnico, il cervello lo rifiuta. Non lo elabora. Lo cancella o lo trasforma in rumore di fondo. Ecco perché, se si vuole comunicare il No in modo efficace, non bastano gli slogan, ma nemmeno i ragionamenti dotti. Serve un linguaggio che riduca lo sforzo mentale, che permetta di capire al volo. Serve ritmo, esempi concreti, parole che il cervello possa riconoscere e memorizzare. Non “terzietà del giudice”, ma “nessun governo deve poter influenzare chi ti giudica”. Non “separazione delle carriere” come formula, ma “chi accusa e chi decide non devono rispondere allo stesso potere”. Frasi brevi, chiare, che si imprimono nella memoria.

Perché è importante? Perché quando il cervello fatica a comprendere, attiva il pilota automatico. E quel pilota si muove per istinto, per appartenenza, per simpatia. Si vota “contro” qualcuno, o “con” la propria parte, ma non “su” una questione reale. È quello che la scienza chiama “valutazione affettiva immediata”: non ricordo cosa ho letto, ma ricordo come mi ha fatto sentire. E sulla base di quella sensazione prendo una posizione. Comunicare bene, quindi, non è manipolare. È permettere che la decisione sia davvero libera. Non di pancia, non d’inerzia. Libera. In fondo, questo referendum non è un tecnicismo da esperti. È una domanda secca: vogliamo mantenere intatte le garanzie o siamo disposti a renderle più fragili, in nome di un’efficienza che nemmeno arriverà? Votare No non è un atto contro qualcuno. È un atto per qualcosa: per la tenuta delle regole, per la separazione dei poteri, per la libertà del giudizio. È un gesto civile, maturo, razionale.

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