HAMAS SPIAZZA TEL AVIV SUL PESSIMO PIANO TRUMP da IL FATTO e IL MANIFESTO
Hamas spiazza Tel Aviv sul pessimo piano Trump
Elena Basile 5 Ottobre 2025
Fermo restando che noi non siamo nichilisti e che consideriamo la continuazione della vita umana, valore prioritario, rispetto a obiettivi rivoluzionari tanto puri quanto fanatici, e quindi apprezziamo che Hamas abbia accettato l’ignobile piano di pace per porre fine al genocidio dei palestinesi, cerchiamo di esaminare politicamente l’indecente proposta di Trump. Non vorrei che i tanti amici con i quali condivido pensiero politico e indignazione morale, cominciassero a somigliare ai cosiddetti “filoucraini” che dai loro sofà applaudono alla gloriosa resistenza ucraina gioendo dei martiri altrui. No, noi non cadremo in questa trappola e non gioiremo della gloriosa resistenza palestinese incitando un popolo al martirio.
Esaminiamo la proposta. Si tratta di un chiaro ritorno da una parte al colonialismo in quanto si nomina, (sembra quasi una beffa), un britannico che ha tradito i valori del laburismo inglese, ha mentito al suo popolo e ha le mani sporche di sangue dei 500 mila iracheni trucidati (dato approssimato per difetto), il noto Tony Blair, quale coordinatore e garante del piano di ricostruzione di Gaza. Un ritorno al protettorato britannico sotto altre forme. Ai palestinesi si concede di vivere, di non essere deportati ma non di essere un popolo con rappresentanza politica. Hamas viene considerata tout court il male assoluto e non un’organizzazione per la liberazione con la lotta armata di un popolo sotto dominazione di una potenza straniera. Ricordo che se Hamas uccide soldati israeliani rientra nel diritto onusiano. Hamas tuttavia compie atti di terrorismo colpendo civili israeliani, anche ragazze che ballano e bambini (si attende un’inchiesta indipendente sulle altre responsabilità). Purtroppo l’hanno fatto anche gli israeliani e Begin, un terrorista vincente, divenne primo ministro. Lo facevano i mitici carbonari risorgimentali e lo fanno oggi gli ucraini con attentati in Russia. Ma ormai la parola d’ordine è Hamas=male assoluto. Anche l’Anp, che si è vista negare illegalmente il visto per poter partecipare alla riunione Onu, non è ammessa alla gestione di Gaza se non dopo una fantomatica riforma che suona come epurazione e rieducazione. Data la collaborazione dell’Arabia Saudita e delle monarchie del Golfo, siamo rientrati nel quadro dei famigerati accordi di Abramo con l’aggiunta di non ben individuati tecnocrati palestinesi. L’economia vince sulla politica. Nel XXI secolo postmoderno si impone la legge del cinico individualismo e degli interessi economici sul mito della questione nazionale di un popolo torturato, perseguitato e annientato da decenni. In effetti nel XX secolo queste parole si riferivano agli ebrei e invece, farsa tragica della storia, ora i carnefici sono gli israeliani, proprio loro che del mito di uno Stato per un popolo perseguitato dovrebbero pur sapere qualcosa.
L’indecente proposta trumpiana ignora la causa palestinese. A Gaza, protettorato anglo-arabo, Israele giocherebbe un ruolo minore. Si garantirebbe la non annessione della Cisgiordania, dove i palestinesi continuerebbero a vivere sotto apartheid. Netanyahu, criminale di guerra, sarebbe graziato. La destra messianica proseguirebbe la trasformazione politico-antropologica dell’“unica democrazia del Medio Oriente”. Gli ostaggi da ambo le parti sarebbero liberati.
Hamas ha dato una risposta politica importante per la pace e la sopravvivenza del popolo palestinese. Non credo si possa parlare di una organizzazione, anch’essa postmoderna, che cerca di salvare la propria pelle. Hamas ha sconvolto le carte. Israele contava sul rifiuto dei terroristi per poter legittimare la sua azione genocidaria a Gaza. Ora dovrà rispondere all’offerta di negoziati per liberare gli ostaggi dopo il cessate il fuoco permanente. Una proposta di pace realistica avrebbe rimesso in agenda la causa palestinese e accettato la soggettività palestinese, negoziando con l’Anp e Hamas che, come l’Olp, da organizzazione terroristica potrebbe divenire interlocutore. La guerra in Algeria nel 1962 ha per caso demonizzato il Fronte di Liberazione Nazionale malgrado le atrocità compiute? Atrocità a mio avviso comprensibili in un movimento di liberazione di un popolo, ma non nello Stato oppressore: i francesi allora, gli israeliani oggi. Il disegno di dominio imperialistico non prevede la risoluzione della questione palestinese. Da Carter a Kissinger a Clinton, Washington non è stato un honest broker, non ha aperto veri negoziati di pace con tutti gli attori coinvolti, affrontando la questione dei rifugiati. La demonizzazione di Hamas e dell’Iran serve al dominio imperialistico Usa nella regione. Merz insegna: Netanyahu sta solo facendo il lavoro sporco.
Hamas approva il piano di Trump, ma non si disarma
Striscia continua Domani la ripresa dei negoziati in Egitto per la liberazione degli ostaggi israeliani nel giro di qualche giorno. Netanyahu: Gaza sarà disarmata in un modo o in un altro
Michele Giorgio 05/10/2025
GERUSALEMME
«La sorpresa non è venuta da Hamas, è stato Trump a sorprenderci», ci diceva ieri un giornalista di Gaza commentando il sì, seppur parziale, del movimento islamico al piano americano per la Striscia, giunto nella tarda serata di venerdì, e la replica positiva del presidente statunitense. «Hamas – ha detto – come ci aspettavamo, ha accettato di rilasciare gli israeliani suoi prigionieri, ma non di disarmare la resistenza palestinese come pretende Israele e prevede il piano Usa. Perciò eravamo sicuri di una replica dura di Trump; invece, è andata in un altro modo».
Il via libera di Hamas, l’approvazione della Casa Bianca alla decisione del movimento islamico e la successiva scelta di Benyamin Netanyahu di accontentare Trump hanno portato alla ripresa, prevista per domani in Egitto, dei negoziati indiretti per l’attuazione della prima fase dell’iniziativa americana. Il piano prevede, anzi intima, il rilascio entro 72 ore, in un’unica soluzione, dei 48 israeliani – 20 dei quali vivi – nelle mani di Hamas e di altre organizzazioni, mentre Israele presenterà ai mediatori le mappe del ritiro dei propri militari corrispondenti al primo stadio.
Ieri, mentre si diffondevano le prime notizie su un raid aereo israeliano che ha ucciso decine di persone, tra cui bambini, nel quartiere di Tuffah (Gaza City), Trump ha ringraziato e apprezzato l’annuncio della «interruzione temporanea da parte di Israele dei bombardamenti». Quindi ha lanciato un nuovo pesante avvertimento: «Hamas deve agire in fretta, altrimenti sarà annullato tutto. Non tollererò alcun ritardo», ha scritto su Truth Social.
Oltre ai delegati di Hamas – vedremo se alla testa della delegazione ci sarà Khalil al-Hayya, che Israele il mese scorso ha cercato di assassinare a Doha assieme ad altri leader del movimento – domani saranno presenti al Cairo l’inviato Usa Steve Witkoff e l’ex consigliere presidenziale Jared Kushner. La delegazione israeliana sarà guidata dal ministro per gli Affari strategici Ron Dermer. I negoziati non si protrarranno per settimane, bensì per pochi giorni, perché Trump vuole il rilascio immediato degli ostaggi. In parallelo, scrivono i giornali israeliani, l’esercito manterrà la propria presenza all’interno della Striscia, con ritiri limitati lungo la cosiddetta «linea gialla». Il ritiro vero e proprio, aggiungono, inizierà soltanto dopo il completamento del processo di consegna dei prigionieri; le fasi successive saranno oggetto di ulteriori discussioni.
Israele sottolinea che quanto in corso non debba essere interpretato come un «cessate il fuoco», bensì come una temporanea riduzione dell’intensità delle operazioni militari. Il presunto contenimento dell’offensiva serve, spiegano gli israeliani, a dare ad Hamas il tempo per predisporre i meccanismi di consegna dei prigionieri, senza però consentire il ritorno dei civili a Gaza City. In ogni caso, avvertono, «l’opzione militare» resta sul tavolo.
Ieri sera, in un messaggio alla stampa israeliana, Netanyahu ha dichiarato di sperare di poter annunciare, nei prossimi giorni della festa di Sukkot, il ritorno in Israele di tutti gli ostaggi ancora in vita e dei caduti, in un’unica fase, mentre l’esercito israeliano resterà all’interno della Striscia. «Nella seconda fase Hamas sarà disarmata e Gaza sarà smilitarizzata: nel modo più facile o nel modo più difficile, ma ci riusciremo», ha minacciato. In quello stesso momento, migliaia di israeliani manifestavano nelle strade del paese issando striscioni con la scritta «Ora o mai più». Sempre ieri sera, il primo ministro ha incontrato i ministri dell’ultradestra Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, schierati contro il piano Trump.
In casa palestinese il dibattito è intenso. Gli abitanti di Gaza, in larga parte, applaudono gli ultimi sviluppi che, sperano, porteranno alla fine della guerra di Netanyahu. In Cisgiordania e nella diaspora palestinese si discute delle prossime mosse di Hamas che, di comune accordo con Jihad, Fronte popolare e altre organizzazioni combattenti, ha escluso la smilitarizzazione di Gaza. Non c’è dubbio che sul movimento islamico abbiano pesato anche la condizione catastrofica della popolazione di Gaza e le enormi pressioni, anche da parte di paesi alleati come Turchia e Qatar, affinché accettasse il piano Trump, malgrado sia ampiamente sbilanciato a favore di Israele e offra, ma solo in futuro, ai palestinesi soluzioni molto vaghe.
«Hamas – ci ha detto l’analista italo-palestinese Mariam Abu Samra – ha accettato il piano, giustamente, per cercare di fermare lo sterminio del proprio popolo. Allo stesso tempo, a dimostrazione della compattezza del movimento di resistenza, ha respinto il disarmo». Tuttavia, avverte Abu Samra, «resta la perplessità intorno alle intenzioni di Netanyahu che, dopo aver ottenuto il rilascio dei prigionieri israeliani da parte di Hamas, in una seconda fase potrebbe non solo rioccupare e bombardare Gaza, ma anche allargare l’offensiva a livello regionale per chiudere la partita con l’Iran e il Libano».
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