NON SI PUÒ FERMARE IL VENTO da IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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NON SI PUÒ FERMARE IL VENTO da IL MANIFESTO

Non si può fermare il vento

Per terra e per mare Non si può star fermi di fronte alle atrocità che commette Israele, non senza perdere l’umanità. E ora saranno in tanti a non stare più fermi

Andrea Fabozzi  02/10/2025

Le immagini vanno e vengono. Prima di interrompersi definitivamente mostrano donne e uomini seduti in cerchio sul ponte della barca. Giubbotti di salvataggio indossati, aspettano l’abbordaggio. Che arriva. Un atto di pirateria violenta sotto gli occhi del mondo. Preceduto da un messaggio radio che è un’altra conferma di come Israele debba stravolgere la realtà per mantenere l’impunità: «State violando la legge». Loro.

La Flotilla che è arrivata pacificamente e nel pieno rispetto del diritto internazionale vicina alle coste di Gaza. Cioè vicina a una striscia di terra dove da due anni va avanti un genocidio senza che la comunità internazionale faccia nulla di concreto per fermarlo. Non potevano fermarlo queste donne e questi uomini in ginocchio e con le mani alzate. Ma hanno fatto più loro di tanti, quasi tutti i governi, a cominciare dal nostro.

La Flotilla è entrata in profondità, nel mare che Israele considera sua proprietà, dove sequestra, affonda e ammazza. Si sapeva che avrebbe abbordato anche questa volta, che lo avrebbe fatto col buio. Non si sapeva a quante miglia marine dalla costa avrebbe agito perché Israele si prende la libertà di decidere fin dove estendere le sue proprietà. In mare come in terra. Nel frattempo però la missione umanitaria è entrata in profondità anche nei sentimenti dell’opinione pubblica che con crescente attenzione e ammirazione l’ha seguita da lontano. Fino all’ultimo, fino a che il collegamento internet a bordo ha retto, gli equipaggi hanno continuato non solo a informare su quanto stava accadendo, ma anche a ricevere telefonate e messaggi di solidarietà, di gratitudine, di incoraggiamento.

La vergogna del governo italiano che ha lasciato aggredire i suoi cittadini, tirando via addirittura con un giorno di anticipo la nave militare per non intralciare Israele, spicca per contrasto con la nobiltà degli attivisti della Flotilla. Ma mentre siamo in apprensione per la loro sorte, il loro messaggio è arrivato forte. Non si può star fermi di fronte alle atrocità che commette Israele, non senza perdere l’umanità. E ora saranno in tanti a non stare più fermi.

Le violazioni di Israele coperte dagli Stati

Mare libero Ogni analisi relativa alla Global Sumud Flottiglia (Gsf) deve partire dalla situazione giuridica delle acque in cui le imbarcazioni che la compongono stanno navigando. Si trovano in acque internazionali, dove il diritto internazionale non consente a Israele né a nessun altro Stato di intercettarle

Micaela Frulli  02/10/2025

Ogni analisi relativa alla Global Sumud Flottiglia (Gsf) deve partire dalla situazione giuridica delle acque in cui le imbarcazioni che la compongono stanno navigando. Si trovano in acque internazionali, dove il diritto internazionale non consente a Israele né a nessun altro Stato di intercettarle: vige la libertà di navigazione ai sensi dell’art. 87 della Convenzione Onu sul diritto del mare (Cdm), che ha codificato una consuetudine preesistente e vigente anche per gli Stati che non sono parti della Cdm, come Israele. Il diritto considera il mare internazionale come uno spazio comune utilizzabile esclusivamente a scopi pacifici e che non può essere sottoposto alla sovranità di alcuno Stato (artt. 88 e 89 della Cdm). Obiettivo della Gsf è raggiungere le acque antistanti Gaza, che non possono in alcun modo essere considerate acque territoriali israeliane. Israele non ha titolo di sovranità su di esse, come non ne ha sul territorio di Gaza e sullo spazio aereo e mantiene su tali spazi un’occupazione che la Corte internazionale di giustizia (Cig) ha definito illegale a tutti gli effetti. Solo la Palestina ha diritti sovrani al largo della Striscia, in base all’art. 2 della Cdm, cui ha aderito nel 2015, notificando l’estensione del proprio mare territoriale fino a 12 miglia nautiche dalla costa, come previsto dal trattato. Sul mare territoriale vige il diritto di passaggio inoffensivo delle navi che non recano pregiudizio al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero.

Al quadro di base delineato dal diritto del mare, deve aggiungersi che Israele, oltre ad occupare illegalmente il territorio di Gaza, ha imposto un blocco navale da lungo tempo uscito dai confini del diritto internazionale umanitario, poiché arreca danni eccessivi alla popolazione civile rispetto al vantaggio militare concreto e diretto derivante dal blocco stesso (par. 102 del Manuale di San Remo sul diritto applicabile ai conflitti armati in mare, che codifica il diritto consuetudinario in materia). Il diritto umanitario stabilisce inoltre che, se la popolazione civile del territorio sottoposto al blocco non può avere accesso al cibo e altri beni di prima necessità, la parte che impone il blocco deve consentire il libero passaggio degli aiuti umanitari (parr. 103-104 Manuale di San Remo).

È chiaro dunque che in base al diritto internazionale le imbarcazioni della Gsf non stanno violando alcuna regola di diritto internazionale, ma agiscono nel pieno rispetto del diritto del mare e del diritto internazionale umanitario, facendosi carico dell’attuazione di obblighi che gli Stati, Israele in primo luogo e gli altri a seguire, non stanno rispettando.

C’è da chiedersi perché gli Stati e le organizzazioni internazionali, quasi all’unanimità, facciano appello al rispetto da parte della Gsf di un blocco navale che ha superato qualsiasi confine di legalità. C’è da chiedersi perché non si fa invece pressione su Israele per porre fine al blocco illegale e per garantire l’arrivo degli aiuti umanitari alla popolazione civile, come prevede il diritto. Gli Stati, soprattutto quelli di cui le navi della Gsf battono bandiera, hanno l’obbligo di fare tutto quanto è possibile per proteggere una missione umanitaria che agisce nel pieno rispetto delle regole per raggiungere obiettivi tutelati dal diritto internazionale.

Stupisce ancor più questo atteggiamento se si considera che Israele sta agendo anche in violazione delle ordinanze cautelari emesse dalla Cig nel 2024 nell’ambito del procedimento intentato dal Sudafrica contro Israele per violazione della Convenzione Onu per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio. Tali ordinanze impongono a Israele di adottare misure immediate ed effettive per garantire l’assistenza umanitaria a Gaza e impedire che la Gsf giunga a destinazione viola anche questi obblighi.

Qualcuno evoca la presunta legalità del blocco navale in base al rapporto della Commissione d’inchiesta nominata nel 2010 dal segretario generale Onu sul raid israeliano a danno della nave Mavi Marmara (Rapporto Palmer). Quel rapporto, in condizioni assai diverse da quelle odierne, stabilì che il blocco navale israeliano era lecito, pur condannando l’uso sproporzionato della forza da parte delle forze israeliane nell’abbordaggio della nave, che provocò dieci morti e molti feriti fra gli attivisti a bordo. Il Rapporto Palmer, però, già allora fu criticato da più parti e contraddetto dal Rapporto della Commissione d’inchiesta del Consiglio diritti umani dell’Onu (2010), che si espresse nel senso di una totale illiceità del blocco navale, qualificandolo come una forma di punizione collettiva in violazione dell’art. 33 della IV Convezione di Ginevra.

Uno scenario di grave illegalità si configura nel momento in cui le imbarcazioni della Gsf sono state intercettate e attaccate, illegalità non certo attribuibile a chi porta avanti le ragioni del diritto (e dell’umanità) su quelle barche.

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