“RECLUTAMENTO”da SOLLEVAZIONE e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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“RECLUTAMENTO”da SOLLEVAZIONE e IL FATTO

L’accordo. Trump rimarrà a guardare finché Putin prenderà 8 oblast a Kiev

Alessandro Orsini  16 Settembre 2025

Per ora, ciò che sappiamo su Trump è confermato. Trump non vuole entrare in guerra con la Russia e non vuole porre l’Ucraina nella condizione di combattere in eterno. I fatti che inducono a questa conclusione sono numerosi. Il primo è la reazione di Trump ai droni russi in Polonia. Trump ha detto che lo sconfinamento non è stato intenzionale. Bruxelles ha reagito con un’esercitazione militare, cadendo nella trappola di Putin. Osservando l’esercitazione, i russi potranno acquisire informazioni preziose sulle capacità militari dell’Europa. E poi ci sono le dichiarazioni che Trump utilizza per assolvere la sua inazione.

Trump ha dichiarato che la guerra prosegue perché Putin e Zelensky si odiano eccessivamente. È falso. La guerra prosegue perché l’Europa non accetta la demilitarizzazione dell’Ucraina e il trasferimento delle sue regioni più ricche e strategiche alla Russia. L’Europa non accetta queste condizioni perché certificano la sua sconfitta con un timbro. Trump dice che questa è la guerra di Biden contro Putin, ma è falso: questa è la guerra della Nato contro la Russia, come Jens Stoltenberg spiegò nella sua relazione alla Commissione Affari esteri del Parlamento europeo, il 7 settembre 2023 e in altre occasioni. Trump dice che non regalerà altre armi all’Ucraina; ripete tutti i giorni che Zelensky avrà soltanto le armi che l’Unione europea potrà comprargli. E se i soldi non ci sono? Allora gli ucraini possono morire. La mia tesi è che Trump rimarrà a guardare fino a quando Putin strapperà territori in otto Oblast: Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson, Mykolayiv, Sumy, Kharkiv e Dnipropetrovsk. Ovviamente, questa è una previsione a condizioni immutate. Possono sempre intervenire eventi inaspettati che spingano Trump a investire nella guerra. Il problema è immaginare quale forma assumerebbe tale investimento. Quali sono le armi che Trump potrebbe dare a Zelensky per vincere la guerra? Risposta: nessuna. Gli Stati Uniti non dispongono di nessun mezzo militare che, consegnato agli ucraini, capovolgerebbe il corso del conflitto. La Russia ha ancora moltissime armi e soldati da gettare nella mischia. Chi crede che la Russia abbia espresso il massimo della sua potenza convenzionale sbaglia. E adesso giochiamo con un’ipotesi assurda e immaginiamo che Trump dia a Zelensky cinquecento F-16 e mille carri armati. Che cosa accadrebbe? Putin passerebbe alle armi nucleari.

All’inizio della guerra, dissi da Formigli: “Meglio trattare subito: la Nato non può fare niente per sottrarre l’Ucraina alla morsa della Russia”. Oggi Crosetto dice che l’Italia non è preparata a un attacco della Russia né di nessun altro. Lo dico da tre anni. Era considerata “propaganda putiniana”, “guerra ibrida”, “disinformazione”. Era soltanto la verità. Come insegna Pareto, la sociologia non è né di destra, né di sinistra. È una disciplina che si fonda sull’osservazione emotivamente distaccata della realtà. Trump sta a guardare perché non c’è più niente da fare. L’Ucraina perderà tutto ciò per cui ha combattuto: non entrerà nella Nato, perderà i suoi territori migliori e – se Putin non marcerà su Kiev – sarà sottoposta alla doppia sferza padronale degli Stati Uniti e della Russia. In un Paese libero, ci sarebbe un dibattito sul disastro combinato dalla Nato in Ucraina. Ma l’Italia è uno Stato satellite, la cui politica estera e di sicurezza è controllata interamente da una potenza straniera. L’informazione sulla politica internazionale svolge la funzione di assecondare il moto rotatorio dell’Italia intorno alla Casa Bianca. Ecco perché non abbiamo questo tipo di dibattito.

Osservazioni introduttive

dal Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg alla riunione congiunta della Commissione per gli affari esteri (AFET) e della Sottocommissione per la sicurezza e la difesa (SEDE) del Parlamento europeo, seguita da uno scambio di opinioni con i membri del Parlamento europeo

  • 07 settembre 2023 –

RECLUTAMENTO

Leonardo Mazzei  Set 15, 2025

La portata del piano di riarmo tedesco è enorme. Ma altrettanto gigantesca è la sua sottovalutazione. In tanti, sottolineando giustamente la difficoltà di adeguare le dimensioni della Bundeswher alla montagna di armi di cui verrà rifornita, concludono che alla fine tutto finirà in una bolla di sapone. Più esattamente in una mera operazione economica, utile a tener su l’economia in una fase in cui boccheggia, ma del tutto inadeguata al fine di far riemergere l’antica potenza militare di Berlino. Davvero stanno così le cose? Ne dubitiamo assai.

Ieri l’altro, il giornale Politico ha reso pubblico un promemoria classificato redatto dal capo dell’esercito tedesco, il tenente generale Alfons Mais, che espone il progetto di raddoppio degli effettivi entro il 2035. Il tutto “con l’obiettivo di diventare l’esercito dominante in Europa”. Così, tanto per cominciare.

In realtà i numeri di questo promemoria non rappresentano una novità, ma il fatto che qualcuno abbia deciso di renderlo pubblico un significato di sicuro ce l’ha. La svolta militarista ha bisogno dei suoi tempi e di un’ampia preparazione nella società, nella cultura e nella politica, ma la direzione di marcia è tracciata. E mentre si lavora alla conquista del consenso, sempre più si ragiona sui piani di reclutamento. Di gran lunga il passaggio più difficile.

Il capoccione della Bundeswher dice che, seppure in tempi di iper-tecnologizzazione della guerra, oltre alle armi servono comunque gli uomini. Il suo piano è dunque quello di passare dai 180mila effettivi di oggi, a 292mila nel 2029, a 352mila nel 2035. Sostanzialmente un raddoppio.

Ora il problema è come raggiungere questo obiettivo. Per reintrodurre la chiamata alle armi, alla fine di agosto il governo ha scelto di riunirsi in via straordinaria presso l’edificio prussiano del ministero della Difesa. Ne è uscito un Disegno di legge, predisposto dal ministro socialdemocratico Boris Pistorius, che andrà in discussione al Bundestag a dicembre.

Se il progetto verrà approvato, com’è pressoché certo, le cartoline-precetto torneranno ad arrivare a casa dei giovani tedeschi, ma l’arruolamento non sarà per ora obbligatorio. Tuttavia, se i reclutamenti volontari non risulteranno sufficienti in base ai nuovi obiettivi della Bundeswher, la legge contempla la possibilità di reintrodurre (previo voto parlamentare) la coscrizione obbligatoria, come avrebbe voluto fin da subito la Cdu. Insomma, in un modo o nell’altro, gli obiettivi del governo Merz (e della Nato) dovranno essere raggiunti.

Il Disegno di legge prevede che a partire dal compimento del 18° anno, tutti (uomini e donne) riceveranno un questionario con la richiesta della disponibilità ad entrare nell’esercito. Rispondere al questionario sarà obbligatorio solo per gli uomini. Idem per la visita di leva che verrà reintrodotta dal 1° luglio 2027. Le persone disponibili al reclutamento saranno invitate a partecipare ad una selezione successiva.

E’ chiaro come si tratti solo di un primo passo, cui altri ne seguiranno, ma intanto come iniziare a convincere i giovani tedeschi? Qui le cose si fanno più nebulose. Si è parlato del reclutamento di giovani stranieri che potrebbero avere in cambio la cittadinanza, ma soprattutto di “stipendi appetibili” per i futuri soldati. Per ora soltanto ipotesi, ma presto il governo dovrà scoprire le sue carte.

Al momento la situazione della Bundeswher non è facile. Nel 2024 l’arruolamento volontario è aumentato di 8mila unità (passando da 43.200 a 51.200), ma nello stesso periodo molte reclute hanno deciso di abbandonare, lasciando così inalterato il numero degli effettivi a fine anno.

Il progetto bellicista dei guerrafondai europei trova dunque grandi difficoltà anche in Germania, ma le ultime decisioni politiche non lasciano spazio ai dubbi: la strada è stata tracciata e l’intenzione è quella di andare fino in fondo.

Sfortunatamente, il riarmo europeo è una cosa seria. Ancora di più quello tedesco. Sbaglia, dunque, chi crede ad un’operazione meramente speculativa. Nel capitalismo la speculazione c’è sempre, le guerre assai spesso. E le due cose non sono affatto in contraddizione. Le classi dirigenti europee sono quello che sono, ma guai a vedere soltanto le loro miserie. Oltre a queste c’è pure la loro aggressività, non particolarmente diversa da quella del passato. Il loro disegno – l’UE grande potenza politica oltre che economica – è fallito, ma proprio la disperazione che ne deriva le sta spingendo all’avventura bellica.

Di fronte al fallimento, questa classe dirigente avrebbe potuto sganciarsi dagli Usa per riaprire alla Russia, lavorando alla costruzione di un grande blocco euroasiatico. In pratica ha invece deciso l’esatto contrario, subordinandosi ancor più a Washington e decidendo di proseguire la guerra ad est. La violenta narrazione antirussa di questi giorni una ragione ce l’avrà. Quale non è difficile da capirsi.

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