ADOLESCENTI ALIENI PER ADULTI INCAPACI DI ASCOLTARE da IL MANIFESTO
Adolescenti alieni per adulti incapaci di ascoltare
Commenti C’è un ordine del discorso generazionale che a troppi adulti sfugge, ed è quello dell’insosteniblità di un sistema fondato sulla performance e sull’umano come “imprenditore di se stesso”, su una valutazione fondata sul mito performativo del “merito”, sull’iperindividualismo competitivo
Marco Rovelli 12/07/2025
Generalmente ci si indigna in nome della solita solfa che “la vita è un esame”, che questi ragazzi sono incapaci del sacrificio necessario alla vita, che un domani nel lavoro come faranno, e via salmodiando. L’intero sistema di comprensione della realtà degli adulti va in tilt, e si irrigidisce nel giudizio – un giudizio che si scaraventa sui “giovani” come incapaci, presuntuosi, viziati, narcisisti. Un mondo di adulti che giudicano a partire dal fatto che non si sono mai posti il problema di dislocare lo sguardo entrando in relazione col vissuto e con le categorie degli adolescenti e delle adolescenti.
Eppure, basterebbe leggere le motivazioni che sono state date a quei gesti da chi li ha fatti per sospendere il giudizio e astenersi dal lanciare i propri indignati strali. Quando una ragazza scrive che il senso di quella sottrazione è il rifiuto de «i meccanismi di valutazione scolastici, l’eccessiva competitività, la mancanza di empatia del corpo docente» sta attribuendo al suo gesto un significato politico molto netto, e dice quello che una parte di ragazzi e ragazze delle scuole dicono da diversi anni in maniera molto consapevole, a cominciare dalle molte occupazioni di scuole che esattamente questo avevano al centro. C’è un ordine del discorso generazionale che a troppi adulti sfugge, ed è quello dell’insosteniblità di un sistema fondato sulla performance e sull’umano come “imprenditore di se stesso”, su una valutazione fondata sul mito performativo del “merito”, sull’iperindividualismo competitivo.
È questo sistema che viene contestato dai ragazzi e dalle ragazze che si sottraggono al giudizio finale dell’orale: ma al significato da loro attribuito a quel gesto gli adulti non danno alcuna rilevanza, perché un minore per troppi non è evidentemente credibile quando esprime un significato autonomo, e così facendo gli si nega dignità e soggettività. Ma nonostante l’incomprensione degli adulti, quel gesto è insieme esistenziale e politico. Perché è assolutamente politico chiedere di non essere umiliati, e chiedere empatia. In una lettera pubblica, i ragazzi e le ragazze del liceo Berchet di Milano avevano scritto: «Ciò su cui cerchiamo di porre l’attenzione è solo il necessario riconoscimento di una dignità della fragilità». Questa rivendicazione era strettamente connessa alla richiesta di una «relazione empatica tra studenti e professori», intendendo la scuola non come «uno sterile trasferimento di nozioni, bensì un luogo e un tempo di cura dei rapporti umani in chiave formativa». Per questo, scrivevano, «non accetteremo più atteggiamenti oppressivi e dispotici. Una scuola autoritaria prepara ad una società autoritaria, e noi non siamo disposti a tollerare né l’una, né, tantomeno, l’altra».
«Avevo anche provato a parlarne con i professori», dice una delle ragazze che ha rifiutato l’orale, «ma nessuno ha mai dimostrato interesse. I docenti non guardano come sta lo studente davvero». Sono ragazzi e ragazze che dicono basta. Il sé di un adolescente sottoposto da sempre alle ingiunzioni della performance, del successo e del merito è fragile: e questa fragilità, oggi, viene rivendicata da molti esplicitamente, per farla diventare un punto di forza – e lo diventa quando viene messa in comune. È così che oggi questi ragazzi e queste ragazze possono immaginare di difendere i propri diritti.
A tutto questo l’ineffabile Valditara, supportato anche dai prof che teoricamente sarebbero “di sinistra” che però leggono questi gesti nel suo stesso senso, risponde dicendo che sarà bocciato chi farà scena muta «spontaneamente»: al di là della surreale valutazione di quella spontaneità, che ci riporta a uno scenario proprio di un romanzo di Philip Dick, ci si presenta ancora una volta la crisi di un sistema che, incapace di comprendere gli “alieni” che ha davanti, reagisce con l’unico strumento che conosce: il rafforzamento dell’autorità.
Come mi è già capitato di scrivere, a proposito di un bel libro di un’adolescente, Amelia C. (Vigliacchi. Il mio j’accuse al mondo degli adulti), perché gli adolescenti smettano di essere alieni occorre fare quella semplice e difficilissima cosa che è tacere. E ascoltare.
Smettere di presumere che siano barbari incapaci di parlare e di pensare, ma persone che parlano e pensano in modo diverso. Se li ascoltiamo, magari arriviamo a capire che sono loro a considerare alieni gli adulti.
Maturità, no all’orale: la «fabbrica dei voti» che i ragazzi rifiutano
EDUCARNE UNO Sono diventati quattro, ma il conto è provvisorio, gli studenti che hanno rifiutato di sostenere l’orale dell’esame di Stato che conclude le scuole superiori, preferendo accontentarsi di un voto appena sufficiente ottenuto con il curriculum scolastico e le prove
Andrea Capocci 12/07/2025
Sono diventati quattro, ma il conto è provvisorio, gli studenti che hanno rifiutato di sostenere l’orale dell’esame di Stato che conclude le scuole superiori, preferendo accontentarsi di un voto appena sufficiente ottenuto con il curriculum scolastico e le prove scritte. Dopo i primi due casi di Padova e Belluno, ieri sono emersi anche quelli di un 18enne del liceo classico Canova a Padova e di un 19enne iscritto alle Scuole Pie Fiorentine. «Contesto il sistema e non dirò nulla» ha sibilato ai commissari d’esame, che da parte loro hanno diffuso una lettera aperta in cui hanno fatto notare come un percorso interamente svolto nelle scuole private possa difficilmente accompagnarsi a una critica al sistema.
DI STAMPO DIVERSO la posizione di Maddalena Bianchi, la renitente di Belluno, che all’esame ha parlato eccome: «Ho scelto di fare un discorso al posto del normale esame di maturità perché sentivo il bisogno di sfogarmi e di far conoscere alla commissione la persona che sono realmente». E ancora: «Nei cinque anni delle superiori ho trovato raramente professori che cercassero di capire veramente noi studenti. Un minimo di umanità ci dovrebbe essere nel rapporto con gli alunni. Ho sempre trovato l’ambiente scolastico decisamente troppo competitivo e perciò disumanizzante». Sono casi ancora poco numerosi. Ma a destra si teme l’emulazione. «Dagli ecovandali il passaggio ai giovani che rifiutano di sostenere il colloquio di maturità è dietro l’angolo. Temo fortemente, infatti, che si stia innescando una moda» si acciglia Suor Monia Alfieri, rappresentante delle scuole marcelline, cavaliera della repubblica e strenua oppositrice dell’Imu alle scuole private. E allora il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara annuncia una modifica della normativa sull’esame di Stato: dall’anno prossimo sarà bocciato chi, come Bartleby, preferisce di no. Incassa il sostegno di tutta la maggioranza ma rimane l’incognita giuridica: come si distinguerà un rifiuto da un blocco emotivo?
«LA RISPOSTA del ministro Valditara mi ha fatto riflettere – dice adesso Bianchi -. Evidentemente il governo ha paura del dissenso e attua una forte repressione che farà diventare la scuola ancora più terribile di ciò che già è; di sicuro non era questo il risultato a cui tendevo quando ho fatto ciò che ho fatto, però almeno è la prova evidente di quanto il sistema sia arretrato». E trova la solidarietà del coordinatore della Rete degli studenti, Paolo Notarnicola: «Il ministro poteva scegliere di ascoltare e capire le problematiche di una scuola che fa sempre più della competizione un modello». Ma non è uno scontro generazionale, perché anche il mondo adulto si divide. Non sono d’accordo tra loro nemmeno i dirigenti scolastici. Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, giudica «non accettabile» il rifiuto del colloquio.
OPPOSTA L’OPINIONE della collega Paola Bortoletto, che guida l’Associazione nazionale dirigenti scolastici: «Ha scoperchiato il problema più che tutto quello che dall’interno del sistema scolastico si è detto della valutazione formativa». La pensa come Bortoletto anche Cristiano Corsini, che insegna Valutazione sperimentale all’università di Roma Tre e che ha appena pubblicato il pamphlet «La fabbrica dei voti» (Laterza). Corsini promuove da anni un diverso approccio alla valutazione, non più incentrato sul voto ma su riscontri descrittivi che aiutino lo studente a migliorarsi senza puntare sullo stimolo competitivo.
«SE IL VOTO diventa la ricompensa al tuo studio – ha detto in un’intervista a Vanity Fair – in realtà poi tende anche a compromettere lo sviluppo di un reale interesse per una determinata disciplina. Abbiamo così degli studenti che “vanno bene” ma che, in realtà, una volta che hanno terminato la scuola, certe conoscenze e abilità le perdono completamente». Anche Federico Batini, professore di Pedagogia all’università di Perugia, consiglia di mettersi in ascolto: «I ragazzi che rifiutano l’orale – dice al manifesto – sono quelli che a scuola hanno un buon profitto e hanno raggiunto la sufficienza ancora prima di iniziare il colloquio. Se questi ragazzi ci dicono che la scuola non è un’esperienza da difendere, dovremmo chiederci cosa ne pensino gli altri che non possono permettersi di non fare l’orale».
LA BOCCIATURA d’ufficio proposta da Valditara dimostra che la confusione è tra gli adulti. «Abbiamo fissato le regole che stabiliscono la valutazione del merito. Però annunciamo punizioni per chi si accontenta della sufficienza ottenuta seguendo quelle stesse regole. Significa che gli adulti non stanno chiedendo ai ragazzi il rispetto delle regole, ma l’adesione a un sistema di valori basato sulla competizione».
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