ZES UNICA AL SUD. NO ALL’AUTONOMIA da IL FATTO
Zes unica al Sud, perché si fa il contrario dell’Autonomia
REAZIONI – Il governo vuole accentrare le politiche per attrarre gli investimenti sottraendole agli enti locali. Senza strutture forti e strategia industriale, però, si rischia il flop
CARMELO PETRAGLIA* 25 SETTEMBRE 2023
Il “decreto Sud”, recentemente approvato dal Consiglio dei ministri, ha varato la Zes (Zona economica speciale) unica per il Sud che partirà nel 2024. Si tratta, come ormai noto, di una Zes che ricomprende l’intero territorio meridionale sostituendo le attuali otto aree. Una riforma profonda e ricca di conseguenze che si colloca all’interno di un più ampio processo di revisione delle politiche di coesione. Ne fanno parte: il riassetto, ancora incompiuto, delle strutture tecniche nazionali chiamate ad accompagnare l’attuazione dei programmi di spesa dei fondi strutturali; le nuove regole di funzionamento del Fondo Sviluppo e Coesione che prevedono un esame del governo sulle priorità di ministeri e Regioni relativamente alla spesa per investimenti pubblici, destinati, almeno sulla carta, per l’80% al Sud.
Il filo conduttore dell’azione del governo è la ricerca di un maggiore coordinamento tra le varie misure di politica di sviluppo grazie alla concentrazione a livello centrale dei luoghi decisionali e attuativi. La scelta, palesemente in contraddizione con le proposte di autonomia differenziata, sta inevitabilmente suscitando forti reazioni critiche dei soggetti territoriali. Siamo dunque a un nuovo potenziale punto di svolta delle politiche di sviluppo italiane segnate, nella loro lunga e accidentata storia, da un continuo oscillare tra localismo e centralismo e dalla conflittualità tra centro e periferie?
In questo senso anche l’esperienza delle Zes, letta alla luce delle difficoltà operative di uno strumento introdotto dal 2017, conferma i limiti della governance multilivello, indebolita da condizionamenti politici e territoriali. Le diverse riforme che hanno ridefinito assetti e delimitazione geografica delle Zes ne hanno rallentato l’attuazione e determinato difformità nell’operatività di uno strumento che per le sue potenzialità di attrazione degli investimenti sarebbe di fondamentale importanza per il Sud. È solo di recente infatti, entrati a regime gli sportelli unici per le autorizzazioni, che sono partiti i primi investimenti.
Al di là dei risultati raggiunti, sui quali manca ancora un quadro completo, le otto Zes che saranno rimpiazzate dalla Zes unica non riflettono il disegno originario dello strumento per l’assenza di una loro connessione con le specializzazioni territoriali e una incompleta integrazione con le infrastrutture portuali.
In questo quadro modificato, la Zes unica presenta vantaggi potenziali, ma rischia di produrre effetti limitati se non sarà pienamente integrata nelle politiche industriali nazionali e regionali e nelle più ampie strategie di sviluppo del Paese. L’estensione a tutto il Mezzogiorno delle misure di incentivazione (credito di imposta per gli investimenti rafforzato) e delle procedure autorizzative semplificate è infatti una forma di fiscalità compensativa orizzontale per gli investimenti al Sud utile che però rischia di rimanere cieca rispetto alle vocazioni produttive locali.
L’introduzione di una governance nazionale guidata dalla presidenza del Consiglio può essere l’occasione per rafforzare il coordinamento degli interventi e l’adozione di procedure più omogenee, superando i localismi e le frammentazioni che hanno caratterizzato le politiche di sviluppo negli ultimi decenni. Ma se la Zes unica è il primo passo della costruzione di un quadro unitario di politiche coordinate dal centro per sostenere il sistema produttivo del Mezzogiorno, il suo reale impatto dipenderà dalla definizione di diversi elementi attuativi dai contorni ancora da definire.
Saranno in particolare due aspetti a decretare il successo o il fallimento della Zes unica. Andrà verificata la capacità della struttura di missione nazionale di svolgere per l’intero territorio meridionale la funzione di sportello unico delle autorizzazioni. Una funzione che, considerato il numero elevato di progetti di investimento che perverrà, richiederà inevitabilmente un rapporto cooperativo con le amministrazioni locali senza disperdere il lavoro fin qui svolto dalle strutture commissariali.
Saranno poi decisive le scelte del Piano Strategico. Se non si vuole smarrire l’intuizione iniziale delle Zes, andrà definita una strategia di politica infrastrutturale e industriale che completi lo strumento degli incentivi orizzontali. Con due priorità ben chiare: sostenere l’ampliamento e l’integrazione del sistema produttivo meridionale nelle filiere strategiche europee, e valorizzare, anche grazie al Pnrr, gli snodi logistici portuali e retroportuali del Sud.
*docente di economia dell’Università della Basilicata e consigliere scientifico SVIMEZ
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