Un ruolo di pace per l’Italia
di Piero BEVILACQUA, da “il manifesto“, 12 aprile 2018
La disfatta elettorale subita dalla sinistra il 4 marzo può avere una sua qualche utilità nella periodizzazione storica della vita politica italiana e nella chiarezza comunicativa.
Con il responso delle urne si chiude un’esperienza, quella del centro-sinistra, con un bilancio di incontestabile verità: essa ha provato, con la verifica dei fatti, il fallimento di una strategia politica, che chiude il suo bilancio con la distruzione della sinistra riformatrice italiana.
Ciò che è rimasto e rimane programmaticamente all’esterno di quel campo, forze radicali di opposizione, caratterizzate da vari percorsi e indirizzi sono definibili sinistra. Forze frantumate e disperse certamente, ma queste forze, che non cercano alcun centro con cui “moderarsi”, sono oggi, realisticamente, la sinistra in Italia.
Assistiamo in queste ore a una ennesima riprova del fallimento di quella esperienza politica. Mentre continua la guerra infinita in Medio Oriente, con episodi che ci sconvolgono quotidianamente, noi siamo ancora dentro la Nato e le nostre basi militari sono a disposizione delle forze aree americane per colpire città e territori nel bacino del Mediterraneo.
Non voglio rievocare episodi che hanno segnato una svolta nella storia delle relazioni internazionali dell’Italia repubblicana, come il bombardamento della Serbia. E neppure rammentare più di tanto la decisione del secondo governo Prodi di concedere il raddoppio della base americana di Vicenza all’amministrazione Bush. L’amministrazione che aveva appena invaso uno stato sovrano, aprendo una pagina di conflitti fra i più sanguinosi della storia mondiale recente.
Parliamo dell’oggi.
A che serve la Nato, ora che da tempo non esiste il Patto di Varsavia, la “ cortina di ferro” è crollata, il comunismo è dissolto?
Non Gli Usa hanno drammatico bisogno di un nemico, per tenere unito il paese, dare consenso ai gruppi dirigenti, in una fase in cui la sua supremazia economica volge al declino. E in parte ci sono riusciti, circondando la Russia di basi missilistiche e offrendo a Putin ragioni schiaccianti di affermazione in un Paese allarmato e chiamato a difendersi.
Ma la Nato serve agli Usa per due altre ragioni: vendere e utilizzare gli armamenti dell’industria militare e al tempo stesso, anche montando lo spauracchio dell’”orso russo”, tenere agganciata e dipendente l’Europa.
L’interesse dell’Italia in questa alleanza, dominata oggi da un uomo come Trump, sono gli oltre 50 milioni al giorno sottratti al bilancio delle stato per spedizioni in paesi lontani; sono le basi militari ex-lege, sparsi nel nostro paese, di cui il cittadino non sa nulla?
Sono le servitù imposte a tante splendide coste della nostra Sardegna, penalizzate nelle proprie economie e vocazioni. Servitù che tengono lontane le popolazioni dai propri territori, chiuse a ogni controllo democratico, portatrici di contaminazioni di terre e acque e di malattie mortali.
Non possiamo aspettarci iniziative di autonomia e indipendenza da parte dei governanti europei. Occorrerebbero degli statisti e noi abbiamo oggi a Bruxelles solo feroci contabili, incapaci di una parola di sdegno per i tanti morti innocenti.
D’altra parte non c’è davvero di che stupirsi. Il vangelo dominante dice che a governare devono essere i mercati, e lo Stato deve limitarsi a servirli.
Come si può pretendere che esso cerchi di governare i conflitti, avendo di mira la pace tra i popoli?
L’Europa no, ma l’Italia, si. L’Italia potrebbe, almeno per due ragioni.
Nel linguaggio geopolitico-militare siamo una portaerei nel Mediterraneo, abbiamo una posizione che offre poteri contrattuali straordinari con gli altri partners.
L’Italia può giocare un ruolo di pace e anche di sviluppo economico dei paesi del fronte Sud di vasta portata strategica. Può riacquistare la centralità posseduta nei secoli d’oro del suo primato economico mediterraneo.
E potrebbe trattare con ben altra forza con i governi nordeuropei. Ma deve porsi fuori dai giochi delle potenze imperiali.
E, infine, a proposito di vangelo, ha un’altra carta.
Siede in Roma Francesco, il papa dell’evo moderno, coraggioso fautore della pace nel mondo.
Che cosa aspetta la sinistra frantumata e dispersa, ma sempre viva di idee e passioni, di ricercare un’alleanza fondativa con le forze democratiche del mondo cattolico, con i tanti giovani che affollano le adunanze del Papa in ogni angolo d’Italia e del mondo?
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