SENZA SUPERBONUS I POVERI PENALIZZATI da IL FATTO
Senza Superbonus i poveri penalizzati
POVERTÀ ENERGETICA – La destra che è al governo associa la misura a chi ristruttura castelli, ma lo sconto in fattura è servito per il 43% a condomini e l’investimento aiuta i meno abbienti e la sanità italiana
GIOVANNI CARROSIO 22 DICEMBRE 2023
Nel discorso di Atreju, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha attaccato ancora il Superbonus, descrivendolo come una misura che avrebbe agevolato i ricchi sottraendo risorse alla sanità. Allo stesso modo è intervenuto il ministro Giorgetti, enfatizzando i sei castelli che hanno fruito delle agevolazioni, ma dimenticando i 352 mila cantieri totali, di cui il 43% sono condomini.
Non bisogna stupirsi. I presunti effetti sociali nefasti della transizione energetica fanno parte del bagaglio di retoriche che le destre europee stanno utilizzando, cercando di saldare elettoralmente le fasce più vulnerabili della società con gli interessi delle lobby delle fonti fossili. Non è facile smontare questa retorica, perché bisogna mettere in evidenza le interdipendenze tra sistemi pensati e organizzati in modo separato, come il welfare e l’energia. Per farlo possiamo partire da questa domanda: i 100 miliardi del Superbonus sono soltanto spesa per l’efficienza energetica o sono anche altro? La risposta è che sono anche altro: gli effetti del Superbonus intervengono anche sulla questione sociale e su quella sanitaria. Nel primo caso, perché ridurre il fabbisogno energetico delle abitazioni è un modo per combattere la povertà energetica, riducendo le spese. Nel secondo caso, perché esiste una relazione stretta tra efficienza energetica delle abitazioni e salute delle persone. Come ha dimostrato RSE (società di ricerca sui servizi energetici interna al GSE) i cittadini in condizioni di povertà energetica vivono in abitazioni troppo fredde d’inverno e troppo calde d’estate. Tra di essi hanno una incidenza molto più alta rispetto alla restante parte della popolazione una serie di malattie legate anche alla cattiva termoregolazione della casa, come quelle cerebrovascolari e respiratorie. Se guardiamo alla transizione con lenti socio-ecologiche, le modalità di valutazione delle politiche cambiano. Come entrano nella valutazione del Superbonus i 3 miliardi di risparmio sui consumi energetici generati dagli interventi di efficienza, calcolati da Enea? E come lo valuteremmo se nel suo bilancio facessimo entrare anche le ospedalizzazioni evitate? E se tenessimo conto della qualità della vita di persone vulnerabili che possono abbattere il costo delle bollette e spostare i risparmi ottenuti su altre spese? Certo, il Superbonus poteva e doveva essere intenzionalmente progressivo e più selettivo ma un conto è rivederlo salvandone la ratio, un conto è smantellarlo in toto, condannando i poveri a vivere in abitazioni inefficienti. Sulle interdipendenze tra politiche energetiche e sociali ha lavorato il Forum Disuguaglianze e Diversità, con il progetto “Welfare Energetico Locale” del quale è stato pubblicato oggi il rapporto conclusivo. Il progetto si è concentrato sulla povertà energetica come questione eco-sociale, perché l’accesso all’energia si intreccia con la qualità dell’abitare, con la possibilità di fruire di elettrodomestici, con la qualità dell’ambiente, con la salute, con il diritto a usare energia pulita. Coinvolgendo cinque città – Trieste, Lecco, Bologna, Sesto Fiorentino e Varese – dove agiscono politicamente cinque associazioni locali collegate a liste civiche attente all’intreccio tra welfare e ambiente, è emerso come sia a livello locale sia a livello nazionale questioni sociali e ambientali, pur interdipendenti, continuano a essere affrontate in modo separato, e in questo modo si guarda più alle competizioni tra ambiente e sociale che alle integrazioni. La povertà energetica è certamente una questione di reddito, che si può affrontare migliorando l’erogazione del bonus energia, lavorando sui problemi di accesso da parte di chi ne ha bisogno e intervenendo sulla regolazione del mercato. Ma non è soltanto questo: nel suo manifestarsi luogo per luogo, si possono scorgere tante interdipendenze tra aspetti diversi. Oltre al reddito, sono rilevanti le condizioni energetiche delle abitazioni, le pratiche di consumo degli abitanti, la consapevolezza rispetto alle opportunità di ridurre i consumi e di pagare meno l’energia, le politiche del verde pubblico, la cura delle relazioni di prossimità. Come ha bene argomentato Charles Sabel nel suo libro Fixing the Climate, anche per la povertà energetica c’è bisogno di una strategia nazionale che si articoli nei luoghi di vita delle persone, dove le politiche si possono integrare più facilmente. Perché questo accada c’è una precondizione da soddisfare: le istituzioni nazionali e locali si devono impegnare a raccogliere dati sistematici sul fenomeno e a renderli accessibili. Nel Dm Transizione Ecologica del 2022 è stato istituito un Osservatorio nazionale della povertà energetica ma al momento è rimasto lettera morta. L’esistenza o meno di un modo istituzionale e condiviso per misurare il fenomeno è il metro di quanto la questione sia di interesse per la politica.
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