PRESSIONE SU ISRAELE, IL CONSIGLIO PER I DIRITTI UMANI VOTA L’EMBARGO da IL MANIFESTO e IL FATTO
Pressione su Israele, il Consiglio per i Diritti Umani vota l’embargo
STRISCIA DI SANGUE. Dopo la chiamata di Biden, Tel Aviv punisce gli ufficiali responsabili delle uccisioni degli operatori della Wck e riapre il valico di Erez. Washington ribadisce che la tregua a Gaza sarà proclamata solo con la liberazione degli ostaggi
Michele Giorgio, GERUSALEMME 06/04/2024
Israele punisce alcuni dei suoi ufficiali nel tentativo di contenere i danni diplomatici e d’immagine che sta affrontando per aver ucciso, il primo aprile, nella Striscia di Gaza, sette operatori umanitari, sei stranieri e un palestinese, della Ong World central kitchen (Wck). E anche per aver spinto, con la sua devastante offensiva militare, due milioni di palestinesi verso la carestia e per aver fatto uso, secondo i giornalisti israeliani di +972-Local Call, dell’intelligenza artificiale per individuare gli obiettivi da colpire a Gaza, incurante delle perdite civili.
Al termine dell’inchiesta ordinata dal capo di stato maggiore Herzi Halevi, l’Esercito ieri ha rimosso dall’incarico i due alti ufficiali e ha rimproverato formalmente diversi altri coinvolti nel raid mortale al convoglio della Wck. L’attacco in tre fasi con il drone è stato ordinato, spiega l’inchiesta, perché il centro di comando sospettava la presenza di un combattente di Hamas in una delle auto della Ong. E sebbene si trattasse solo di un sospetto, gli ufficiali responsabili hanno ordinato di aprire il fuoco su tutte e tre le auto dell’organizzazione umanitaria. I risultati sono stati presentati subito alla Wck e agli ambasciatori dei paesi a cui appartenevano i sei operatori stranieri uccisi nell’attacco. «Il problema non è chi commette gli errori. È la strategia militare e le procedure in atto che consentono a questi errori di moltiplicarsi», ha commentato da New York il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.
Le Nazioni unite continuano a tenere sotto pressione Israele per la sua offensiva a Gaza. Il Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu ha adottato una risoluzione, non vincolante, che chiede che Israele sia ritenuto responsabile di eventuali crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi a Gaza e, punto rilevante, chiede che sia fermata la vendita di armi a Israele.
Ventotto paesi hanno votato a favore, 13 si sono astenuti e sei contro. Prima del voto i Paesi europei si sono spaccati. Germania e Bulgaria hanno annunciato che avrebbero votato contro perché la risoluzione non punta esplicitamente il dito contro Hamas anche se condanna il lancio di razzi da Gaza e chiede il rilascio degli ostaggi israeliani. Tel Aviv da parte sua parla di «una risoluzione anti-israeliana» che «non menziona Hamas nè i suoi crimini del 7 ottobre», le forniture di armi iraniane al movimento islamico e andrebbe contro «il diritto di Israele di difendersi».
Dopo il colloquio telefonico nella notte di giovedì tra Joe Biden e il premier israeliano Netanyahu, nel quale il presidente Usa avrebbe affermato perentorio che la politica di Washington a Gaza sarà determinata da ciò che lo Stato ebraico farà per alleviare concretamente la crisi umanitaria scatenata dalla sua offensiva militare, il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato alcune misure come la riapertura del valico di Erez a nord della Striscia e l’uso del porto di Ashdod per gli aiuti alla popolazione palestinese.
Il valico di Keren Shalom inoltre sarà disponibile per i generi di prima necessità provenienti dalla Giordania che così non dovranno più passare per l’Egitto. Decisioni che dovrebbero permettere un maggiore accesso degli aiuti al nord di Gaza, la parte più colpita dai bombardamenti e in cui manca tutto. Sviluppi positivi secondo il Segretario di stato Blinken che però dice di attendere la verifica sul terreno delle misure adottate da Netanyahu. In ogni caso, gli esperti internazionali avvertono che senza l’apertura di tutti i valichi e la fine di ogni restrizione all’ingresso degli aiuti, non sarà possibile evitare la carestia che il Pam ha previsto a Gaza per il mese prossimo.
Ciò che servirebbe più di ogni altra cosa per salvare vite umane, la tregua immediata e totale, però resta lontana. E gli Stati uniti, che a parole si preoccupano dei civili palestinesi, ieri hanno ribadito che «il cessate il fuoco a Gaza resta subordinato al rilascio degli ostaggi israeliani». L’offensiva israeliana, perciò, va avanti con il consenso statunitense. Anche ieri raid aerei e cannonate hanno fatto morti e feriti. Le conseguenze della guerra si faranno sentire per anni a Gaza e non solo dal punto di vista umanitario.
Per rimuovere dalla Striscia gli ordigni inesplosi serviranno almeno 45 milioni di dollari, avverte il capo del Servizio di azione contro le mine (Unmas) in Palestina, Charles Birch. «L’enorme quantità di bombe sganciate dal 7 ottobre significa che ci vorranno milioni di dollari e molti anni per bonificare Gaza» ha previsto in una intervista. In Cisgiordania durante un’incursione dell’esercito nel campo profughi di Nur Shams (Tulkarem) è stato ucciso un giovane palestinese.
Alla fiera dell’Est, Tel Aviv espone armi testate a Gaza
ALESSIA APRILE 6 APRILE 2024
Mentre l’Onu vota per l’embargo delle armi da inviare a Israele, Israele continua a vendere i suoi sofisticati sistemi d’armamento in giro per il mondo, con un export che nel 2023 è ulteriormente aumentato dopo il boom del 2022 a seguito della guerra in Ucraina. Solo in Italia Tel Aviv ha triplicato gli invii, passando dai 9 ai 31 milioni di euro. E il 2024 non si prospetta da meno, anzi, visto dal Singapore Airshow, la fiera aerospaziale e della difesa più influente d’Asia, le commesse possono solo aumentare.
Complice “l’efficacia dimostrata sul campo di battaglia” (di Gaza) dalle armi esposte allo stand israeliano della fiera dell’isola dal 20 al 25 febbraio scorso che – scrivono gli organizzatori – ha registrato un numero record di visitatori nonché di esibizioni acrobatiche: 60 mila persone, tra addetti ai lavori dei vari Paesi e pubblico.
L’occasione tra l’altro, scrive il quotidiano israeliano Haaretz è stata utile per confermare la cooperazione e le alleanze strategiche tra Singapore e Tel Aviv, tenute nascoste dal governo ospite per evitare le proteste del 4% della popolazione musulmana del Paese e censurate dal governo Netanyahu.
“Allo stand di Tel Aviv 2024, sotto il sole tropicale, con quasi il 100% di umidità”, le aziende israeliane hanno svelato le munizioni vaganti di prossima generazione, tecnologie anti-drone “ricordando la telefonata di emergenza ricevuta il 7 ottobre”, racconta l’inviato di Haaretz, nonché “sistemi di difesa che hanno intercettato migliaia di missili”. Il tutto “supportato da prove fresche dai campi di battaglia di Gaza e del Libano”. Si tratta in particolare, spiega il giornalista Avi Scharf, di “droni e altri velivoli senza pilota: i più esportati tra le armi israeliane nel 2022 e nel 2023. Con uno di questi, Elbit Hermes 900, Tel Aviv ha chiuso importanti accordi, anche con l’India. In bella mostra sullo stand dell’Israel Aerospace Industries (Iai) anche “Harop, il drone suicida”, una munizione vagante sviluppata dalla divisione Mbt, tristemente nota per via dell’utilizzo da parte dell’Azerbaijan contro le basi dei soldati armeni nel conflitto del Nagorno Karabakh. “Israele ha appena chiuso un accordo di vendita di quest’arma con l’Estonia”, svela Haaretz. Sempre all’Estonia l’Iai ha venduto il sistema missilistico di nuova generazione Blue Spear 5G SSM, il più moderno e innovativo delle Forze di difesa estoni, in grado di funzionare in qualsiasi condizione atmosferica, notte e giorno e di colpire obiettivi mobili e fissi a una distanza massima di 290 km. I missili sono frutto di una joint venture tra la Iai e la St Engineering Land Systemas di Singapore. Stando a quello che rivela la rivista specializzata Jane’s Defense Weekly, “i Blue Spears sono destinati a sostituire i missili americani Harpoon su sei fregate e secondo il ministro della Difesa estone, insieme ai missili Spike della Rafael e alle munizioni vaganti “fanno da deterrenti su Putin e possono distruggere la flotta russa nel Baltico se necessario”. Tornando al conflitto mediorientale, allo stand israeliano il terzo giorno di fiera “è arrivato l’allarme per i missili lanciati verso Eliat dagli Houthi”. Quale migliore occasione per pubblicizzare Arrow, il top della tecnologia israeliana “che ha sperimentato un battesimo del fuoco nella guerra in corso, visto che da ottobre ha intercettato ben 6 missili dallo Yemen e uno da Gaza. Saremmo lieti se lo menzionaste”, si legge in una email inviata ai giornalisti. Nel 2023 Israele ha venduto Arrow per 3,6 miliardi di dollari di commesse alla Germania e 1,2 miliardi all’Azerbaijan, “dopo una dimostrazione a Baku contro un nemico immaginario”. Peccato che poco dopo il Paese li abbia usati nella guerra vera nel Nagorno-Karabakh. Rafael ad aprile dell’anno scorso ha venduto anche a Grecia e Finlandia oltre 700 milioni di dollari di ordini rispettivamente per il missile anticarro Spike e il sistema di difesa aerea David’s Sling. In mostra a Singapore Rafael ha portato anche lo Spike Firefly, un drone suicida che consente alle forze combattenti di localizzare i terroristi nelle aree edificate. Se sbaglia, il drone può essere recuperato e riutilizzato. Lo si può anche farlo atterrare su un tetto durante i combattimenti, tenerlo in modalità di riposo e quindi attivarlo quando necessario. “L’Idf ha annunciato di averlo utilizzato in un’operazione a Jenin, in Cisgiordania; secondo un alto funzionario di Rafael, è stato utilizzato anche a Gaza”, assicura Haaretz. Per finire a destare interesse è stato il sistema antidrone indossabile dalle truppe di terra. Il Portable Dome “con le antenne grandi quanto un iPad mini”, in grado di identificare un drone in pochi km, bloccarne le comunicazioni e abbatterlo “ampiamente utilizzato dalle truppe dell’Idf a Gaza”, oltre che contro i droni di Hezbollah.
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