“PER UN CESSATE IL FUOCO DATE VOCE ALLA DIPLOMAZIA” da IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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“PER UN CESSATE IL FUOCO DATE VOCE ALLA DIPLOMAZIA” da IL FATTO

“Per un cessate il fuoco date voce alla diplomazia”

L’OBIETTIVO – “Desiderio di pace diventi politica”

 FQ  8 LUGLIO 2023

Dal convegno “Guerra o pace?”, svoltosi in una sala del Senato il 30 giugno scorso, sono emerse le conclusioni riflesse in questo documento, con il quale si intende contribuire a dare rappresentanza sociale e politica ai sentimenti di pace che percorrono l’opinione pubblica e raccogliere le adesioni di coloro che ne condividano il contenuto.

Nel perdurare del conflitto in Ucraina, ci rivolgiamo ai parlamentari italiani per promuovere un cessate-il-fuoco presidiato da forze dell’Onu con la supervisione dell’Osce, e il simultaneo avvio di negoziati per una conferenza di pace e sicurezza in Europa. Il protrarsi della guerra, infatti, rischia di aggravarsi fino al confronto nucleare, alla possibile destabilizzazione della Russia e alla caduta in mani incontrollabili del suo arsenale atomico. L’opzione proposta scongiurerebbe tali rischi, affronterebbe con gli strumenti della diplomazia le spine all’origine del conflitto, aprirebbe la via a nuove architetture di sicurezza nel nostro continente e permetterebbe di riportare la Russia nel consesso europeo in un quadro di collaborazione che eviti futuri confronti e prevenga il consolidarsi di sentimenti anti-occidentali. Inoltre, offrirebbe all’Europa l’opportunità di farsi capofila della propria sicurezza, nella lealtà atlantica e con la dovuta attenzione alle azioni in corso da parte del Vaticano e di altri importanti interlocutori internazionali.

È urgente, quindi, dar luogo a un’iniziativa parlamentare che ispiri il governo italiano, e gradualmente tutti i membri dell’Unione europea e dell’Alleanza, a una visione lungimirante per l’Europa, in modo da non distogliere energie dai temi planetari della nostra epoca e scongiurare l’infausta prospettiva di lasciare alle giovani generazioni un mondo devastato dall’odio. L’avvio di un negoziato – e di una visione – di pace si avvarrebbe di cultura e strumenti già disponibili e praticati in passato: i principi di Helsinki; le regole fondative dell’Osce; le iniziative di cooperazione emerse dagli anni Novanta in poi nella stessa Alleanza Atlantica. Lo scopo finale sarebbe la costruzione, in Europa, di un sistema di garanzie reciproche che nessuno avrebbe interesse a scardinare. La ricostruzione dell’Ucraina farebbe ovviamente parte del progetto.

Questo documento si propone di tradurre in iniziativa politica il diffuso e crescente desiderio di pace che attraversa l’Italia e l’Europa. Attorno a esso intendiamo raccogliere componenti del Parlamento e della politica, al fine di indirizzare un chiaro messaggio all’Italia, all’Europa e agli Stati Uniti per la stabilità del nostro continente. Anche perché senza ampi correttivi da mettere subito in atto, le nuove adesioni alla Nato apportano ben pochi vantaggi; anzi, irrigidiscono ancor più il confronto globale. Perciò auspichiamo che nel prossimo Vertice di Vilnius non siano adottate precipitose decisioni sul futuro status dell’Ucraina che priverebbero il negoziato di un importante elemento di trattativa.

Chiediamo a chi condivida questo documento di aderire e rendersi disponibile a un coordinamento interparlamentare per gli obiettivi indicati. Non sarà un cammino facile, né breve. Tuttavia, è il solo che appare ragionevole, nel generale interesse.

Giorgio Maria Baroncelli, Elena Basile, Mauro Beschi, Mario Boffo, Rocco Cangelosi, Giuseppe Cassini, Enrico De Maio, Tommaso di Francesco, Biagio Di Grazia, Generale Domenico Gallo, Giovanni Germano, Alfonso Gianni, Alfiero Grandi, Raniero La Valle, Silvia Manderino, Roberto Mazzotta, Gian Giacomo Migone, Fabio Mini, Enrico Nardi, Alberto Negri, Angelo Persiani, Antonio Pileggi, Michelangelo Pipan, Armando Sanguini, Barbara Spinelli, Massimo Spinetti, Vittorio Tedeschi, Massimo Villone, Vincenzo Vita

Chi ci attacca e minaccia punta all’autocensura

ELENA BASILE  8 LUGLIO 2023

Non sono sorpresa per le denigrazioni pubbliche iniziate nei miei confronti. L’unico ministro plenipotenziario donna, nominato ambasciatore d’Italia in Svezia e in Belgio da due governi differenti, sarebbe un’incompetente. Non mi aspetto che chi elogiava il mio lavoro a Stoccolma o a Bruxelles testimoni a mio favore. Capisco la presa di distanze di tanti per quieto vivere. Avere ascoltato la mia coscienza e credere in una diplomazia di commis d’Etat mi ha penalizzata per la promozione ad ambasciatore di grado e non me ne lamento. È giusto che, in una carriera gerarchizzata, sia così. Di questi contrasti tra coscienza e struttura (alla Farnesina o altrove) parlo nel mio ultimo romanzo Un insolito trio”. Il tema di Antigone è approfondito. Ma queste sono banalità.

Passiamo a ciò che invece è grave per una democrazia. So bene che non viviamo in una delle dittature contemporanee: la Russia o le tante altre con cui l’Occidente ha ottimi rapporti. Non mi arresteranno, la mia incolumità fisica è salvaguardata. Ma il linciaggio pubblico e la criminalizzazione del dissenso sono armi per imporre il silenzio. Le usano i cosiddetti sostenitori della democrazia e della sua esportazione fuori dall’Occidente collettivo. Gli stessi politici e giornalisti che criticano giustamente Putin per le repressioni a Mosca gridano allo scandalo perché un diplomatico (che ha rinunciato a una lauta retribuzione e si è dimesso volontariamente per poter rispettare la propria integrità morale ed esprimersi liberamente) diviene editorialista del Fatto. Il giornale (uno dei pochi) offre spazio al dissenso, alla critica della politica occidentale sulla guerra in Ucraina e del tradimento dei valori europei sulla solidarietà economica e le migrazioni. Accoglie chi denuncia la propaganda mediatica e la censura della Ue di Borrell, che chiude mezzi di informazione stranieri con la motivazione propria dei regimi oscurantisti: proteggere la popolazione dalla “disinformazione”. Di disinformazione si parla con assoluta inconsapevolezza dei rischi che questo concetto strombazzato su giornali importanti possa avere su un dibattito politico libero e degno di una democrazia. In Italia come in tutta Europa. La Commissione e il Seae organizzano riunioni e strategie contro la disinformazione. Siamo quindi in guerra e dobbiamo accettare le minacce alle libertà individuali garantite dalla Costituzione? Il cittadino non può informarsi come vuole e scegliere liberamente cosa gli sembri menzogna o verità? Se questa decisione è stata presa, è gravissima. Avrebbe dovuto essere ampiamente dibattuta nei Parlamenti delle democrazie europee.

Nel mio primo articolo firmato col mio nome (quando il Fatto aveva già rivelato che Ipazia ero io) avevo ben specificato qual è il dovere di riservatezza dei diplomatici. A mio avviso, anche il diplomatico in servizio, se non gestisce il dossier accanto all’istanza politica e non ha accesso a fonti riservate, può mettere la sua esperienza e le sue competenze a vantaggio del dibattito pubblico. Nel 2022, in coerenza con questi principi, rilasciai interviste al sito Linkiesta, al Fatto, al Mattino, a Dimartedì su La7. Naturalmente utilizzai un linguaggio meno incisivo e irriverente di quello di Ipazia. Un tempo la diplomazia interagiva a testa alta con la politica. Grandi ambasciatori ormai in pensione (non li nomino per non creare loro noie) condividono le mie idee e mi raccontano la “Farnesina democratica” che hanno vissuto.

Ho firmato la lettera di dimissioni nel febbraio 2023. La mia collaborazione col Fatto è iniziata ad aprile. I segugi pronti ad attaccarmi possono accertare la data del primo articolo di Ipazia, lo pseudonimo che ho usato inizialmente perché l’iter procedurale per la pensione non era ultimato. Volendo esprimermi liberamente e in coscienza, sentivo di dover proteggere l’Amministrazione da inutili imbarazzi e me stessa da possibili rappresaglie.

Trovo divertente che chiunque si discosti dal vangelo dei democratici Usa sia tacciato di spionaggio o di collusione col nemico: la Russia. Sarebbe molto facile ribaltare l’accusa e chiedere quanti politici, diplomatici e soprattutto giornalisti sono costretti a tradire la propria coscienza e ripudiare la verità per mantenere ruoli di prestigio e di influenza, o anche solo il posto di lavoro. Non scambiatemi, per favore, per una moralista! Sono stata nell’establishment, un’ambasciatrice lo è automaticamente. Ho scoperto che tanti politici, giornalisti, imprenditori, diplomatici con cui ero in amicizia mi esprimevano idee non dissimili dalle mie, ma solo “in bilaterale”. Quanti avrebbero voluto la fine della tortura di Assange! Capivo bene che in pubblico non avrebbero ripetuto le stesse idee. Anch’io, senza mai mentire, ho peccato di omissioni. È comprensibile non esporsi anche solo per quieto vivere. Non è giustificabile invece che nelle democrazie europee i cittadini siano forzati all’autocensura. Non è possibile accettare che i cosiddetti ‘liberali’ (persino gli ex radicali: povero Pannella, si rivolterà nella tomba, lui la voce sempre fuori dai cori!) insultino e minaccino di sanzioni le poche voci isolate di critica alla politica Nato e alle guerre ‘umanitarie’ statunitensi. Io sono per un euro-atlantismo differente, nel quale la componente europea accresca, anche con una difesa propria e una reale autonomia strategica, la propria influenza. Siamo in tanti: non filo-putiniani, ma sostenitori di una politica occidentale che stabilizzi le aree geografiche, il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Est dell’Europa. Torniamo ai valori di pace e prosperità. Battiamoci per un Occidente davvero democratico. Diceva Primo Levi: un lager nasce quando il cittadino gira la testa dall’altra parte.

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