NUOVO CORSO A BRUXELLES: È SUBITO ROTTURA CON ORBÁN da IL FATTO
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NUOVO CORSO A BRUXELLES: È SUBITO ROTTURA CON ORBÁN da IL FATTO

Nuovo corso a Bruxelles: è subito rottura con Orbán. E multe contro la Georgia

Il caso dei Paesi “filo-russi” – Gli ungheresi hanno difeso l’ex calciatore eletto capo dello Stato: “L’Ue stabilisce record di ipocrisia”

Salvatore Cannavò  17 Dicembre 2024

Kaja Kallas, appena insediata come Alto Rappresentante Ue per la politica estera, ha presieduto ieri il suo primo Consiglio europeo formato Affari esteri. E la sua prima prova pubblica è stato lo scontro con l’Ungheria di Viktor Orbán: “Sì, oggi ho ricevuto il mio primo veto ungherese al Consiglio Affari esteri – ha spiegato alla stampa – ma vi posso garantire che non sarà l’ultimo” ha sottolineato con una punta di compiacimento. Ungheria e Slovacchia, infatti, hanno detto no all’ipotesi di sanzioni alla Georgia e, siccome per procedere su questa strada occorre l’unanimità, il veto ungherese crea un ostacolo difficile da superare.

L’Unione europea, nella gestione di Kallas, sta quindi procedendo contro l’attuale dirigenza georgiana – il partito “filo-russo” fondato dal miliardario Bidzina Ivanishvili, l’attuale primo ministro Irakli Kobakhidze e il neo-presidente della Repubblica, l’ex calciatore Mikheil Kavelashvili che il 29 dicembre dovrebbe subentrare alla presidente uscente, la filo-europea Salomé Zurabishvili, che si rifiuta di lasciare la presidenza e preme per nuove elezioni parlamentari – ipotizzando “misure sui visti” per i funzionari governativi della Georgia. Il Consiglio europeo, infatti, ha reso noto Kallas, “ha proposto una lista di sanzioni contro le persone che usano la forza e la violenza contro l’opposizione. E stiamo anche discutendo di limitare il regime dei visti. E gli Stati membri sono anche disposti a incaricare la Commissione di elaborare questo”. Come detto, però, la decisione non è appoggiata da Ungheria e Slovacchia: “L’Unione europea ha stabilito un record mondiale di ipocrisia politica nei confronti della Georgia” ha dichiarato il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó dopo aver posto il veto insieme al suo omologo slovacco. Ma qualche dubbio è stato avanzato anche dal ministro degli Esteri del Lussemburgo Xavier Bettel: “Ho un po’ paura, se diciamo che dovremmo sanzionare il risultato delle elezioni in Georgia” ha detto a margine del Consiglio. “Bisognerebbe prima sentire se ci sono state frodi. Perché, a essere sinceri, c’erano centinaia e centinaia di osservatori ed è importante vedere se ci sono state frodi o no. Non è che perché non ci piace il risultato, dobbiamo dire ‘ora dobbiamo punire’”. Per Bettel, “è inaccettabile il comportamento del governo” georgiano “nel punire i manifestanti, ma da qui a bloccare il processo elettorale ce ne corre. Nessuna posizione di rilievo è stata assunta in Italia, mentre in serata è il gruppo dei 5 Stelle al Parlamento europeo a prendere una posizione con il proprio deputato Danilo Della Valle: “Kallas dovrebbe imparare a dialogare con tutti i leader georgiani, le sanzioni sono controproducenti”.

La posizione di Bettel, in ogni caso, è quella di colpire le persone responsabili di episodi di aggressione contro le manifestazioni filo-europeiste di questi giorni, ma di non mettere in discussione l’intero processo elettorale. Lo scorso 26 ottobre, infatti, le elezioni parlamentari hanno consegnato il 54% a Sogno georgiano mentre i partiti filo-Ue non hanno superato il 37%. In seguito a quel voto il Parlamento, in virtù della riforma costituzionale del 2017 (mai contestata finora) ha eletto il nuovo presidente della Repubblica che dovrebbe insediarsi il 29 dicembre. Appaiono quindi sibilline le dichiarazioni di Kallas secondo cui, sulla possibilità di sanzioni, “ci vuole tempo. Il presidente Salome Zurabishvili è in carica fino al 29 dicembre. Nel frattempo potrebbero accadere molte cose”. Il quadro di insieme ricorda la situazione ucraina del 2014, lo scontro travalica il paese e vede un ruolo attivo occidentale. Più europeo che statunitense, in attesa di Trump. Quindi da qui al 20 gennaio di cose, in effetti, ne possono accadere molte.

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