Non è solo colpa di Salvini se la sinistra colleziona sconfitte
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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Non è solo colpa di Salvini se la sinistra colleziona sconfitte

di Piero BEVILACQUA, da “il manifesto”, 28 maggio 2019

Non sembri il senno di poi che si finge saggezza di previsione. Raggiungere il 4% già in campagna elettorale appariva come una segreta speranza, più che un obiettivo alla nostra portata. Ogni elemento della realtà era lì a suggerircelo con estrema durezza. Cominciamo dalla visibilità pubblica di cui ha potuto godere La Sinistra. Se non fosse stato per la presenza di Fratoianni nei filmati di repertorio delle televisioni, che ogni tanto compariva come il leader di questa lista per qualche secondo, milioni di italiani non avrebbero neppure saputo della sua esistenza. Chi ha fatto la compagna elettorale si è trovato le strade sbarrate anche da tutte le Tv locali, pubbliche e private, una cortina di silenzio da Paese a democrazia limitata.

Il punto tocca una questione di rilevante gravità che occorrerà riprendere: il conformismo, l’angustia culturale, l’asservimento al potere dei media televisivi italiani. Si tratta di un aspetto rilevante del declino culturale dell’Italia, che costituisce il contesto generale in cui si rende possibile il trionfo elettorale della Lega. Ma è un aspetto che spiega anche molto dei meccanismi plebiscitari degli ultimi anni, con un vero culto della personalità formatosi fulmineamente intorno a figure emergenti: Berlusconi, Renzi, Salvini.

Dunque la Sinistra, sigla nuova e sconosciuta, costituita da pochi mesi, priva di voce pubblica, è apparsa invisibile alla grandissima maggioranza degli elettori. In Italia chi non compare n Tv non esiste. Detto questo, tuttavia, la riflessione deve riguardare altri aspetti forse ancora più decisivi per spiegare un insuccesso così evidente.

Innanzi tutto il ritardo con cui si è arrivati alla composizione della lista. Un ritardo faticoso, come al solito segnato da divisioni, secessioni, uscite di scena. Ora esce Varufakis, va via Potere al Popolo, De Magistris rinuncia, Possibile fa una lista separata con i Verdi, Articolo 1 torna nel Pd, ecc. Che spettacolo! Quanta irresponsabilità. Diciamo la verità, come si può pensare di diventare popolari, di acquisire consensi occupando le cronache giornalistiche solo per l’incapacità congenita di aggregazione e unità, vale a dire la malattia infantile della sinistra?

La convinzione, diventata senso comune, percepibile come l’odore di un disinfettante presso i cittadini durante la campagna elettorale, era di una sinistra debole e divisa, proveniente da fratture, pronta a ridividersi. E qui non ci vuole molto a capire come funzionano le cose nelle competizioni elettorali: i cittadini che fanno fatica a convincersi che valga qualcosa andare al seggio, vogliono dare un peso al proprio voto e lo danno a chi appare più forte. E’ significativo il piccolo avanzamento del Pd, che durante la campagna elettorale – per dirla con la satira veritiera di Crozza «è rimasto in silenzio stampa», cioè non ha aperto bocca. Ciononostante, questo partito ha guadagnato qualcosa perché percepito come argine contro la Lega.

E veniamo al successo abnorme di Salvini. E’ il dato più clamoroso e quello che creerà più scoramento nel vario fronte democratico. Ma qui bisogna avere il coraggio di una verità analitica non troppo dozzinale. Nella sua affermazione, certo, c’è molto smarrimento, arretramento culturale e ideale di un ampio ambito della società italiana. Nella parte meno acculturata del paese la religiosità del pensiero unico, il culto del profitto, competizione, successo, ha favorito il diffondersi di atteggiamenti di rancore e umana ferocia. Su questi cittadini il motto “prima gli italiani” ha fatto presa. Ma questo quadro è parziale. Non possiamo rappresentare l’Italia come conquistata al nuovo fascismo. Perché Salvini – a parte l’attivismo frenetico e la presenza mediatica che fa sempre premio – è riuscito nell’operazione di far apparire tutti i problemi patiti dagli italiani come originati dalla sinistra e dai suoi governi, in Italia e in Europa.

Davvero sarebbe sbagliato non cogliere, in tante rivendicazioni vincenti della campagna del capo della Lega, una battaglia contro le politiche di austerità di Bruxelles e dei governi italiani, che hanno prodotto la più grave sperequazione nella distribuzione della ricchezza degli ultimi decenni. Il risentimento nazionale per l’umiliazione patita da parte dell’Ue a trazione tedesca, ha trovato in Italia la migliore incarnazione in Salvini, anche perché egli ha messo da parte le velleità di uscita dall’euro e dall’Unione.

È la campagna che avrebbe dovuto fare il Pd senza Renzi e che non ha neppure abbozzato, rimasto in stato di ibernazione per 18 mesi. Una battaglia che la sinistra ha fatto come ha potuto, con poche forze, in ordine sparso, anche se con ricchezza di idee, e che peraltro che non sarebbero neppure apparse al nostro limitato pubblico se non fosse stato per la voce libera e indomita, di questo giornale. Il manifesto.

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