N. URBINATI: UNA CLASSE DIRIGENTE SCADENTE E PRE-DEMOCRATICA da IL FATTO
Destra al potere, Nadia Urbinati: “Una classe dirigente scadente e pre-democratica”
LA POLITOLOGA – Docente di Scienze politiche alla Columbia: “Hanno conquistato e conquisteranno tutto, perché la cultura postfascista è questa: il machismo, l’ignorante aggregazione tra simili, l’attacco ai diversi. È più facile essere razzisti che controllarsi e autolimitarsi”
ELISABETTA AMBROSI 26 LUGLIO 2023
“Io mi chiedo dove quelli di destra abbiano passato gli ultimi sette decenni, che libri abbiano letto, se si siano accorti che esiste uno stato di diritto; sembra che settant’anni di democrazia siano passati sopra le loro menti senza lambirli. A sentirli parlare di sostituzione etnica, ripopolazione, donne al servizio della nazione e della famiglia sembra la cultura civile dei diritti e dell’eguaglianza non li abbia toccati”. È un giudizio duro quello della politologa Nadia Urbinati, docente di Scienze politiche alla Columbia University di New York, che definisce questo governo come “uno dei peggiori che abbiamo e non tanto per ragioni ideologiche ma per questioni etiche e professionali: è una classe dirigente scadente e inappropriata”.
Che ci sia un premier donna per la prima volta Italia non rappresenta per lei un passo in avanti?
Per nulla. Essere donna non significa essere per forza la miglior scelta politica, perché la politica ha dei suoi valori e principi e molto spesso le donne hanno principi e valori che con la politica democratica non vanno d’accordo. Ci sono donne reazionarie e donne democratiche, donne più o meno liberali. D’altronde le donne come gli uomini hanno ideali, ideologie e visioni politiche. Diverso è il caso di cariche istituzionali simboliche.
In che senso?
Il presidente del Consiglio è una funzione di potere politico spiccata, dove essere uomo o donna non ha rilevanza. Nelle istituzioni non di governo, invece, le cose sono diverse: sarebbe stato desiderabile e una grande novità avere una presidente della Repubblica, così come lo è stato avere una presidente della Corte costituzionale. Sono poteri di natura giuridico-simbolica, non direttamente politici. Diversamente, il potere politico va con le ideologie, quindi se vince la destra poco importa se sia un uomo o una donna a governare.
Tra l’altro con Giorgia Meloni c’è stata una vera e propria restaurazione maschile.
È un’ideologia che va bene con le dimensioni domestiche tradizionali della donna e quindi non mi rappresenta come donna. Ma neanche come cittadina italiana perché, appunto, non mi riconosco nelle sue idee gerarchiche.
I vari casi Sgarbi, Facci hanno mostrato anche molto sessismo.
Certo, questo fa parte della cultura della destra italiana che è notoriamente poco sensibile alla cultura democratica, ai principi del riconoscimento, della reciprocità: valori che stanno insieme alla giustizia e alla libertà.
C’è un attacco al politicamente corretto, sempre irriso. Lei che insegna negli Stati Uniti come lo valuta?
Il politicamente corretto è una pratica linguistica e comportamentale importante; l’esagerazione sfocia nel conformismo, ma anche le destre sono conformiste, visto che accettano la concezione della donna così com’è e sono a loro modo politically correct. Comunque il punto è un altro: il politicamente corretto che criticano è una pratica di decenza nei rapporti tra le persone. Se facessimo e dicessimo tutto quello che ci passa per la testa saremmo in guerra civile permanente. La cosiddetta “civility” è una linea di demarcazione tra relazioni umane fondate sul linguaggio, e quindi sul rispetto, e relazioni umane fondate sulla forza, sulla sopraffazione. È l’abc delle relazioni umane civili in una democrazia costituzionale.
Cosa pensa del “saccheggio” della tv pubblica?
Hanno conquistato tutto e conquisteranno tutto ed è facile, perché la cultura postfascista è questa, i valori sono questi: trattare la donna così; il machismo; l’ignorante aggregazione tra simili; l’attacco ai diversi. È facile perché è più facile essere razzisti che controllarsi e autolimitarsi. D’altronde, il nostro è un Paese che ha subito una de-culturalizzazione civica negli ultimi decenni e forse non sarà difficile far penetrare questi disvalori tra giovani e anziani, donne e uomini.
Essere di destra è più semplice, insomma.
Sì, perché richiede poca riflessione; ma il punto dirimente non è oggi tra destra e sinistra, ma tra la democrazia e questa concezione che vuole che le relazioni tra i generi siano dettate dalla forza e dalla funzione sociale, che quelle tra i diversi siano cucite sul disgusto e sul disprezzo per i deboli o bisognosi. È una cultura anti-eguaglianza e basata sul dis-rispetto, quindi problematica per la democrazia.
Per fortuna nei media e sulle reti sociali c’è stata una forte reazione.
Sì e ci deve essere. Gli energumeni che hanno commentato i campionati di nuoto sono stati criticati giustamente. Grazie all’opinione pubblica, che non è tutta in ginocchio, e grazie a questi nuovi mezzi di comunicazione, nessuno ormai può passare inosservato. È una importante funzione di controllo, un ausilio al controllo normativo di costituzionalità.
E l’opposizione? Quale il suo ruolo?
L’opposizione deve fare l’opposizione e non solo sui temi della giustizia sociale, ma anche sul comportamento civico, per ribadire il rapporto di reciprocità tra le persone, di rispetto e di decenza. Questa è un’etica pubblica trasversale alla distinzione destra e sinistra, ecco perché a mio avviso la vera discriminazione è oggi tra etica democratica ed etica non democratica.
Cosa pensa, a proposito di opposizione, della maternità surrogata?
La surrogata è un problema che ha a che fare con principi morali, quindi non può pretendere di avere una risoluzione unanime. Non credo che sia una buona strategia quella di dividerci sulle interpretazioni della vita e dei limiti della vita. Io lascerei fuori i principi morali, mentre punterei a criticare la assurda normativa di ‘delitto universale’ e proporre una legislazione che ponga limiti alle scelte in ragione della tutela di coloro che possono essere più esposti alla strumentalizzazione: quindi le donne, soprattutto se povere. E imposterei una politica di difesa dei diritti dei bambini che nascono da relazioni altre o da forme artificiali di fecondazioni.
Tornando alla destra: Forza Italia non è almeno più moderata?
Non ci sono i moderati nella destra: o sono moderati o sono di destra, perché un moderato o un conservatore non accetterebbe mai di essere identificato con questi pre-democratici. Il conservatore può avere una visione in cui il merito conta di più, va benissimo, ma non difenderebbe mai una visione rude per cui se sei un maschio alfa vinci altrimenti ti arrangi. Questa mentalità non è conservatrice ovvero moderata: è radicale.
Purtroppo è diffusa anche in Europa.
Oggi l’Europa con la questione dell’immigrazione rischia di diventare un continente nazionalista. D’altronde la destra vince per ragioni varie, che vanno dall’impoverimento, dalla pressione dei migranti, alla diminuzione del benessere delle classi medie, alla formazione di oligarchie sempre più recalcitranti ai diritti eguali.
Questa destra, infine, è radicale anche contro l’ambiente.
Si attacca al ben vivere presente, se ne infischia di quello che sarà; è l’ideologia della cicala, lo stupido assunto dell’utile vicino al naso, che non guarda all’utile futuro.
E, allora, che fare?
Combattere. Purtroppo oggi a causa del declino delle forze organizzate e della loro sostituzione con quelle digitali abbiamo perso la capacità organizzativa. Un tempo era più facile. Serve far sì che i partiti di opposizione diventino vere e proprie bussole attrattive per tutti i movimenti di contestazione che vanno dalle donne all’ambiente, dal meridione alla salute.
E gli intellettuali?
Non esistono più perché non ci sono più partiti che progettano egemonia (non a sinistra, almeno). Eppure servirebbe che ci fossero e avessero una funzione pubblica di chiarimento, analisi critica, contestazione se necessario.
Paolo Barbieri
3 Agosto, 2023 at 13:20Condivido il suggerimento operativo della professoressa Urbinati: “… Serve far sì che i partiti di opposizione diventino vere e proprie bussole attrattive per tutti i movimenti di contestazione, dalle donne all’ambiente dal meridione alla salute”, che ho espresso come segue:
Il PD deve uscire dai soliti riti ripetitivi e stucchevoli e porsi obiettivi importanti, coinvolgenti e capaci di entusiasmare una Cittadinanza ansiosa di cambiamento: ansietà di cui l’astensionismo crescente è il segnale più evidente…
Deve lanciare e perseguire, qui ed ora, un programma alternativo con la partecipazione Popolare che REALIZZA la Propria Sovranità con l’esercizio congiunto sinergico degli articoli 71 e 50 della Costituzione, per imporre leggi e riforme necessarie e attese su temi LARGAMENTE popolari, trascurati dalla maggioranza parlamentare, minoranza nel paese.
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Scuola e PI: implementare asili nido, materne, primarie a tempo pieno per ridurre disuguaglianze e migliorare la qualità media in conoscenze, cultura ed educazione civica delle prossime generazioni, recuperando posizioni nella classifica europea che ci vede secondi per analfabetismo funzionale.
Legge elettorale: da scegliere tra sistema francese e tedesco ampiamente collaudate da decenni da solide democrazie
Monocameralismo: riportando agli onori che merita la riforma dei professori Ferrara Rodotà ed altri giuristi di alto prestigio, restituendo funzionalità razionale alla principale istituzione del paese, e nel contempo riducendone le spese di funzionamento, ma solo per effetto collaterale.
Questa pare la strategia vincente sia per le riforme ottenibili che per avvicinare le elezioni europee in piena espansione in credibilità e fiducia, funzionale a riconquistare il primato per i progressisti.
Una strategia impossibile da nascondere, vista l’ampia partecipazione di popolo e di entità organizzate capaci di mobilitarsi e di mobilitare.