Migranti, il vero obiettivo è respingerli «a casa loro»
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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Migranti, il vero obiettivo è respingerli «a casa loro»

di Ignazio MASULLI, da “il manifesto”, 6 agosto 2017

Il nostro governo tenta di sfuggire alle proprie responsabilità adottando la stessa politica degli altri e che, riassunta, significa: respingiamoli a casa loro. Come interpretare diversamente gli accordi con vari governi africani perché fermino gli emigranti?

Si vuol dare l’impressione che il governo italiano tenga un comportamento più responsabile di altri verso i migranti. Il mascheramento consiste nel denunciare l’indisponibilità di altri paesi membri dell’Unione europea ad accogliere rifugiati e richiedenti asilo o ripartirne il numero, sicché l’Italia farebbe fronte ad una situazione troppo onerosa.

In realtà, il nostro governo tenta di sfuggire alle proprie responsabilità adottando la stessa politica degli altri e che, riassunta, significa: respingiamoli a casa loro.

Come interpretare diversamente gli accordi con vari governi africani perché impediscano agli emigranti di lasciare i loro paesi o li intercettino lungo il difficile percorso verso la coste del Mediterraneo?

L’azione è condivisa e concertata con gli altri paesi membri e le stesse istituzioni dell’Ue. Ma i nostri si mostrano ancora più zelanti. Vanno a trattare perfino con le tribù che controllano i territori a sud della Libia. Stringono accordi (non si capisce bene in che termini) con la guardia costiera di Tripoli.

Non si peritano di limitare le capacità d’intervento delle organizzazioni umanitarie che cercano di salvare vite a rischio durante la traversata. Si è deciso perfino di mandare navi militari, non per soccorrere, ma per bloccare i migranti sulle loro imbarcazioni, al di là delle motivazioni di facciata.

In ogni caso, l’insistita richiesta di dividere la responsabilità con gli altri paesi, di ripartire le quote, la denuncia di chi si tira indietro appare come il concorso ad una sorta di gioco delle parti che ciascun paese interpreta a suo uso e consumo: per fini elettorali, per legittimare politiche autoritarie e repressive, per mostrarsi più forte in una specie di competizione neocoloniale e altro.

Di questo, alla fine si tratta, se è vero, come è vero, che l’obiettivo unico e comune è quello di «respingerli a casa loro».

Tuttavia, la continua richiesta di dividere le responsabilità dell’accoglienza rafforza l’idea che i flussi migratori rappresentano un problema.

E ciò non fa che montare l’inquietudine e avversione verso gli immigrati, già largamente diffuse nell’opinione pubblica, e aumenta la possibilità di strumentalizzare tali atteggiamenti per ottenere un facile consenso elettorale.

Si nasconde accuratamente il fatto che gli immigrati rappresentano una risorsa, anzi possono recare un apporto necessario al riequilibrio demografico, alla crescita economica, all’arricchimento socio-culturale. Il che viene evidenziato non solo in ricerche analitiche, ma perfino in documenti ufficiali della Commissione europea.

Ma l’inganno ha uno scopo preciso: serve soprattutto a giustificare e perseverare nelle politiche, economico-sociali ed internazionali fin qui attuate. Esso è funzionale all’obiettivo principale che ha determinato tali politiche: vale a dire una chiusura conservatrice sempre più stretta di un sistema di potere che non ammette modifiche anche parziali o ridotte al suo modo di funzionamento.

Un sistema che ha costruito una forza senza precedenti, coesa e pervasiva sul piano internazionale. Ma che proprio in questa sua ristrutturazione ha provocato squilibri ecologici, economici e sociali che minacciano di andar oltre la soglia critica.

Per questo motivo è necessario che movimenti e partiti autenticamente di sinistra in Europa si coalizzino in una dura lotta controcorrente in difesa dei diritti degli immigrati. Affermare la loro piena la legittimità costituisce la premessa per rivendicare diritti sociali e politici calpestati dalla ristrutturazione capitalista degli ultimi quarant’anni.

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