GAZA NON È UNA TRASFERTA DI CALCIO da IL MANIFESTO e IL CATENACCIO
Gaza non è una trasferta di calcio
I fatti di Amsterdam Perché la deriva ultrà è la perfetta metafora spettacolare del nostro tempo, dove la violenza trova le sue ragioni, ormai in mancanza degli spazi necessari della politica che tace e chiude gli occhi
Tommaso Di Francesco 09/11/2024
Ecco che per i fatti di Amsterdam torna l’accusa di antisemitismo. Un’accusa che è stata dolorosamente quanto vergognosamente utilizzata spesso per zittire ogni onesta e rigorosa denuncia della politica israeliana, accusa che si è enfatizzata con l’eccidio del 7 ottobre ad opera di Hamas e soprattutto con quello che ne è seguito: il massacro dei civili inermi a Gaza, quel «plausibile genocidio» anche per la Corte di giustizia internazionale e quei crimini di guerra per i quali è stato emesso dalla Cpi un mandato d’arresto. Oltre che per i leader di Hamas, anche per il premier Netanyahu e per il suo “oppositore”, il ministro della difesa Gallant.
Ma saremmo miopi nel non vedere che il vento odioso dell’antisemitismo rischia di riprendere fiato e forza per soffiare con maggiore vigore, in assenza di consapevolezza sugli avvenimenti e sulla loro storia, e di fronte alle chiacchiere o peggio al silenzio assordante dei governi occidentali di fronte alla «tranquilla» strage di palestinesi, una mattanza ormai abitudinaria di decine di migliaia di esseri umani di serie B, ridotti a ombre che camminano sotto le bombe di uno Stato potente, e ridotti alla fame e alla disperazione tra le macerie, per la quale sembra non esserci più parola per descriverla o titolo per nominarla.
Anzi, nell’incapacità a imporre nemmeno un cessate il fuoco, si annunciano «ritorni alla normalità» come auspica ipocritamente il governo italiano, come se dopo tutto quello che è accaduto e che accade ogni giorno possa esserci davvero un «ritorno alla normalità», come se esistesse davvero una normalità sotto una criminale occupazione militare che dura da decenni.
Certo, il vento sporco da fermare, insieme al razzismo, è quello dell’antisemitismo, ma il primo responsabile, ricorda con coraggio il libro di Anna Foa “Il suicidio di Israele” è esattamente il governo israeliano in carica: «…Ma i morti di Gaza sono opera di uno Stato che si definisce democratico, l’unica democrazia del Medio Oriente – scrive Anna Foa -, ma che non esita a colpire vecchi e bambini per uccidere un solo capo di Hamas, un capo che sarà sostituito dopo pochi giorni. E gli ebrei del mondo – continua Anna Foa – di quella diaspora che si riempie la bocca e la mente di etica ebraica e di pensiero ebraico, come possono accettarlo senza reagire? Come possono parlare solo di antisemitismo senza guardare a ciò che in questo momento lo fa divampare, la guerra a Gaza?».
Condanniamo dunque la malapianta dell’antisemitismo – sottolineiamo un’ultima evoluzione: si può infatti essere suprematisti come Orbán e islamofobi come il razzista Wilders, nonché di formazione antisemita come il neonazista partito tedesco Afd e l’almirantiana Meloni ma mimeticamente anche strenui amici d’Israele. E certo c’è da stare ogni giorno attenti a non confondere mai i termini, perché una cosa è il governo israeliano con dentro fascisti dichiarati, un’altra sono i sionismi e la loro storia – realizzata, ahimè, sulla pelle delle aspirazioni negate ai palestinesi – e un’altra ancora l’ebraismo.
Ma può davvero bastare? Può bastare, di fronte all’odio seminato, pensando a quel che sarà la memoria di chi ha vissuto da bersaglio nella Striscia di Gaza? Può bastare allo sguardo lungo nel tempo di quei bambini?
Lì, sotto le macerie e nelle fosse comuni è ormai seppellita la grande solidarietà dovuta ad Israele per il 7 ottobre; lì c’è un serbatoio d’odio che agita il mondo alle fondamenta, che si diffonde perché non trova più ascolto, lenimento, conforto umanitario o mediazione politica, se addirittura le istituzioni dell’Onu sono state dichiarate «terroriste» dalle istituzioni israeliane. Così pensare di rilanciare da copione l’infame accusa di antisemitismo – così fan tutti, da Netanyahu che grida alla «notte dei Cristalli come nel ’38″, al governo di destra olandese, dal re a Ursula von der Leyen – approfittando delle degenerazioni da condannare di tifoserie di calcio contrapposte, come è accaduto a Amsterdam – la città di Anna Frank, dalle profonde radici ebraiche (oggi capitale della xenofobia europea) – è davvero un penoso rito che banalizza la storia della persecuzione ebraica e la memoria anti- nazista d’Europa, portando solo acqua all’arroganza di Netanyahu.
Che con la sua guerra di vendetta espone al pericolo le comunità ebraiche, e che, appunto, pensa di ridurci alla dimensione della “tifoseria”. Ma Gaza non è una trasferta di calcio. Perché la deriva ultrà è la perfetta metafora spettacolare del nostro tempo, dove la violenza trova le sue ragioni, ormai in mancanza degli spazi necessari della politica che tace e chiude gli occhi, come i media, di fronte alla verità. Se è vero com’è vero che non c’è stata solo, dopo, la grave caccia all’israeliano in nome dei “bambini di Gaza”, ma che gli stessi tifosi israeliani del Makkabi hanno inscenato ben prima della partita provocazioni in più episodi, con gesti sprezzanti e violente rivendicazioni delle stragi di palestinesi. Se quello di Amsterdam è un pogrom, che cosa è la mattanza in corso in queste ore a Gaza, in Cisgiordania e in Libano?
Cosa è successo davvero ad Amsterdam con gli ultras del Maccabi Tel Aviv?
IL CATENACCIO 09 Novembre 2024
Gli scontri ad Amsterdam sono stati definiti “attacchi antisemiti” e “pogrom organizzati”, ma è andata veramente così? Chi sono e cosa hanno fatto gli ultras del Maccabi Tel Aviv? E perché nessuno ne parla?
Gli ultras del Maccabi Tel Aviv in trasferta ad Amsterdam per assistere alla partita di Europa League contro l’Ajax (terminata 5 a 0 per i lancieri) hanno seminato odio e violenza per due giorni mettendo sottosopra la capitale olandese. Nonostante ciò su tutti i media nazionali ed internazionali l’unica notizia che viene riportata è quella degli “attacchi” che la tifoseria israeliana avrebbe subito per le strade di Amsterdam. Attacchi che il potere mediatico definisce “antisemiti”. C’è addirittura chi si spinge oltre e parla di “pogrom organizzati”.
Ma le cose sono andate realmente così?
Quello che i media ed i politici non dicono
Gli ultras del Maccabi Tel Aviv hanno tenuto sotto scacco la capitale olandese per una giornata e mezza, incutendo terrore soprattutto nella fetta di popolazione di origine araba.
Quelli che in questo momento si sta provando a fare passare per vittime, in realtà, hanno strappato le bandiere della Palestina che diverse persone di Amsterdam avevano fuori le proprie abitazioni in segno di solidarietà con la popolazione palestinese; Hanno fatto continue provocazioni ai passanti di origine araba o a chi mostrava simboli palestinesi; hanno devastato il taxi di un arabo e diverse attività commerciale e/o abitazioni private. Hanno scandito cori razzisti e che esaltavano il genocidio palestinese “lascia che l’IDF vinca per fottere gli arabi” o ancora “non ci sono scuole a Gaza perché non ci sono più bambini”; Una volta all’interno della Johan Cruiyff Arena hanno fischiato il minuto di silenzio in ricordo delle vittime dell’alluvione che ha colpito la comunità di Valencia come rappresaglia contro il governo spagnolo che è in prima linea per il riconoscimento dello Stato di Palestina e per fermare il genocidio in corso.
Il tutto sotto gli occhi della polizia che li ha scortati in giro per tutta la città…
La FIFA rimanda le decisioni sulle violazioni israeliane nei territori palestinesi, suscitando dubbi sulla reale volontà di intervenire. L’analisi delle conseguenze politiche e sportive.
https://il-catenaccio.it/attualita/la-richiesta-della-palestina-alla-fifa-escludere-israele.html
Ma chi sono gli ultras del Maccabi Tel Aviv
Sono gli stessi ultras che nel marzo scorso fa si sono resi protagonisti di una violenta aggressione in quel di Atene – in occasione della trasferta di Conference League contro l’Olympiacos – ai danni di un uomo la cui colpa era quella di avere con sé una bandiera della Palestina.
Gli stessi -e in questo la società non fa differenza – che inviano costantemente gadget ai soldati dell’IDF impegnati ad uccidere quanti più palestinesi possibili in segno di ringraziamento. Gli stessi che dichiarano apertamente di non volere calciatori arabi a rappresentare il proprio club. Chiedere a Mahran Radi, calciatore arabo-israeliano costretto a lasciare il Maccabi, per averne conferma. Gli stessi che non si fanno problemi ad esporre dalle gradinate dello stadio Bloomfield, casa del Maccabi, striscioni contro la comunità lgbtqia+ o contro i rifugiati come, ad esempio, “Refugees not welcome“. Gli stessi che qualche anno fa scesero in piazza a Tel Aviv per protestare contro il primo ministro Benjamin Netanyahu coinvolto in uno scandalo di corruzione. Quello stesso Netanyahu che oggi prova a riportarli a casa, con due aerei cargo, autorizzando addirittura un’operazione di salvataggio coordinata – neanche a dirlo – dall’IDF come fa sapere il portavoce delle Forze di Occupazione Israeliane:
“A seguito dei gravi e violenti incidenti contro gli israeliani ad Amsterdam, con la direzione del livello politico e in conformità con una valutazione della situazione, le Idf si stanno preparando a dispiegare immediatamente una missione di salvataggio con il coordinamento del Governo olandese“.
Le reazioni della politica
Non ci si può meravigliare, quindi, se dopo tutto quel a cui abbiamo assistito in Olanda, qualcuno – al termine della partita -abbia voluto rendere pan per focaccia agli ultras del Maccabi Tel Aviv. Immagini che hanno fatto il giro dei social e che hanno scatenato l’indignazione del potere mediatico e politico che, estrapolando alcune immagini dal loro contesto originario, ora gridano allo scandalo e tirano in ballo – come sempre più spesso fanno per criminalizzare chi sostiene la causa palestinese – l’antisemitismo.
L’ufficio del premier israeliano ha dichiarato che il Primo Ministro Benjamin Netanyahu è stato informato dei dettagli riguardanti il violentissimo incidente contro i cittadini israeliani ad Amsterdam, ha svolto una valutazione con il suo Segretario militare e il ministro degli Esteri e sta ricevendo aggiornamenti regolari. Le immagini crude dell’assalto ai nostri cittadini ad Amsterdam non saranno ignorate.
Ariel Muzicant, presidente del Congresso ebraico europeo ha parlato di attacchi antisemiti, scioccanti e in piena vista nelle strade di una città europea, evidenziando i pericoli delle manifestazioni anti-Israele lasciate senza controllo.
In Italia c’è chi, come il leader di Italia Viva, Matteo Renzi parla di “caccia all’ebreo” e tira in ballo Anna Frank: “le scene che abbiamo visto in Olanda rappresentano una vera e propria squallida caccia all’ebreo. I tifosi sono stati presi di mira solo per la propria nazionalità o fede religiosa. Restare in silenzio significa essere complici di una vergogna globale, a maggior ragione nella terra di Anna Frank. L’antisemitismo è ancora una piaga della nostra società: bisogna avere la forza di dirlo ad alta voce, senza alcuna incertezza“. Sulla stessa lunghezza d’onda Carlo Calenda che nel ricondividere un post di condanna di quanto occorso agli ultras del Maccabi parla di “vergogna. Europa XXI secolo“.
Ma qui la vergogna è l’ipocrisia e la malafede di chi sostiene senza se e senza ma il governo israeliano che da oltre un anno sta compiendo una vera e propria pulizia etnica in Palestina. La vergogna è non condannare chi incita all’odio e gioisce della morte di oltre 17.000 bambini. La vergogna è parlare di caccia all’ebreo ed antisemitismo quando è lampante il perché della reazione. La vergogna sono i vertici della UEFA che pare non abbiano, neanche stavolta, voglia e volontà di prendere provvedimenti contro il club israeliano e la sua tifoseria. La vergogna è quella che sta andando in scena in mondovisione dall’ottobre scorso in Palestina con il sostegno di chi ci governa e la complicità del potere mediatico.
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