EGEMONIA. COME IL NEOLIBERISMO SI È IMPOSSESSATO DELLE NOSTRE MENTI da ANTIDIPLOMATICO
Egemonia. Come il neoliberismo si è impossessato delle nostre menti.
Ernesto Limia Díaz
Alessandro Bianchi 10 Febbraio 2024
Come il neoliberismo ha preso possesso delle menti di milioni di individui? Una domanda che pervade la nostra riflessione da anni e che mai ha trovato risposte e chiarimenti più illuminanti di quelle forniteci da Ernesto Limia Díaz – storico cubano, primo vicepresidente dell’Associazione degli Scrittori dell’UNEAC, e grande conoscitore degli attuali mezzi di comunicazione, in Italia per presentare il suo nuovo libro tradotto in Italia da Pgreco “Patria e cultura in rivoluzione” – nella conversazione che abbiamo avuto per “Egemonia”.
Crisi dei valori di riferimenti, paradigmi imposti, relativizzazione volgare e cinismo nella politica i temi al centro della nostra discussione. “E’ incredibile come anche oggi il tema del genocidio a Gaza porti a considerazioni volgari e ciniche nel dibattito politico”.
“Siamo nel pieno di una battaglia culturale enorme”, afferma Ernesto Limia Díaz all’inizio di un’analisi che arriva nel profondo dell’agire delle forze dominanti del sistema neoliberale mondiale, destrutturandolo e restituendolo completamente nudo. L’AntiDiplomatico, un giornale online regolarmente registrato che viene censurato in Italia per il volere di un’agenzia statunitense, NewsGuard, e “fact-checker indipendenti” di giornali con una visione del mondo avversa alla nostra, non stupisce l’intellettuale cubano. Le neuroscienze, la psicologia applicata all’essere umano, ci argomenta, sono al centro del disegno attraverso cui si è costruito il piano del neoliberismo per controllare la narrazione. E questo prevede anche la censura diretta. “Siamo in grado in tempo reale di sapere quello che vuole il nostro avversario, che sono le 6 corporazioni mediatiche nel mondo che controllano la narrativa costruita anche con la neuroscienza”, sottolinea. Ma, ripete, “la battaglia più importante non è nei mezzi di informazione. E’ quella culturale”.
E su questo punto Limia Díaz indica, con straordinaria lucidità, i due principali avversari che il neoliberismo ha individuato, combattuto e vinto: la memoria storica e la poesia. “Il neoliberismo per prosperare ha bisogno di un essere umano che non abbia radici e per questo ha costruito un ‘essere idiota’ che pensa solo a comprare acriticamente e che è disposto a vendere persino le proprie idee per denaro!” E’ lucidissimo nella sua analisi e ci porta passo passo a unire i puntini con la semplicità di sintesi che può permettersi solo chi porta con sé il bagaglio di conoscenza, la fierezza, l’orgoglio e la capacità di resistenza di un popolo che difende la propria sovranità, indipendenza e libertà contro le barbarie dell’imperialismo da decenni. “Il 1989 è chiaramente l’anno chiave”. Quando esce l’articolo di Fukuyama sulla “fine della storia”, il Congresso degli Stati Uniti doveva votare il riarmo del Pentagono in una fase di grande indebitamento del paese, prosegue, e coloro che volevano ridurre i fondi si aggrapparono a Fukuyama – “che non era un accademico ma un funzionario di alto livello del Dipartimento di Stato” – ma i militaristi lo osteggiarono e si aggrapparono a quella che sarà la loro “Bibbia”: il libro di Huntington “sullo scontro delle civilizzazioni”.
Ma c’era un problema, prosegue Limia Díaz, all’epoca i popoli non si piegavano al neoliberismo, alla sua inevitabilità, soprattutto in America Latina e in Asia. “Emersero il movimento 4 febbraio in Venezuela, il movimento zapatista, ad esempio, e negli Stati Uniti si resero conto che c’era una reazione dei popoli contro il neoliberismo.” In quel momento Fukuyama decide di uscire dal Dipartimento di Stato e diventare un accademico con l’obiettivo di studiare esattamente “come controllare l’essere umano dal punto di vista psicologico e ideologico”. E si è subito reso conto di quali fossero i due sentieri da intraprendere per controllare le menti di milioni di persone ed è così che il neoliberismo è divenuto il regime totalizzante che conosciamo. “Il primo sentiero è stato l’arte e la letteratura. Ed è proprio quello il momento in cui l’industria miliardaria dell’intrattenimento inizia a investire in pseudo-cultura, con un attacco fortissimo alla poesia, all’arte e al pensiero critico. Inizia ad imporsi un’arte commerciale.” E, nell’immaginare come “rivitalizzare il sogno americano” con la psicologia umana, si sono resi conto che “il piccolo commerciante” fosse il bersaglio più facile per costruire l’illusione che un giorno potesse diventare miliardario. “E da allora che la Banca Mondiale e il Fmi hanno creato spazi di investimento per il microcredito. Prima prestavano solo a grandi agglomerati industriali, da allora si alimenta il sogno di essere milionario con il microcredito… per poi svegliarsi a 60 anni in un tragico incubo!”.
Sono proprio quelli gli anni, da Bill Clinton in poi, in cui il microcredito e l’industria pseudo culturale creano il miraggio di un nuovo “sogno americano” che plasma le menti del mondo con un virus che Limia individua in modo nitido: “il mondo è dei vincitori e il fallimento non è colpa del sistema ma personale. Se fallisci è colpa tua perché il mondo ti offre la possibilità. La visione che tu puoi (hai il credito) ma se non riesci non è colpa del sistema. Ma sola tua.” Nell’inalazione di questo virus, ritorna spesso su questo punto lo storico cubano, un ruolo fondamentale hanno giocato i libri sulla crescita personale e le frasi dei vari Zuckerberg ripetute in modo ossessivo che ci invadono ogni giorno i social network. “Vi siete resi conto che quei libri sono oggi più diffusi dei classici!”.
La neuroscienza è servita a condizionare e plasmare le persone dal punto di vista ideologico prima che psicologico. L’’essere idiota’ senza pensiero critico ha cambiato i paradigmi di riferimento. “Non legge articoli, non va alle mostre di arte e se va al Colosseo qui a Roma lo fa per un selfie non per conoscere la storia che c’è dietro… Tutto questo che abbiamo descritto fino adesso si può contrastare con un articolo o un libro? No. Non hai nessuna possibilità. Se veramente ti poni l’obiettivo di affrontare questa macchina multimiliardaria infernale… non la sconfiggi certo con un articolo.”
E allora come reagire? “Bisogna trovare gli strumenti in ogni paese”. E’ la prima risposta che fornisce lo storico cubano, che sottolinea come un fattore determinante sia l’articolazione del pensiero critico. “C’è una generazione di studiosi negli anni ’60 e’70 che si conoscevano, si leggevano e si incontravano. Oggi c’è una disconnessione totale anche da noi in America Latina.” Perché? “Perché uno degli obiettivi del neoliberismo è la disconnessione. L’iperconnessione e la valanga di informazioni produce in realtà disconnessione, assuefazione e disarticolazione”.
Ma allora che fare? Come rispondere? Più che una domanda è un grido di disperazione il nostro, viste le barbarie prodotte in Italia, in Europa ma in generale nel mondo intero. “Dobbiamo agire come hanno fatto i neo-liberisti quando erano minoranza estrema, il mondo li ridicolizzava e si stavano formando”. Il nucleo teorico neo-liberale austriaco – “un gruppo di fascisti austriaci che costruisce il golpe con la chiesa nel 1934 che permise ad Hitler di prendersi l’Austria” – è partito “dalla loro Bibbia”, “Verso la schiavitù” di Von Hayek, “scritto a Londra dove fu mandato a contrastare le idee sempre più diffuse di Keynes”, per poi arrivare a diffondersi in tutto il mondo. Il momento chiave è il 1947 a Mont Pélerin in Svizzera, dove c’è il primo incontro con gli Stati Uniti, attraverso la figura di Milton Friedman. “34 persone si riuniscono in Svizzera e al momento sono minoranza estrema, ma comprendono in modo chiaro questo concetto: ‘Possiamo fare la teoria che vogliamo ma se non abbiamo buoni comunicatori è tutto inutile’. E proprio da lì inizia l’indottrinamento ideologico neoliberale, andando a selezionare tutti i potenziali leader di comunicazione nella politica, stampa, società. E la facoltà di scienze sociali di Chicago diviene il loro punto di riferimento”.
Quello che manca oggi a chi vuole contrastare le barbarie neoliberiste e veicolare il messaggio contrario è proprio questo. Come si fa a rimettere al centro lo Stato e disinstallare queste idee perverse all’origine della distruzione di diritti sociali un tempo considerati alienabili? “Dinanzi ad un ‘essere idiota’ che pensa solo a consumare e all’individualismo come forma di governo dobbiamo reagire partendo dal presupposto che abbiamo di fronte una opportunità”. Dopo aver ricordato le parole di Fidel Castro su internet – “sembra fatto per noi perché prima in nessun modo potevamo difenderci con la stampa dell’impero” – e risposto che c’è sempre una risposta alla censura e alla chiusura – “il tuo giornale l’AntiDiplomatico lo dimostra: alla chiusura di Facebook hai risposto con un canale Telegram che arriva a quasi 90 mila persone: è così che si comporta un vero rivoluzionario, trovando la via” – Limia Diaz identifica quest’opportunità, il sentiero da intraprendere. “Il neoliberismo investe miliardi perché le reti sociali siano inondate di violenza, neuroscienze applicate all’individualismo ed edonismo di brevissimo periodo. Noi dobbiamo contrastare la creazione di questo uomo idiota con un nuovo paradigma”. Come? “Innanzitutto analizzare il nostro pubblico di riferimento, accettare alcune regole degli algoritmi delle reti sociali, ma utilizzarle per diffondere e ribaltare il messaggio”. Se il neoliberismo ha diviso il pensiero critico dall’arte, il contrario deve essere il nostro primo obiettivo. “Io ho un programma storico a Cuba dove utilizzo il cinema. I documentari mi servono per arrivare al mio pubblico di riferimento, che sono i giovani. Poi utilizzo l’arte del dramma, la cinestetica e l’audiovisuale. Nel programma è presente la musica e c’è uno spazio fisso per la poesia. C’è molta cultura. Storia con i poeti insiemi. La nazione cubana si è costruita così: politici, storici, poeti, musicisti. Martì era il più grande poeta dell’America Latina.” E “secondo” ripartire da quello che hanno fatto loro nel 1947 in Svizzera. “Creare un’avanguardia e identificare leader della comunicazione ponendo al centro la connessione emozionale con il nostro pubblico. Solo così saremo in grado di cambiare paradigmi e messaggi”.
Per intraprendere il cammino dobbiamo avere bene in mente la strategia dell’avversario. Per uscire dallo stato della caverna dell’idiozia cui ci ha relegati il neoliberismo per diffondere le sue barbarie dobbiamo reagire. Il sentiero e gli strumenti da applicare ora sono più chiari.
LEGGI:
Nasce “Egemonia” di Alessandro Bianchi
“Egemonia” (1). I responsabili del massacro a Gaza: quale ruolo per la diplomazia e il diritto internazionale? – Alberto Bradanini
“Egemonia” (2). “L’Afghanistan dei talebani: quello che non vi raccontano” – Pino Arlacchi
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Egemonia (4). Dove è finita la classe dirigente europea? – Alberto Bradanini
Egemonia (5). Linea rossa Taiwan – Laura Ruggeri
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