DEARLOVE&STRANGELOVE: IL FRONTE DI GUERRA NATO-RUSSIA SI ESTENDE da PROSSO
Dall’Ucraina ai paesi baltici (a nord) alla Romania (a sud), il fronte di guerra NATO-Russia si estende
PROSSO Marzo 19, 2024
Ha dell’incredibile la sottovalutazione – da parte delle formazioni che si vogliono anti-capitaliste – delle manovre occidentali in corso per allargare a dismisura il fronte di guerra con la Russia, a nord nei paesi baltici e a sud in Moldova.
Nei primi due anni dall’invasione del territorio ucraino da parte della Russia il protagonista indiscusso, in ambito NATO, del “sostegno” all’Ucraina (ovvero: alla macellazione di ucraini) è stato l’asse Wall Street-Pentagono che ne ha tratto dei grandissimi benefici, sia diretti (per l’industria del gas e l’industria bellica) sia indiretti (per i pesanti danni inferti al socio pericoloso concorrente Germania). Ma con le crescenti difficoltà che sta incontrando Biden a profondere in questa opera altamente umanitaria altre decine di miliardi di dollari, il testimone è passato all’Unione europea, anche in questo caso con un’esaltante performance dell’industria bellica tedesca (+40% di fatturato in due anni) e italiana (una festa dopo l’altra per la Leonardo, l’ultima è la partecipazione alla costruzione di 12 sottomarini nucleari Columbia per la marina statunitense).
Inevitabile il rilancio francese. Ed ecco Macron salire alla ribalta invitando tutti a prepararsi alla guerra contro la Russia – il primo ad evocare in pubblico questa “necessità” era stato l’ex-capo di stato maggiore britannico. Salvo, poi, attenuare in parte la sua affermazione, ribadendo che per l’Europa e per la Francia la sconfitta della Russia in guerra è “questione esistenziale” (questa la formula esistenzialista in voga). Alla lettera:
“[…] dopo due anni di guerra, e anche di più, voglio ricordarvi che abbiamo fatto sistematicamente quello che avevamo detto di non fare. Il che dimostra la relatività delle dichiarazioni “finali” talvolta sentite dall’Europa. Due anni fa abbiamo detto: non invieremo mai carri armati. E li abbiamo inviati. Due anni fa abbiamo detto: non invieremo mai missili a medio e lungo raggio. E li abbiamo inviati. Abbiamo detto: non invieremo mai aerei. E alcuni hanno già iniziato a farlo.
“Quindi abbiamo posto troppi limiti, diciamo, al nostro vocabolario. Non stiamo portando avanti un’escalation [!!!]. Non siamo in guerra con la Russia [!!!]. Non dobbiamo semplicemente lasciare che la Russia vinca.”
In effetti un passo dopo l’altro, prima negando e poi facendo quel che si era negato, l’intera Unione europea sta andando alla guerra a tutto campo contro la Russia. Meglio, allora, cambiare “vocabolario”, e preparare le società europee a questo evento.
E’ un fuga in avanti, ha polemizzato Crosetto, che vorrebbe maggiore concertazione nei preparativi (cioè patti preventivi chiari sugli eventuali utili). Fatto sta che nell’incontro del 15 marzo a Weimar tra Macron, il primo ministro polacco Tusk e il cancelliere tedesco Scholz si sono fatti altri passi in avanti verso la fornitura di mezzi di attacco a Kiev capaci di colpire in profondità nel territorio russo (“artiglieria missilistica a lungo raggio”) e per sostituirsi agli Stati Uniti come primi fornitori di tutto l’equipaggiamento militare di cui l’Ucraina abbisogna, aumentando vertiginosamente la produzione di armi sia in Ucraina (attraverso joint-ventures), sia nei paesi UE. La sostituzione del capo-banda, si è detto, è particolarmente urgente, e le forniture immediate vanno ricercate su tutto il mercato mondiale, anche utilizzando gli interessi sui beni russi congelati nelle banche europee. Dopo questo incontro, è emerso in modo semi-ufficiale che i missili aria-terra Taurus KEPD 350, con una gittata superiore ai 500 km, arriveranno comunque presto all’Ucraina attraverso una classica triangolazione: la Germania li dà al Regno Unito (dove è diventato ambasciatore l’ex-comandante dell’esercito ucraino Zaluznyi), e questo, sempre più alla disperata ricerca di un rilancio post-Brexit via militarismo, provvederà a consegnarli a Kiev. A pressare in questa direzione è intervenuto anche l’ex-capo dell’intelligence britannica Dearlove, preoccupato per il fatto che l’opinione pubblica europea non ha compreso che “siamo già in guerra con la Russia”, anche se la definisce, per ora, una “guerra grigia”. In ogni caso le spese per la guerra debbono crescere rapidamente. Servono più navi subito. E “più soldati sul campo”, “la manodopera da combattimento è importante” – noi la chiamiamo carne da cannone, magari da ricercare nelle ex-colonie (si sa, infatti, di tentativi in atto di reclutare più o meno forzatamente studenti o richiedenti asilo congolesi residenti in Ucraina), e comunque nelle classi sfruttate. In Ucraina questa estrazione sociale dei soldati è stata, in questi giorni, addirittura formalizzata, dal momento che il deputato di area governativa Honcharenko ha preannunciato la seguente decisione del governo: tutti coloro che hanno stipendi doppi rispetto al salario medio (come i dipendenti statali e i poliziotti) non saranno reclutati per il fronte…
Intanto non passa giorno senza che le richieste di armi del governo Zelensky si alzino di livello. L’ex-vicesegretario del Consiglio di sicurezza nazionale Krivonos ha da poco dichiarato che le autorità di Kiev potrebbero chiedere “agli americani, ai britannici o ai francesi” armi nucleari: “La Federazione russa ha piazzato le sue armi in Bielorussia. Cosa ci impedisce di proporre ai francesi o agli inglesi di fare lo stesso?”. Intanto la primo ministro estone Kallas invita tutti gli europei, anzitutto i propri concittadini, a “non aver paura di una guerra nucleare”. L’aveva preceduta con toni perfino più aggressivi il presidente della Lettonia Rinkevics: “Sostengo pienamente Macron. Non dovremmo introdurre linee rosse per noi stessi; dovremmo tracciare linee rosse per la Russia, e non aver paura di tracciarle. L’Ucraina deve vincere. La Russia deve essere distrutta. Russia delenda est!”.
Al confronto appare assai pacata la ministra dell’istruzione tedesca Stark-Watzinger che pure ha affermato senza le ipocrisie tipiche dei ministri italiani: “dobbiamo preparare gli studenti tedeschi alla guerra”. Nel frattempo si moltiplicano le esercitazioni nei rifugi in Polonia, dove il vice capo di stato maggiore Dymanovski afferma che un contingente di 300.000 soldati NATO è pronto ad arrivare nel paese “non dopo l’inizio della guerra, ma prima”; ed altri generali (Kozei, Krazewski ad esempio) dichiarano che la Polonia sta preparando il suo esercito a sferrare un “attacco preventivo” contro la Russia per… proteggere al meglio la sua popolazione.
A sua volta l’Unione europea dell’asse von der Leyen-Borrell-Meloni appresta il 14° pacchetto di sanzioni contro la Russia, e con il suo presidente Michel dichiara: “Ucraina, se vogliamo la pace, prepariamo la guerra. Serve spendere di più per la difesa e produrre più munizioni. Se non diamo a Kiev sostegno sufficiente per fermare la Russia, saremo i prossimi”. Nel mentre 13 paesi UE, tra cui l’Italia, chiedono alla BEI (la Banca europea per gli investimenti) di incrementare il sostegno alla produzione bellica.
Del resto la NATO è in frenetica attività sul suolo europeo. A Sud Est, in Romania, è in costruzione, nella contea di Costanza vicino al mar Nero, la più grande base aerea in territorio europeo (la Mihail Kogălniceanu), più grande di quella di Ramstein in Germania, che sarà “la più importante struttura militare permanente della Nato nelle immediate vicinanze del conflitto nell’Ucraina meridionale”, e potrà contenere fino a 10.000 militari. La Romania, per avere questo privilegio, ci ha messo 2,5 miliardi. E a ruota il suo presidente Ioannis si è candidato a diventare segretario generale della NATO, decidendo di addestrare in Romania alla guida dei bombardieri F-16, nella base di Fetesti, 50 piloti ucraini. Per premiare la Romania per questa sua disponibilità, il parlamento europeo ha pensato bene di rispolverare una questione di un secolo fa, approvando una risoluzione nella quale si invita la Russia a restituire alla Romania “l’oro e gli oggetti del patrimonio artistico consegnati all’impero russo” come “pegno” per la protezione durante la prima guerra mondiale… immaginate se lo stesso criterio di restituzione retroattivo fosse adottato per i paesi europei che hanno derubato mezzo, anzi 4/5 di mondo! Così come per premiare l’Ucraina dei suoi immani sacrifici per la gloria della NATO, truppe ucraine sono state spedite in Sudan a combattere a sostegno del generale Burnam contro le forze “ribelli” di reazione rapida sostenute dalla Russia, e lì hanno potuto procurarsi armi di cui il Sudan è strapieno.
Ma non c’è dubbio che ora il massimo impegno della NATO sia concentrato a Nord. In Norvegia gli Stati Uniti stanno costruendo 12 basi militari (definite eufemisticamente “aree dedicate”) per contendere alla Russia sia la rotta del mare del Nord sia le risorse energetiche nel mare Artico davanti alle coste russe, facendo di questo paese, un tempo semi-neutrale, un avamposto di una futura guerra generale contro la Russia, una sorta di “Ucraina artica”. Sempre a Nord, dove da poco Svezia e Finlandia sono entrate nella NATO, si svolgono attualmente in Lettonia, ai confini con la Russia, le esercitazioni denominate Cristal Arrow – parte della più grande esercitazione militare della storia della NATO, la Steadfast Defender che dispiega ben 90.000 soldati e migliaia di mezzi corazzati, aerei, etc.
Già all’atto dell’invasione russa dell’Ucraina abbiamo spiegato una volta per tutte perché non attribuiamo alla Russia iper-capitalista di Putin nessuna funzione anti-imperialista, né alcuna missione anti-nazista – il ruolo fondamentale svolto dalla compagnia Wagner, fortemente rassomigliante nella sua ideologia (e non solo) alla famigerata Azov ucraina, e l’attuale reclutamento di mercenari in paesi impoveriti o disastrati come Cuba, Siria, Nepal, etc., dovrebbero dire qualcosina a riguardo. In realtà con l’intervento militare in Ucraina – dovrebbe essere evidente a tutti coloro che non sono ciechi per scelta – la Russia ha dichiarato di voler partecipare in prima fila alla rispartizione via guerra del mercato mondiale, divenuta inevitabile per le leggi della giungla che regolano il capitalismo globale, e per effetto dell’inesorabile declino del comando statunitense-occidentale sul mondo. Per chi non ne fosse al corrente, ripubblichiamo in appendice le nostre tesi sulla guerra in atto tra NATO e Russia in Ucraina.
In questo testo abbiamo solo inteso mettere in fila gli ultimissimi sviluppi di questa guerra che ne preparano in modo inequivocabile l’allargamento verso il territorio russo, verso i paesi baltici e verso la Moldavia – in prospettiva verso l’intero territorio europeo e ben oltre di esso, non essendo possibile, quando si mettono in moto dinamiche del genere, prevedere se e dove possano arrestarsi, se non interviene in campo la forza degli sfruttati a dichiarare, con i fatti, guerra alla guerra del capitale, opponendo alla catastrofe bellica la prospettiva della rivoluzione sociale anti-capitalista. Essendo in un paese membro fondatore della NATO e dell’UE, che ha condiviso e condivide tutte le scelte di queste due strutture di brigantaggio e di morte, dobbiamo concentrare e rilanciare la nostra propaganda e la nostra azione contro il nemico “in casa nostra”: il governo Meloni, lo stato italiano, le banche e le imprese italiane, nonché le alleanze entro le quali il capitalismo made in Italy si protegge.
Lo abbiamo fatto finora, con le nostre modeste forze, in tutte le circostanze, da ultimo nella grande manifestazione di Milano del 24 febbraio: contro le guerre del capitale, l’economia di guerra e i suoi terribili costi materiali, la propaganda di guerra, l’ulteriore disciplinamento sui luoghi di lavoro, l’invasione delle scuole e delle università da parte del nuovo “educatore” bellico, il rilancio delle ideologie sessiste, razziste, scioviniste russofobe, connaturato al clima di guerra, etc. Torneremo a farlo nelle piazze del 1° maggio continuando a tessere i fili di una rete internazionale e internazionalista che unisca in modo sempre più stretto le avanguardie proletarie di tutti i paesi del mondo contro l’intero sistema del capitalismo in putrefazione.
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