BIDEN: “MIRAGGIO UMANITARIO PER ESAUTORARE L’ONU” da IL MANIFESTO e IL FATTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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BIDEN: “MIRAGGIO UMANITARIO PER ESAUTORARE L’ONU” da IL MANIFESTO e IL FATTO

Biden, per un popolo alla fame il porto di nebbie di Biden

MIRAGGIO «UMANITARIO». Siccome il falso ha il sopravvento sul vero, ecco che arriva la versione «umanitaria» dell’Occidente, degli Usa e in coda dell’Ue. Siamo a cinque mesi di massacri, di tiro al […]

Tommaso Di Francesco  10/03/2024

Siccome il falso ha il sopravvento sul vero, ecco che arriva la versione «umanitaria» dell’Occidente, degli Usa e in coda dell’Ue. Siamo a cinque mesi di massacri, di tiro al piccione sui civili, con 31mila morti tra donne e bambini e più di 71 mila feriti e mutilati.

Con due milioni e 300mila esseri umani costretti a fuggire a sud e a nord su un fazzoletto di terra, per una «guerra» impari autorizzata come vendetta della strage di Hamas del 7 ottobre. Con un intero popolo ridotto alla fame mentre seppellisce i familiari nelle fosse comuni. Allora ecco che Joe Biden – per Trump i palestinesi nemmeno esistono – , alle prese con le primarie democratiche, scopre il forte peso elettorale del dissenso verso la sua politica pro-Israele tra l’elettorato arabo-americano, tra i giovani del movimento ebrei anti-sionisti e tra gli studenti dei campus universitari; così si dichiara dedito al «soccorso umanitario». In realtà corre al soccorso di se stesso in vista delle presidenziali Usa.

I segnali di questa iniziativa a dir poco tardiva e propagandistica sono ambigui e vergognosi. In primo luogo è il segno di un fallimento, come dice l’Alto funzionario Usa Jeremy Konyndyk ripreso ieri da Michele Giorgio sul manifesto, per l’incapacità dimostrata da Biden a frenare Netanyahu, ma allo stesso tempo rende evidente il risultato dei suoi veti nel Consiglio di sicurezza Onu contro ogni richiesta di cessate il fuoco perché si interrompesse il massacro indiscriminato in corso. Per il quale, è bene ricordarlo, il governo israeliano è ora imputato all’Aja per genocidio. Senza dimenticare che in realtà denuncia il Washington Post, mai come in questi 5 mesi sono state inviate dagli Usa tante armi a Israele. Per il «porto umanitario», o «molo» – già vediamo la cartina a Porta a porta da Vespa – , dicono fonti della Casa bianca, ci vorranno uno o due mesi, quindi l’autorizzazione a massacrare intanto continua, almeno fino all’arrivo delle telecamere per gli spot sulla bontà occidentale. E per chi pensava allo smacco di Netanyau bypassato dall’iniziativa, ecco che arriva il «favore» di Tel Aviv, a patto che l’esercito israeliano controlli gli aiuti perché non devono entrare – come da Rafah, dove la guerra «deve essere portata a termine» – strumentazioni «pericolose» come farina, latte, incubatrici, medicine, potabilizzatori di acqua ecc…

Perché Netanyahu fa buon viso a cattivo gioco? Perché l’iniziativa di Biden va nella sua direzione. Infatti esautora completamente le Nazioni unite, che sono vocate a queste operazioni, sia escludendo e penalizzando ancora di più l’Unrwa alla quale gli Stati uniti e molti Paesi Ue tra cui l’Italia e non solo hanno tagliato i fondi dopo la denuncia strumentale d’Israele sul sua presunta infiltrazione da Hamas, nonostante che l’Unrwa-Onu da 75 anni sia stato e sia l’unico strumento di sostegno alla popolazione palestinese, il popolo dei campi profughi a casa sua. Ma c’è anche la delegittimazione delle decisioni della Corte di giustizia dell’Aja che, in considerazione dell’«incubo umanitario in atto dalle incalcolabile conseguenze regionali», tra le sue richieste vincolanti ha imposto allo Stato di Israele di «adottare misure immediate – era il 26 gennaio scorso – ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le condizioni di vita avverse dei palestinesi nella Striscia di Gaza».

Nulla è stato fatto se non il contrario. Se Biden volesse davvero soccorrere i palestinesi dovrebbe con il cessate il fuoco consentire l’ingresso, via terra – l’unico presidio credibile e necessario – della flotta di container bloccati nel deserto per volontà d’Israele. Invece promette un «porto» – ci approderà anche il «corridoio marittimo» che propone la Ue? – tra uno o due mesi senza spiegare chi consegnerà il miraggio di «due milioni di pasti» , come e a chi verranno consegnati questi aiuti americani.

La guerra per fame è un crimine contro l’umanità – lo ha perfino ricordato Mattarella -, non serve l’Intelligenza Artificiale per spiegarlo, né il ricorso a Dante per capire che di fronte alla fame ogni consorzio umano è sottoposto ad un ricatto mortale che devasta la residua solidarietà. Noi ogni giorno sentiamo quel bisogno come abitudinario perché possiamo esaudirlo; a Gaza costituisce un annuncio fisico di morte, di resa, di impotenza: lì non c’è più umanità. Tranne quella che muore davanti agli occhi dei bambini che ancora sopravvivono e che non dimenticheranno. E non c’è più religione. Oggi comincia il mese del Ramadan nel mondo islamico e a Gaza non c’è bisogno che un imam ricordi il precetto del digiuno: lì non è più offerta ma solo condanna.

L’Idf ha già diviso in due la Striscia con 6 km di strada

LA CNN – Da Israele al mare. Tel Aviv spiega che i due km di nuova costruzione servono per gestire gli attacchi. Intanto i negoziati sono fermi

ROBERTA ZUNINI  10 MARZO 2024

Dall’alto dei cieli, i satelliti hanno svelato che giù, sulla terra, nell’inferno di Gaza, tra le macerie, corre una nuova strada costruita dall’esercito israeliano dopo 7 ottobre. Le forze di difesa di Israele sostengono si tratti di un’arteria che serve per far correre i blindati senza ostacoli, ma la realtà sembra ben diversa. Si tratta piuttosto di una linea tracciata dal confine con Israele fino al Mediterraneo che taglia longitudinalmente la Striscia così da dividere il nord dal sud.

A renderlo noto è stata la Cnn che ha visto le foto satellitari dello scorso 6 marzo in cui risulta evidente che la strada ancora in costruzione ora si estende per quasi tutta la larghezza della Striscia: circa 6,5 ​​chilometri. Secondo l’analisi della Cnn, circa 2 chilometri comprendono una strada esistente, mentre il resto è nuovo. Le forze di difesa israeliane hanno ribadito alla Tv americana che stanno utilizzando la rotta per “stabilire un punto d’appoggio operativo nell’area” . Alla domanda sul completamento del percorso, l’Idf ha affermato che la strada esisteva prima della guerra ed era in fase di “rinnovamento”, a causa dei veicoli blindati che “la danneggiavano”. Il 23 febbraio il primo ministro Benjamin Netanyahu ha presentato al suo gabinetto di sicurezza un piano, ottenuto dalla Cnn, per un futuro post-Hamas per Gaza, compresa la “completa smilitarizzazione” dell’enclave e la revisione della sua sicurezza, amministrazione civile e istruzione.

I palestinesi che vivono a Gaza temono che i piani di sicurezza israeliani del dopoguerra limiteranno ulteriormente la loro libertà di movimento, ricordando i giorni dell’occupazione israeliana prima del 2005. Per completare la costruzione del cosiddetto “corridoio Netzarim” i militari israeliani hanno detto di aver demolito gli edifici che si trovavano sul percorso stabilito. Netzarim non è un nome casuale bensì iconico visto che rievoca l’omonimo ex insediamento israeliano a Gaza, uno dei più grandi. Il ministro israeliano per gli affari della diaspora, Amichai Chikli ha detto alla Cnn che la nuova strada “renderà più facile” per l’esercito israeliano lanciare raid a nord di Gaza City e a sud, nell’area centrale della Striscia di Gaza. La strada, che secondo lui sarà utilizzata per almeno un anno, diventerà a tre corsie e sarà possibile percorrerla da Be’eri – uno dei kibbutz vicino al confine di Gaza più devastati dai terroristi di Hamas il 7 ottobre – fino al Mar Mediterraneo in sette minuti di auto. I palestinesi sono certi che questa divisione della Striscia preannunci una nuova definitiva occupazione militare. Intanto oggi inizia il Ramadan più doloroso di sempre per gli abitanti di Gaza che speravano in un accordo prima del suo inizio.

Sul terreno, le forze israeliane hanno attaccato diverse posizioni di militanti di Hamas nel centro di Gaza. È stata attaccata anche una torre residenziale, Al-Masri, a Rafah, dove si teme per l’offensiva di terra. Per quanto riguarda gli ostaggi israeliani, il portavoce di Hamas Abu Obaida ha spiegato che la condizione chiave per rilasciarli è l’impegno israeliano per un cessate il fuoco e il completo ritiro dell’Idf da Gaza. Ha quindi sottolineato che alcuni ostaggi soffrono “di malattie dovute alla mancanza di medicine e cibo”. A questo proposito il capo del Mossad David Barnea ha incontrato il suo omologo della Cia, Bill Burns, per discutere l’avanzamento dei negoziati. Secondo il Mossad, Hamas è “risoluto nella sua posizione di non volere un accordo”. La giornata di oggi inizia con una tensione altissima dopo che i funzionari di Hamas hanno invitato i palestinesi in Cisgiordania e in Israele a marciare verso il complesso del Monte del Tempio/Moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme durante il mese del digiuno. Il presidente Usa, Biden si è detto preoccupato per le violenze che potrebbero scoppiare a Gerusalemme Est. E su pressione statunitense Doha minaccia di espellere i leader di Hamas dal Qatar se non riuscirà a convincerli ad accettare un accordo. Lo riferisce il Wall Street Journal che cita un funzionario di Hamas e uno egiziano.

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