UN PAESE A SUA IMMAGINE da IL MANIFESTO e 18BRUMAIOBLOG
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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UN PAESE A SUA IMMAGINE da IL MANIFESTO e 18BRUMAIOBLOG

Un paese a sua immagine

SILVIO BERLUSCONI 1936-2023. Quando muore una figura pubblica, in questo caso un uomo politico, specialmente del calibro di Silvio Berlusconi, il momento del trapasso fatalmente tende a purificarne e a riscattarne la biografia. […]

Norma Rangeri  13/06/2023

Quando muore una figura pubblica, in questo caso un uomo politico, specialmente del calibro di Silvio Berlusconi, il momento del trapasso fatalmente tende a purificarne e a riscattarne la biografia. Scompaiono le zone d’ombra, gli abusi di potere, i conflitti di interessi, le pagine più imbarazzanti.

Ma pur immaginando che nel momento del pubblico cordoglio, Berlusconi sarebbe stato felice di ricevere solo lodi e apprezzamenti, noi non vogliamo fargli il torto di associarci al rito ipocrita dell’encomio nazionale.

Specialmente di fronte all’eccesso di una Camera dei deputati chiusa per due giorni, di un Pd che rinvia la sua direzione, delle bandiere a mezz’asta e della proclamazione del lutto nazionale.

Naturalmente a Cesare va dato quel che è di Cesare. Diceva bene ieri la presidente della Commissione europea Von der Leyen, “Berlusconi ha plasmato il suo paese”, perché è ben vero che nel suo lungo regno, l’imprenditore edile milanese è riuscito a trasformare la Repubblica in un regimetto a sua immagine e somiglianza, operando una mutazione antropologica che aveva a lungo coltivato attraverso il monopolio televisivo privato, i giornali, l’editoria.

L’occasione per forgiare l’ideologia dello spettacolo, del mercato, dell’impresa e tramutarla in egemonia culturale e da egemonia culturale in primato politico gliela offrirà poi la storia dei primi anni ’90, con il tonfo elettorale del pentapartito ai tempi di Tangentopoli, cioè con lo sfaldamento del sistema politico nato nel Dopoguerra.

In quel vuoto, in quel paese orfano del baricentro democristiano si infila il tycoon miliardario con tutta la forza della sua strabiliante ricchezza, unita allo straordinario potere delle televisioni e della carta stampata, allora molto più influenti di oggi.

Prima ancora di avvilire la libertà di stampa con le leggi bavaglio, i tagli all’editoria, la legge Gasparri, il sistema berlusconiano della comunicazione toglie dignità alle parole della politica, imponendo l’ideologia dell’antipolitica, così battezzando il populismo all’italiana, che poi farà strada nel mondo.

Democrazia, giustizia e libertà nella neolingua si traducono con potere, arbitrio e individualismo, cambia il senso del discorso corrente, la nuova destra si allontana da un piano razionale e informativo, per identificarsi sempre di più, ieri come oggi, con un livello performativo, in cui non conta quel che si dice ma come lo si dice, la performance.

E’ così che la rappresentazione prende il posto della rappresentanza, il cittadino diventa audience, il sesso privato diventa un peep-show nazionale. In quel momento disgraziato della storia patria il berlusconismo fa del nostro paese un caso di scuola mondiale.

A Berlusconi riesce quello che con tutte le sue forze oggi tenta di perseguire la giovane Meloni: imporre la sua retorica al paese. Sebbene molto sia stato costruito in quella direzione, e altri leader abbiano infilato quelle scarpe, da Renzi a Grillo, difficilmente la premier saprà eguagliare un maestro che non lascia eredi.

Per cambiare, come a lui è riuscito, i connotati alla società, l’uomo di Arcore ha lavorato libero dall’armamentario post-fascista che ingombra oggi le stanze del potere, anzi quelle stanze spesso Berlusconi le ha organizzate mettendo in squadra le migliori intelligenze della sinistra mediatica degli anni ’80, e professori del calibro di Lucio Colletti. Utili a mietere consensi nella prima fase di Forza Italia, poi rottamati e sostituiti con figure alla Dell’Utri e alla Previti, ben più rappresentative delle radici del potere. E che solo l’opera della magistratura ha potuto scalzare dal palcoscenico della politica.

Oggi che su quel palcoscenico Berlusconi non c’è più, nemmeno formalmente come negli ultimi anni del declino, quel che resta di quella storia non è un bello spettacolo.

Attorno al corpo dell’ex sovrano sono riuniti gli avidi appetiti o di politici di seconda fila, o di ex leader che vorrebbero dividersene le spoglie.

Le due donne che segnarono l’inizio del declino

HABEMUS CORPUS. C’è un preciso momento in cui Silvio Berlusconi comincia a scendere dal piedistallo di uomo vincente in cui si è avvolto. C’è un preciso momento in cui la sua aura […]

Mariangela Mianiti  13/06/2023

C’è un preciso momento in cui Silvio Berlusconi comincia a scendere dal piedistallo di uomo vincente in cui si è avvolto. C’è un preciso momento in cui la sua aura comincia a perdere smalto. Non sono i processi, non sono i guai giudiziari, ma la chiamata in causa di due donne: la seconda moglie Veronica Lario, e Patrizia D’Addario, che i giornali amano definire «escort di lusso».

Siamo nel 2007. Il 31 gennaio Repubblica mette in prima pagina una lettera con cui Veronica Lario chiede al marito pubbliche scuse per aver offeso la sua dignità di donna. Alla cena di gala che segue la premiazione dei Telegatti, Berlusconi si era avvicinato a una signora dicendole: «… se non fossi già sposato ti sposerei subito. Con te andrei ovunque». La lettera di Lario non è, come molti si affrettano a minimizzare, una banale scenata pubblica fra due coniugi. È una ribellione meditata e così motivata: «Oggi nei confronti delle mie figlie femmine, ormai adulte, l’esempio di donna capace di tutelare la propria dignità nei rapporti con gli uomini assume un’importanza particolarmente pregnante; la difesa della mia dignità di donna ritengo possa aiutare mio figlio maschio a non dimenticare mai di porre tra i suoi valori fondamentali il rispetto per le donne, così che egli possa instaurare con loro rapporti sempre sani ed equilibrati».

Due anni dopo, il 28 aprile 2009, in un’email all’Ansa Lario scrive cose molto più esplosive. Prende le distanze da due fatti: l’uso delle donne nelle candidature per le imminenti elezioni europee, la partecipazione del premier alla festa per i diciott’anni di una ragazza di Casoria, Noemi Letizia. Scrive Lario: «La strada del mio matrimonio è segnata. Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni. Chiudo il sipario sulla mia vita coniugale. Io e i miei figli siamo vittime e non complici di questa situazione.

Non posso più andare a braccetto con questo spettacolo. Qualcuno ha scritto che tutto questo è a sostegno del divertimento dell’imperatore. Condivido. Quello che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore. E tutto in nome del potere. Figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo e la notorietà… e per una strana alchimia, il paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore. Quello che emerge oggi attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile, e che è ancora più grave, è la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte».

Riguardo alla presenza di suo marito alla festa per Noemi Letizia, Lario aggiunge: «La cosa ha sorpreso molto anche me, anche perché non è mai venuto a nessun diciottesimo dei suoi figli pur essendo stato invitato».

Il caso Ruby, con tutto quel che ne consegue, scoppierà a fine ottobre 2010, ma è Patrizia D’Addario la prima a parlare dei festini che si svolgevano a palazzo Grazioli e lo fa con un’intervista al Corriere della sera del 17 giugno 2009. Tuttavia è su questo giornale, «il manifesto, che Ida Dominijanni, colloquiando con lei, sposta l’attenzione dall’etichetta di escort per fissarla sulla donna. È qui che D’Addario si svela testimone, come scrive Dominijanni, di «un sistema di scambio corpo-danaro-potere che a suo dire è molto più esteso e radicato di quanto si pensi, incardinato su una colonizzazione dell’immaginario femminile che sogna solo comparsate in tv».

Berlusconi darà le dimissioni da capo del governo l’8 novembre 2011 e non tornerà più a Palazzo Chigi. Sarà lo spread alle stelle la ragione conclamata della fine di una stagione politica. Ma prima, molto prima, sono state due donne a tirarlo giù dal piedistallo.

http://diciottobrumaio.blogspot.com/2023/06/come-ormai-tutto-il-mondo-sa.html

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