“UN ATLANTE PER IL SUOLO SCOMPARSO” da IL MANIFESTO
«Un Atlante per il suolo scomparso»
INTERVISTA. Per la prima volta, il consumo di territorio monitorato dall’Ispra si accompagna a una cartografia che rende evidente il fenomeno a tutti: «La crescita è prepotente»
Luca Martinelli 26/10/2023
L’edizione 2023 del Rapporto Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici, realizzato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, è la decima dedicata a questi temi. Michele Munafò, Responsabile del Servizio per il sistema informativo nazionale ambientale dell’Ispra, ne è il curatore. «È difficile fare un bilancio dell’impatto del nostro lavoro – spiega a l’Extraterrestre – ma credo che rispetto a dieci anni fa siano cambiate la consapevolezza e la riconoscibilità del problema, tanto a livello politico quanto nell’opinione pubblica».
I dati relativi al 2022, però, dimostrano che questa consapevolezza non è ancora sufficiente a invertire la rotta.
Oggi abbiamo a disposizione i dati, dati che vengono tenuti in considerazione, almeno in termini di politiche di governo del territorio. Questo ci rende orgogliosi rispetto all’utilità del nostro lavoro. Il riconoscimento dell’impatto collegato al consumo di suolo, purtroppo, non si è ancora tradotto in una legge nazionale, da cui potrebbero discendere azioni di contrasto più concrete, a livello nazionale e a livello regionale. Manca, quindi, la possibilità di rivedere le scelte urbanistiche. Questo ritardo è vero anche a livello di opinione pubblica, perché ancora oggi il tema non è al centro dell’agenda, come altri temi ambientali. Un problema è che anche il singolo cittadino sarebbe chiamato ad azioni di rinuncia, ad esempio in termini di aumento della rendita del proprietario di un determinato terreno o di incidere con le proprie scelte di acquisto di terreni sulle modifiche degli strumenti urbanistici. Purtroppo la strada fa da fare è ancora tanta, ma è importante annotare che oggi finalmente possiamo riconoscere dove si costruisce di più e dove di meno, come ci si comporta vicino alla costa o nelle aree a pericolosità di frana. Dieci anni fa non c’era alcuna consapevolezza».
Per la prima volta, con l’edizione 2023 del Rapporto mettete a disposizione anche un «Atlante nazionale del consumo di suolo». Che obiettivi ha questa nuova pubblicazione?
Penso che le cose vadano viste e la rappresentazione cartografica è la più efficace per descrivere fenomeni complessi, che i numeri a volte possono rendere un po’ astratti. Vedere com’è cambiato il territorio negli ultimi 16 anni e nell’ultimo anno, rende evidente il consumo di suolo. L’ambizione è che chi lo consulterà potrà riconoscere l’area in cui vive, e vedere com’è cambiato intorno a sé nel corso degli anni, al di là dell’esperienza diretta delle trasformazioni che ognuno di noi ha vissuto a partire dal 2006. La visione d’insieme, poi, aiuterà a capire come questa serie di puntini rossi sia presente un po’in tutta Italia. L’Atlante contribuirà ad aumentare la consapevolezza, usando uno strumento tradizionale, a cui tutti siamo abituati fin dalle scuole primarie.
Consapevolezza che però non frena il consumo di suolo. Cosa caratterizza l’ultimo anno?
La crescita è prepotente, dato che passa dai 70 ai 77 chilometri quadrati lordi, un 10% in più. Rispetto all’anno scorso, la crescita delle coperture legate a nuovi edifici è rimasta stabile, mentre ad essere esplosi sono i cantieri, in molti casi legati alle infrastrutture, a nuove grandi opere che sono ripartite.
Uno dei paragrafi del rapporto è dedicato al fotovoltaico a terra: anche in questo caso si tratta di vero consumo di suolo?
La Commissione europea riconosce negli impianti a terra una causa di consumo di suolo. Nell’ultimo anno i dati che abbiamo rilevato indicano nuovi impianti per 500 ettari, la metà dei quali poi rientrano anche nella classificazione oggetto del rapporto. Per noi è importante sottolineare questi aspetti perché gli obiettivi di transizione energetica ed ecologica, entrambi necessari, non possono essere in contrapposizione. Per questo, occorre attenzione, visto che i nuovi impianti sono ancora pochi rispetto a quelli attesi da qui al 2030, almeno secondo gli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC). È positivo che ci siano tante installazioni sui tetti di strutture esistenti, sono il 66% del totale, ma rischiamo di avere 350 km 2 di nuovi impianti a terra nei prossimi sette anni. È ovvio che non si può paragonare questo consumo di suolo a quello legato agli edifici, in termini di effetti sui servizi ecosistemici, sulle funzioni del suolo, sulla irreversibilità, i pannelli sono meno impattanti, ma gli effetti negativi ci sono comunque e agire sfruttando il potenziale di tetti esistenti potrebbe conciliarsi bene anche con obiettivi di riqualificazione del patrimonio esistente. Teoricamente, ci sono superfici in grado di ospitare pannelli per una potenza installata tra i 70 e i 92GW, la una quantità di impianti per energia rinnovabile superiore a quella prevista dal PNIEC.
Italia mangiata dal cemento, via altri 77 chilometri quadrati
AMBIENTE. Il Rapporto 2023 evidenzia un aumento del 10% rispetto all’anno precedente. Primato Lombardia, l’Emilia Romagna non teme alluvioni. Roma il comune messo peggio
Luca Martinelli 26/10/2023
Puntuale, il Rapporto sul consumo di suolo 2023 arriva a ricordarci che in Italia abbiamo un problema nella relazione con «una risorsa vitale, limitata, non rinnovabile e insostituibile», come spiega l’introduzione al documento diffuso ieri dal Sistema nazionale per la protezione ambientale. Gli ultimi dati, infatti, ci mostrano che il consumo di suolo non solo da due anni non rallenta più, ma nel 2022 accelera bruscamente e torna a correre a ritmi che, in Italia, non si vedevano da più di 10 anni: i fenomeni di trasformazione del territorio agricolo e naturale in aree artificiali hanno sfiorato lo scorso anno i 2,5 metri quadrati al secondo e riguardato quasi 77 chilometri quadrati in un solo anno, il 10% in più rispetto al 2021. Ogni giorno del 2022 ne sono stati consumati più di 21 ettari, «il valore più elevato degli ultimi 11 anni», spiega il rapporto. La crescita netta delle superfici artificiali dell’ultimo anno equivale a una densità di consumo di suolo di 2,35 metri quadrati per ogni ettaro di territorio italiano.
A LIVELLO NAZIONALE, la copertura artificiale del suolo è stimata in oltre 21.500 chilometri quadrati, pari al 7,14% del territorio: immaginate la Sardegna coperta al 90% da cemento, da asfalto, da svincoli, rotatorie, da case e grandi centri logistici e commerciali. Eppure, avremmo bisogno di altro: un suolo sano è base essenziale dell’economia, della società e dell’ambiente; produce alimenti, accresce la nostra resilienza ai cambiamenti climatici, agli eventi meteorologici estremi, alla siccità e alle inondazioni.
ANCHE NELL’ULTIMO ANNO i cambiamenti più significativi si sono concentrati nelle aree più urbanizzate, quelli dell’inquinatissima Pianura Padana, in particolare nella parte lombarda e veneta e lungo l’asse Milano-Venezia, dov’è in costruzione la Tav con i cantieri che hanno stravolto tutto il Basso Garda.
L’edilizia continua a comandare anche tutta la costa adriatica, con elevate densità di trasformazione in tratti del litorale romagnolo, marchigiano e in Puglia. I numeri sono freddi ma serve guardarli: ci sono 15 regioni in cui il suolo consumato stimato al 2022 supera il 5%, con i valori percentuali più elevati in Lombardia (12,16%), Veneto (11,88%) e Campania (10,52%). La Lombardia detiene il primato anche in termini assoluti, con oltre 290mila ettari di territorio artificializzati. La Lombardia guida la classifica anche degli incrementi maggiori, in termini di consumo di suolo netto, nell’ultimo anno, con 908 ettari in più, seguita da Veneto (+739 ettari), Puglia (+718 ettari), Emilia-Romagna (+635), Piemonte (+617). È lombarda, Monza e Brianza, anche la provincia con la percentuale di suolo artificiale più alta al 2022, con circa il 41% di suolo consumato in rapporto alla superficie provinciale e un ulteriore incremento di 48 ettari. Sopra il 30% troviamo anche le province di Napoli (35%) e Milano (32%).
TRA I COMUNI VINCE Roma Capitale, con il consumo di suolo più elevato anche nel 2022: «La tendenza alla riduzione che sembrava essersi innescata nel periodo precedente quest’anno subisce un’inversione di tendenza e la crescita delle superfici artificiali raggiunge livelli mai registrati prima, attestandosi a 124 ettari di nuovo consumo di suolo netto» spiega il Rapporto. Dopo Roma compaiono in questa speciale classifica Uta (in provincia di Cagliari) e Casalpusterlengo (Lodi), con 98 e 63 ettari di nuovo consumo di suolo netto nell’ultimo anno rispettivamente. Per quanto riguarda Uta, in particolare, la quasi totalità delle sue trasformazioni sono legate a un grande impianto fotovoltaico che ha coperto circa 80 ettari.
Gli altri due comuni che superano i 50 ettari sono Piacenza e Sassari. Due «casi» esemplari: per il capoluogo emiliano (circa 55 ettari) la trasformazione maggiore è dovuta all’ampliamento di un polo logistico, che ha coperto più di 34 ettari tra edifici, aree di pertinenza e aree di cantiere. A Sassari invece 40 ettari di consumo di suolo su un totale di 51 sono legati all’ampliamento di una cava: da lì esce materiale da costruzione, un circolo vizioso che non pare fermarsi.
L’ULTIMO TEMA da annotare è che le alluvioni e le frane non fanno paura, almeno a giudicare dai dati relativi al consumo di suolo nelle aree a pericolosità idraulica e in quella a pericolosità di frana. Nel primo caso, l’incremento di suolo artificializzato rilevato nel 2022 raggiunge in valore assoluto i 917,6 ettari nelle aree a pericolosità media: poco meno della metà (433,1 ettari) riguardano una sola regione, l’Emilia-Romagna. Si preparano così le alluvioni. Nelle aree a pericolosità di frana, invece, ricade circa il 10% del suolo consumato nazionale totale, con un incremento tra il 2021 e il 2022 di 465 ettari, un quarto dei quali in aree a pericolosità elevata e molto elevata.
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