TROPPO POCO, TROPPO TARDI da 18BRUMAIOBLOG
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
Cultura, Saperi, Università, Dialogo
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TROPPO POCO, TROPPO TARDI da 18BRUMAIOBLOG

Troppo poco, troppo tardi

 Olympe de Gouges  22 luglio 2024

Le pressioni che hanno costretto al ritiro dalle prossime elezioni il presidente Joe Biden, dimostrano ancora una volta il bluff della democrazia statunitense e le vaste dimensioni della crisi politica negli Stati Uniti.

Nel giro di soli nove giorni, il candidato repubblicano alla presidenza è sfuggito a un tentativo di assassinio, mentre il presidente in carica, dopo aver dichiarato per settimane che non si sarebbe ritirato dalla corsa, è stato costretto a porre fine alla sua campagna per la rielezione. Quali commenti avrebbe scatenato una simile vicenda se fosse accaduta altrove?

Biden, ex vicepresidente di Obama, alla fine si è piegato alla pressione dei principali leader del partito al Congresso e dei donatori miliardari. A decidere delle sorti della “democrazia” sono ancora una volta l’oligarchia finanziaria e i rappresentanti dell’apparato militare- intelligence.

Ciò riporta alla memoria quanto accadde nel 1968, quando la politica americana fu sconvolta dalla guerra del Vietnam, dagli assassinii di Martin King Jr. e Robert Kennedy e dalla decisione del presidente Lyndon Johnson di rinunciare alla rielezione. Tuttavia la crisi attuale è ancora più grave poichè il prossimo presidente sarà, ancora una volta, espressione di una classe media bianca che si sente espropriata della sua cultura e del proprio Paese da minoranze e dall’èlite liberale globalizzata.

Vogliono anche un ritorno a un’epoca in cui la popolazione bianca era la maggioranza e deteneva gran parte del potere; il fattore razziale è molto importante negli Stati Uniti. Che una parte non trascurabile di questa classe si sia radicalizzata in un’orgia di reazione fascista, d’isteria suprematista, di survivalisti (sono convinti che la fine del mondo sia vicina) e fondamentalismo cristiano, è solo una conseguenza di una crisi che nasce da lontano.

Non vanno trascurati i cosiddetti “veterani”. Gli Stati Uniti sono stati costantemente in guerra fin dalla seconda guerra mondiale. C’è stata la Guerra Fredda, la guerra del Vietnam, la prima guerra del Golfo e le guerre in Iraq e Afghanistan. Per dire solo delle principali. Sono 2 milioni i soldati in servizio, 18 milioni i veterani in totale, a cui vanno aggiunte le loro famiglie e le persone che vivono di armamenti.

Inoltre, Trump ha il sostegno di una parte sostanziale dei padroni del denaro, tra i quali un plurimiliardario come Elon Musk, e dunque la possibilità che s’instauri a Washington un regime apertamente reazionario, non è una mera congettura, ma è una realtà politica.

Nella sua recente intervista con ABC News, a Biden è stato chiesto: “Ha avuto tre mesi per sfidare Trump, perché non l’ha fatto?”. Biden ha risposto: “Ho fatto un sacco di altre cose, come guerre in giro per il mondo”.

I boss del Partito democratico si riuniranno mercoledì 24 luglio per decidere la nomina del loro candidato. Non è scontato sarà Kamala Harris. I democratici hanno bisogno, per avere una chance di successo, di un candidato che parli, pur se non esclusivamente, anche all’America bianca. Ma è troppo poco e troppo tardi.

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