TANTI CORTEI. TANTA GENTE. TANTE VOCI. da IL MANIFESTO
A Milano splende il sole. Un corteo e tante voci
IRRESISTIBILE. Più di centomila persone e una miriade di sigle riempiono le strade del centro: «Il manifesto è stato il valore aggiunto»
Micaela Bongi, Luciana Cimino, Giuliano Santoro, MILANO 26/04/2024
Grande, grandissimo, festoso, tantissime ragazze e tantissimi ragazzi, bambine e bambini, anche. Milanesi, certo, ma anche gruppi arrivati da altre città, «proviamo a andare avanti», dice un giovanissimo siciliano uscito dalla metropolitana al gruppetto con cui è arrivato. Andare avanti non è facile, il corteo che sfila su corso Venezia è fittissimo, riempie la strada da una parte all’altra e chi arriva fa fatica a infilarsi nel flusso lungo e largo. Musica dai sound system dei camion, musica di bande arrivate con i loro strumenti, Bella ciao, hip hop, echi sanremesi, anche. Si balla, si canta. E c’è il sole. Un benaugurante sole.
UNA MANIFESTAZIONE allegra e vivace, composta. E grandissima. Centomila, dicono dal palco. Difficile dare una cifra precisa, le persone continuano a arrivare, a sbucare dalla metropolitana, lo spezzone più indietro del corteo resta fermo per ore e quando arriva in piazza Duomo non solo sono già finiti gli interventi dal palco ma il palco lo stanno proprio già smontando. È una festa della Liberazione libera, felice e con una grande partecipazione civile che non lascia spazio a polemiche che inevitabilmente qualcuno tenta di montare ma senza veri appigli.
TANTISSIMI gli striscioni che restano anche appiccicati tra loro tante sono le realtà, partiti, associazioni, sindacati, vertenze, comunità di migranti che hanno voluto esserci. Contro il governo più a destra della storia della repubblica, per scongiurare che anche l’Europa vada ancora più a destra. Contro manganelli e censure. Per il lavoro, i diritti, la salute, la scuola, contro la fortezza Europa che esclude i migranti, «No borders», dice uno striscione, «free Assange», un altro subito dopo. Striscioni e cartelli di tutte le dimensioni. «Fasci e infami fanno il fritto misto», «Ilaria libera», cioè Ilaria Salis, citatissima in tutta la manifestazione. «Gaza chiama Lecco risponde».
QUANDO IL CORTEO è ancora incastrato al punto di partenza, e la gente continua ad affluire, davanti allo striscione della federazione milanese del Pd compare Elly Schlein. Insieme a lei ci sono la capogruppo alla camera Chiara Braga, il deputato Alessandro Zan, il sindaco di Bergamo (e candidato alle europee) Giorgio Gori, il capo delegazione dem a Bruxelles Brando Benifei, il milanese membro della segreteria Pierfrancesco Majorino, Orlando, Cuperlo, Chiara Gribaudo, Emanuele Fiano con fazzoletto della Brigata ebraica. La segretaria Pd saluta «la festa della Liberazione e di tutta la Repubblica, che è la festa in cui si ricorda chi ha costruito le basi per la democrazia e per la libertà». Poi esprime la necessità che «si rinnovi l’impegno della lotta per la difesa della nostra Costituzione e per la sua piena attuazione». La manifestazione si muove a fatica, Schlein stringe mani e saluta la sua gente. Una donna si avvicina e le urla: «Devi cacciare un sacco di gente dal tuo partito». Ne nasce una discussione accesa con un’altra manifestante. Molti sostenitori di Schlein cercano di ricomporre la faccenda senza tanto clamore: «Ha solo espresso un’opinione». Schlein si defila in compagnia di Cecilia Strada, anche lei candidata al voto di giugno. Dopo il Pd, a ranghi ridotti, si dispone la delegazione dei 5 Stelle, con lo striscione «Resistenza, libertà e partecipazione in difesa della Costituzione». In prima fila si palesa Gaetano Pedullà, direttore della Notizia e candidato alle europee. Giuseppe Conte è rimasto a Roma, in mattinata ha visto una mostra su donne e Resistenza: «Non abbassiamo la guardia», dice il leader M5S.
SEGUE IL CAMION di Alleanza Verdi Sinistra, che caratterizza la sua presenza in piazza col sostegno a Ilaria Salis. Nicola Fratoianni saluta la «grande manifestazione, anche grazie all’appello del manifesto» e riflette: «Nel nostro paese abbiamo esponenti del governo che fanno ancora fatica a dire una parola semplice: ‘Sono antifascista’. Quella parola, peraltro, che consente loro di stare lì al governo. È incredibile se ci si pensa. Ma bisognerebbe dire esattamente ciò che va detto: che l’antifascismo è la religione civile di questo Paese, che ha fondato la Repubblica, che ha dato libertà. E che essere antifascisti oggi vuol dire continuare a battersi e non fare solo memoria per la libertà e per i diritti di tutti e tutte».
POI LO SPEZZONE di Rifondazione e il grande striscione con il marchio della lista «Pace Terra Dignità». Maurizio Acerbo è reduce dalla maratona di queste settimane per la raccolta delle firme per esserci alle europee. «Il traguardo è a un passo – racconta mentre si precipita in piazza Duomo per i comizi finali – ci serve uno a sforzo ulteriore in Sicilia e Sardegna». Più avanti, dalle parti del drappello con le insegne della Brigata ebraica scortato dai volontari per i decoro urbano dei City Angels, si nota la presenza di Carlo Calenda.
QUANDO SI APRONO i comizi a piazza Duomo, il corteo è appena partito. «Siamo più di 100 mila» scandiscono dal palco. C’è qualche fischio ma da lì non si sentono e la liturgia del comizio prosegue senza intoppi. «Due o trecento persone che protestano non sporcano una manifestazione con centomila persone», dice Primo Minelli, il presidente dell’Anpi Milano. Nel saluto di apertura Minelli è accorto nel gridare «cessate il fuoco ovunque, basta con le sofferenze dell’Ucraina e i massacri in Palestina, ritornino a casa gli ostaggi del 7 ottobre» e spegnere le polemiche che hanno accompagnato la vigilia del corteo. Anche il sindaco Beppe Sala parla di «bilancio che non può che essere largamente positivo». «Innanzitutto vorrei ringraziare il manifesto – dice il sindaco – avete fatto una cosa straordinaria al momento giusto». Poi ribadisce: «Piazza Duomo erano anni che non si vedeva così piena e questa piazza non può essere sporcata dalla contestazione, Milano dice che la Costituzione non può essere toccata, questa città è la barriera morale contro cui si infrangerà ogni progetto di stravolgimento della democrazia».
Poi Sala chiama sul palco Antonio Scurati. Mentre vi parlo festeggiamo perché questa è la festa della Liberazione che è liberazione dal nazifascismo», ribadisce lo scrittore al termine del suo noto monologo censurato dalla Rai. Parla pure Pif, davanti a una piazza all’inizio diffidente, poi conquistata quando elenca le più diffuse bufale sul fascismo e sul duce «che ha fatto anche cose buone». «In un Paese normale festeggeremmo, oggi invece bisogna ricordare – ha detto il regista siciliano – alcune persone hanno paura di dichiararsi antifasciste perché non lo sono culturalmente». Si alternano poi gli interventi del presidente nazionale dell’Aned Dario Venegoni, del professor Andrea Ricciardi della Fiap e di Debora Migliucci dell’Archivio storico del lavoro. Per i sindacati, che a Milano fanno a turno ogni anno, interviene la Uil. «La Liberazione – ricorda il segretario organizzativo, Emanuele Ronzoni – va celebrata per rendere effettivi e concreti gli ideali e i diritti delle persone. Oggi alcuni provvedimenti non fanno altro che accentuare i divari, la povertà e le disuguaglianze sociali e territoriali».
ANCHE IL PRESIDENTE Anpi, Gianfranco Pagliarulo, esordisce ringraziando il manifesto per l’invito alla partecipazione. «Se oggi siamo 100mila è anche per l’appello del manifesto che, come 30 anni fa, ha contribuito a mobilitare le persone». Il presidente Anpi torna poi sulle riforme volute dal governo: «Se si consegna tutto il potere a una sola persona e, se si frantuma l’Italia in tante Regioni concorrenti, salta la Costituzione del 1948 e si lacera la natura una e indivisibile della Repubblica». Alle poche contestazioni dei gruppi filo palestinesi in piazza Pagliarulo risponde: «Non bastano 35 mila morti, bambini, donne, giornalisti, medici, operatori dell’Onu? Se Netanyahu attacca in forze Rafah può avvenire un massacro di dimensioni inaudite». E a scanso di ricostruzione equivoche aggiunge: «È troppo chiedere ad Hamas di liberare gli ostaggi? Forse qualcuno non lo ha ancora capito ma non abbiamo dimenticato l’orrenda carneficina del 7 ottobre».
SALGONO SUL PALCO i musicisti e i cantanti della Scala per eseguire Bella Ciao. La manifestazione finisce e gran parte del corteo non è riuscita a raggiungere piazza Duomo. «Ricorderemo per anni questa manifestazione: Viva la Repubblica antifascista! Viva la Resistenza! Arrivederci alle prossime battaglie per difendere la Costituzione».
Roma, a Porta San Paolo lancio di oggetti e insulti ai pro Palestina
25 APRILE. Tre le manifestazioni nella Capitale, tanti giovani al Quarticciolo. Roberto Salis: «Sono qui per mia figlia»
Silvia Scipioni, Filippo Zingone, ROMA 26/04/2024
Roma, 25 aprile. La mattina comincia a porta San Paolo dove si fronteggiano due gruppi contrapposti: la Brigata ebraica da un lato; gli attivisti pro Palestina dall’altro con i cartelli «Fuori i genocidi dalla storia, con la Resistenza sempre». In mezzo un imponente spiegamento di forze. Un terzo gruppo esibisce lo striscione «Ebrei antisionisti». La tensione sale in un attimo, scoppiano petardi. Dalla Brigata ebraica partono sassi, anche all’indirizzo dei giornalisti, con un tentativo di forzare il cordone per arrivare allo scontro fisico.
Persino il lancio di barattoli di cibo verso i pro Pal, un gesto offensivo che allude alla fame a cui sono costretti a Gaza. Alla fine la tensione cala e il primo gruppo si disperde, mentre gli attivisti restano a Porta San Paolo prima di essere fermati all’altezza della Fao, al Circo Massimo, ancora dalle forze dell’ordine. Ai pro Pal la Brigata ebraica ha urlato «terroristi» e «assassini». Un uomo con la bandiera di Israele e la foto di una degli ostaggi di Hamas ha inveito contro una manifestante: «Devi fare la fine delle donne ebree del 7 ottobre, devono stuprare anche te. Sei una razzista».
Il presidente dell’European jewish association, Riccardo Pacifici, ha poi spiegato: «La comunità ebraica di Roma insieme all’Ucei ha promosso la deposizione della corona a Porta San Paolo, una consuetudine. Si è creata tensione perché le organizzazioni arabe hanno detto che sarebbero venute per cacciare i sionisti dalla piazza. Hanno tentato di umiliarci. Per evitare scontri si è deciso di sciogliere la manifestazione». Sui lanci (due cronisti feriti) ha replicato: «Sono stati lanciati solo un sasso e una scatola di piselli. Non è stato questo che ha creato problemi. Molto più grave è stata la presenza di chi voleva riscrivere la storia. Vogliamo ricordare che gli arabi durante la guerra erano dalla parte dei nazisti».
Elisabetta La Pera ha poi raccontato: «Mi trovavo da sola, avevo appena parcheggiato il motorino per raggiungere il corteo quando sono arrivati. Mi hanno avvolto con la loro bandiera, sputato e insultato. Erano una decina di uomini, presumibilmente della brigata ebraica». Elisabetta voleva raggiungere la fine del corteo che da Tor Marancia ha raggiunto Porta San Paolo, circa 5mila persone, tante bandiere della Palestina, colonna sonora da Caparezza a Bella ciao. «Contro guerra e genocidio: Resistenza» lo slogan più urlato.
Un corteo che è andato avanti pacifico. Livia, 18 anni, frequenta il liceo Socrate: «Il governo prova a oscurare la storia della resistenza partigiana. Il 25 aprile tocca a noi raccontarlo, a chi è attivo tutti i giorni». E Giovanni, 60 anni: «È più importante stare qui quest’anno perché la destra di governo è erede dell’Msi. Governano ma devono ricordarsi che non comandano». Michela Arricale è avvocata, copresidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia: «Il lascito più importante della Resistenza è la Costituzione, in particolare gli articoli sull’uguaglianza. Non esistono persone di serie A e di serie B. Per questo siamo accanto alla resistenza palestinese». Presente anche il padre di Ilaria Salis: «Sono qui per lei, mia figlia è antifascista e questa è casa sua. Sono qui a rappresentarla fintanto che non può venire con le sue gambe».
A Roma si è commemorato la Liberazione anche al Quarticciolo. Al Largo delle Terme Gordiane alle 10 c’erano già diverse centinaia di persone che attendevano la partenza del corteo. Uno dopo l’altro, sono confluiti nella piazza piccoli spezzoni, composti in maggioranza da giovani studenti e studentesse. Al rosso delle bandiere antifasciste si mischiavano i colori di quelle palestinesi, curde, Lgbtq+ e della comunità Rom e Sinti. La manifestazione qui è stata organizzata da una «rete di realtà dal basso antifasciste di Roma est, ma che si è estesa ai collettivi studenteschi di tutta la città» dice Michele, uno degli organizzatori. Al microfono si susseguono interventi di solidarietà al popolo palestinese, di denuncia delle condizioni nelle carceri, dei collettivi di lotta per la casa. «Necessario portare l’antifascismo e le lotte in piazza non solo in questo giorno» dice Federico, 19 anni. Colori, musica, sorrisi, spiega Patrizia, una maestra del quartiere: «È il punto di arrivo e il punto di partenza per liberarsi ora, liberarsi ancora». Finale alla Palestra popolare del Quarticciolo.
No Comments