“SEICENTO COLPE DI CAMPANA” da IL FATTO e IL MANIFESTO
Saperi. In assenza di un grande collettore politico prevalgono le specializzazioni, manca il dialogo tra i saperi e la frammentazione blocca le potenzialità del pensiero critico. Una parziale cartografia degli studiosi italiani di varie discipline
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“SEICENTO COLPE DI CAMPANA” da IL FATTO e IL MANIFESTO

Le “600 colpe di campana” dei campanili di Bologna per non dimenticare i naufraghi

FRANCESCO SANDRI  6 LUGLIO 2023

Una campana suonerà 600 volte a morto questa sera a Bologna. Sarà quella della Torre dell’Arengo, in piazza Maggiore. Seicento, come i dispersi del tragico naufragio di Pylos, in Grecia. Un’azione artistica, civile e spirituale “per non lasciare in fondo a quel Mar di Nessuno gli ennesimi annegati”, come ricorda Alessandro Bergonzoni, ideatore dell’iniziativa. Non ci saranno manifestazioni; solo l’opportunità di ricordare in silenzio le centinaia di vite, passioni e progetti che il 14 giugno scorso si sono perse tra le onde di un mare calmo. Erano saliti in più di 700 su quel peschereccio. Venivano da Pakistan, Siria, Afghanistan ed Egitto. Ciascuno aveva pagato migliaia di euro per la traversata verso l’Italia, ma il motore li ha abbandonati in acque greche mentre speravano in un aiuto. Invece, come hanno denunciato alcuni dei 104 sopravvissuti, sembra che la Guardia costiera greca abbia avuto un ruolo nella tragedia. Se non altro quello di non intervenire. I rintocchi ricorderanno “la mancanza di responsabilità politica di tutti i Paesi europei, ma soprattutto la mancanza di vergogna, di senso di colpa, di scuse, soccorsi, aiuto e sensibilità”, afferma Bergonzoni. È per questo che l’iniziativa si chiama “600 colpe di campana”. Non si può dimenticare il ruolo dell’Europa in questi drammi. Un ruolo storico nel contribuire a mettere in moto i flussi di persone attraverso le politiche coloniali di ieri e neo-coloniali di oggi. Ma anche un ruolo attuale, rispecchiato dall’ostilità della fortezza-Europa verso chi cerca un futuro migliore. L’ostilità non ferma le migrazioni, le rende solo più pericolose. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, negli ultimi 9 anni sono annegate 25.743 persone nel Mediterraneo. Molti potevano essere salvati. Oggi possono essere solo ricordati, ma spesso non succede neanche questo. Lo dice anche Bergonzoni: “Le stragi vengono sostituite da altra attualità, avvenimenti, cronache e fatti che mettono ancor più in fondo i corpi abissali dei migranti”. La speranza è che a Bologna, come in altre città, i rintocchi di una campana riescano a ridestare dall’apatia chi ha avuto il privilegio di nascere da questo lato del mare.

Il governo contro le navi delle Ong: otto mesi di bugie e schizofrenia

MEDITERRANEO. I numeri degli sbarchi smentiscono il pull-factor. Intanto la guardia costiera coordina i «soccorsi multipli» criminalizzati dal Viminale

Giansandro Merli  06/07/2023In principio fu il pull-factor. Teoria già sbandierata in passato, mai dimostrata, riciclata dalla destra tornata al governo. Per esempio dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che il 16 novembre scorso diceva: «Dalle più recenti analisi di rischio elaborate da Frontex emerge che la presenza di assetti navali delle Ong in prossimità delle coste libiche continua a rappresentare un fattore di attrazione, il cosiddetto pull-factor».

Di questo leggendario rapporto dell’agenzia Ue, citato per tutto l’autunno da esponenti della destra, non si è mai saputo nulla. Cinque europarlamentari leghisti – Rinaldi, Campomenosi, Zanni, Tardino, Panza – lo hanno perfino chiesto alla Commissione con un’interrogazione a risposta scritta. Evidentemente né loro né i colleghi di partito, che pure lo hanno usato a sostegno delle loro tesi, lo avevano mai visto. Dall’istituzione Ue non è arrivato nulla. Frontex non lo ha mai pubblicato.

Dopo i primi otto mesi e mezzo del nuovo esecutivo, comunque, il bilancio di dichiarazioni e misure del governo sulle imbarcazioni umanitarie va fatto con i numeri. Se il 26 ottobre 2022 il titolare del Viminale diceva che puntava a «non avere navi che trasportano migranti», 253 giorni dopo quell’obiettivo è fallito. Basta mettere a confronto il primo semestre di quest’anno – il decreto anti-Ong di Piantedosi, poi convertito in legge, è in vigore dal 2 gennaio – con lo stesso periodo 2022. Le navi umanitarie sono passate da 8 a 12, le missioni da 19 a 43. Complessivamente nei primi sei mesi dello scorso anno le Ong avevano salvato 4.066 persone, quest’anno 4.694 (anche se il 30% del totale è rappresentato da tre mega soccorsi realizzati dalla Geo Barents di Msf).

La strategia del governo ha fallito? Non proprio: è andata a segno nel limitare l’operatività delle Ong, ma questo non ha avuto alcun impatto sugli sbarchi. In rapporto al numero complessivo di arrivi via mare la percentuale di migranti soccorsi dalle organizzazioni umanitarie è crollata dal 14%, valore stabile negli ultimi anni, al 7%. Perché mentre le Ong sono tenute fuori gioco per giorni, grazie al combinato della nuova legge con la prassi di assegnare un porto dopo il primo soccorso ma a centinaia di chilometri, gli sbarchi sono cresciuti del +134%: erano 27.633 il 30 giugno 2022, 64.930 nella stessa data del 2023. L’aumento non è solo complessivo, ma anche relativo alla Libia. Se lo scorso anno questa rotta era in testa alla classifica con circa 15mila persone nei primi sei mesi, quest’anno è stata superata da quella tunisina ma segna comunque una crescita in termini assoluti: più o meno 27.500 persone (con le partenze dalla Cirenaica leggermente superiori a quelle della Tripolitania).

Eppure le navi umanitarie, spedite al centro-nord al primo salvataggio, non sono potute rimanere a pattugliare per giorni le acque internazionali davanti alle coste libiche realizzando «soccorsi multipli». Cioè proprio il comportamento che secondo il governo spingerebbe i migranti a partire. Così la premier Giorgia Meloni il 3 febbraio scorso: «Le Ong vogliono stare anche settimane davanti alle coste africane: prendono dei migranti e non vanno nel porto ma aspettano di riempire la nave e la vogliono portare al porto che loro ritengono. È più un servizio di traghetto che di salvataggio».

Al di là dei numeri, cosa è accaduto in mare nell’ultima settimana? Il centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano (Imrcc) ha coordinato ben sette salvataggi di navi umanitarie che stavano risalendo verso il porto assegnato: quattro per la Humanity 1 diretta a Ortona e tre per la Geo Barents in navigazione verso Marina di Carrara. Tutti lungo la rotta Tunisia-Lampedusa ma nella zona di responsabilità maltese. In pratica la guardia costiera italiana, che dipende dal ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini e intorno alla maggiore delle Pelagie è oberata di lavoro per gli sciami di barchini, ha chiesto aiuto alle Ong facendo realizzare loro proprio quei «soccorsi multipli» che il decreto del Viminale di Piantedosi vorrebbe impedire e sulla cui base sono stati realizzati anche dei fermi (l’ultimo: Sea-Eye 4 il 2 giugno).

«Siamo contenti della cooperazione con le autorità italiane. Dovrebbe andare sempre così», dice il portavoce di Sos Humanity Lukas Kaldenhoff. Gli fa eco il capomissione di Msf Juan Matías Gil: «Siamo soddisfatti che la guardia costiera italiana si stia finalmente facendo carico dei soccorsi fuori dalla sua zona di responsabilità e ci coordini per realizzarli. È vergognoso, però, che continui a mandarci a centinaia di chilometri».

Da notare che nelle mail che l’Imrcc invia alle Ong per indicare il luogo sicuro di sbarco è comparsa una nuova dicitura: «… il MINISTERO DELL’INTERNO (in maiuscolo, nda) italiano ha indicato il porto di…». Sembra voler precisare chi ha la responsabilità di spedire i naufraghi dall’altra parte dell’Italia.

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