PADOVA, QUELLA SERA SUL PALCO QUANDO LA PIAZZA CAPÌ SUBITO da IL MANIFESTO
Padova, quella sera sul palco quando la piazza capì subito
1984 – 2024 IL CASO BERLINGUER. Vedendo l’immagine sullo schermo del segretario sofferente, i militanti iniziarono a gridare prima che se ne rendessero conto i dirigenti dietro di lui
Pietro Folena 07/06/2024
Quel giorno il tempo era incerto, e le previsioni davano un peggioramento durante la giornata e la serata. Il comizio in Piazza della Frutta, a Padova, era previsto di sera. Passammo tutta la giornata a montare il palco e a rifinirlo. Avevo avuto notizia, nel frattempo, che Enrico Berlinguer era arrivato a fine mattinata, in macchina da Genova, dove aveva parlato la sera prima, e che si trovava nella sua camera d’albergo, all’Hotel Plaza di Corso Milano, a preparare e rifinire il suo discorso della sera.
C’era stato per noi, che avevamo montato il palco, appena il tempo di una doccia e di cambiarsi d’abito: e intanto, via via che cominciavano ad arrivare compagne e compagni da zone più lontane del Veneto e della provincia, cominciava a cadere una pioggia sottile.
La piazza ormai piena, si era fatto buio, la musica dagli altoparlanti: arriva finalmente il segretario, acclamato dalla folla. Un rapido saluto anche con me sul palco, due anni dopo il Congresso della Fgci di Milano, quando avevo lasciato l’organizzazione giovanile per fare esperienza al Partito. Parlano i dirigenti locali, e tra di loro Lalla Trupia, responsabile nazionale delle donne e candidata alle europee. Prende la parola Berlinguer.
La piazza alterna silenzi incantati ed esplosioni di consenso. Quella voce ferma, chiara, determinata scandisce ogni parola e scolpisce l’animo dei militanti. Parla delle grandi sfide generali, della pace e dei diritti dei lavoratori. Parla di Padova, consapevole dei problemi che sono stati messi alla sua conoscenza. Noi, sul palco dietro il segretario, non sentiamo le incertezze e il rallentamento delle sue parole nella parte finale dell’intervento.
La piazza invece, vedendo l’immagine ormai sofferente di Berlinguer sullo schermo, è più consapevole di noi – quasi una metafora della separazione tra base e vertice – che qualcosa sta succedendo, e comincia a incoraggiare il segretario a viva voce. «Enrico! Enrico! Enrico!» – gridano in tanti. Gli ultimi minuti del comizio li ricordo con angoscia: cresceva la consapevolezza di qualcosa di inimmaginabile, più grande di noi, destinato a incidere sul futuro di tutti. Ci agitiamo, dietro Berlinguer che dice le sue ultime parole: «Lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada».
La confusione è indescrivibile. Qualcuno fa avvicinare Giuliano Lenci, medico iscritto al Partito. Al termine del suo intervento, con la piazza angosciata che applaudiva e chiamava, a spalle Berlinguer viene portato giù dal palco. Corriamo a piedi all’hotel, vicino alla Piazza, dove il segretario viene accompagnato in macchina. Sono nel corridoio, e lui è dentro la camera aperta, dove viene fatta la prova di Babinski. È un ictus. C’è la polizia. Hanno già parlato col reparto di neurochirurgia. Io vado avanti prima dell’arrivo dell’ambulanza, per accertarmi con altri compagni che tutto fosse pronto per l’arrivo del segretario. L’ultima immagine di Berlinguer è il suo arrivo a neurochirurgia. In barella, ormai in coma, un rantolo esce dalla sua bocca, un piccolo rivolo di sangue. Viene portato in sala operatoria. Non lo vedrò più.
Due ore più tardi, dopo aver deciso l’organizzazione delle prossime ore (io sarei rimasto al Plaza, dove la famiglia di Berlinguer e i dirigenti del Partito sarebbero arrivati), ci viene in mente che c’è la ripresa delle immagini del comizio. Cerco dal telefono dell’ospedale il responsabile dell’Arci, e poco dopo veniamo messi a conoscenza che l’operatore a cui ci si era affidati aveva già venduto la cassetta sul mercato. Chiamammo la direzione del Partito che, attraverso i suoi canali, riesce a far ricomprare il filmato dalla Rai e a embargarlo. Le immagini verranno viste solo dopo l’11 giugno.
Nei tre giorni successivi organizzammo, dal Plaza, la vigilanza alla famiglia di Berlinguer e ai dirigenti accorsi, a partire da Giancarlo Pajetta. Si trattava di accompagnarli all’ospedale, in attesa di notizie. Ma i bollettini erano negativi, e noi tutti sapevamo che oramai era solo una questione di giorni, o di ore. La sera, quando gli ospiti riposavano in albergo, andavamo alle Feste dell’Unità in provincia, rendendoci conto dell’enorme impatto che questo accadimento aveva non solo nel Partito, ma nella società.
Poi giunse la fine, l’11 giugno. Sapevamo che sarebbe arrivata. Tutti si spostarono all’ospedale Civile. Anch’io vi misi piede, per la prima volta in quei giorni. Ricordo, al fondo di un lungo corridoio prima della terapia intensiva dove Berlinguer si trovava dopo l’operazione, il fotogramma dell’abbraccio tra l’altissimo Ugo Pecchioli e Pietro Ingrao, più basso, scoppiati a piangere, l’uno nelle braccia dell’altro. E poi il corteo per l’aeroporto di Tessera che accompagnava il feretro, tra due ininterrotte ali di folla, e i funerali a Piazza San Giovanni.
In pochi minuti, il 7 giugno, si era consumata non solo la vita di un leader ancora giovane, ma il suo tentativo più coraggioso di ripensare la sinistra come forza critica del capitalismo, oltre le esperienze comuniste e socialdemocratiche del Novecento. Quell’ultimo Berlinguer, che quarant’anni dopo è quello più fecondo per pensare a una sinistra del tempo nuovo.
Passioni, idee e antidoti per aggirare il santino
1984 – 2024 IL CASO BERLINGUER. Nel quarantennale della morte, la già vasta bibliografia sul segretario del Pci si è ulteriormente arricchita, fra ristampe e nuove letture
Lelio La Porta 07/06/2024
Fra il 2022, anno del centesimo anniversario della nascita di Enrico Berlinguer, e questo 2024, anno del quarantesimo anniversario della sua scomparsa, la già notevole bibliografia sulla sua vita, sul suo pensiero e sui temi specifici della sua battaglia politica si è ulteriormente arricchita di titoli, senza dimenticare che, fuori dalle ricorrenze e dalle commemorazioni, altri lavori a lui dedicati sono ancora oggi meritevoli di menzione. La vita.
La biografia del leader comunista di Giuseppe Fiori (Vita di Enrico Berlinguer), pubblicata nel 1989 dalla casa editrice Laterza, è stata riproposta nel 2022 con prefazioni di Walter Veltroni e di Eugenio Scalfari, quest’ultima risalente alla seconda edizione del 2004. Anche Chiara Valentini dedicò a Berlinguer una biografia in tre momenti («storia lunga di una biografia», scrisse l’autrice): 1989, Berlinguer, Mondadori; 1997, Berlinguer, l’eredità difficile, Editori Riuniti; 2014, Berlinguer, Feltrinelli, con una postfazione di Paolo Spriano. Grazie anche all’uso di preziosissimo materiale fotografico, notevole è il lavoro di Fabrizio Rondolino, Il nostro Berlinguer. Racconti e immagini di una vita straordinaria (Rizzoli, 2022).
Fra gli episodi della vita del segretario comunista va ricordato l’attentato in Bulgaria del 3 ottobre 1973 che viene analizzato, fra inchiesta giornalistica e ricerca storica, da Giovanni Fasanella e Corrado Incerti in Berlinguer deve morire. Il piano dei servizi segreti dell’Est per uccidere il leader del Partito comunista, con una premessa di Walter Veltroni e l’introduzione di Giuseppe Vacca, ripubblicato ora nel 2024 da Fuori Scena.
Il pensiero politico. Quella di Berlinguer fu veramente «un’altra idea del mondo», come recita il titolo di un’antologia di scritti, discorsi e interviste (Un’altra idea del mondo. Antologia 1969-1984) curata, nel 2014 per gli Editori Riuniti, da Paolo Ciofi, stretto collaboratore del segretario, fondatore di «Futura Umanità. Associazione per la storia e la memoria del Pci», scomparso un anno fa, e da Guido Liguori. Proprio di quest’ultimo va ricordato Berlinguer rivoluzionario.
Il pensiero politico di un comunista democratico, edito da Carocci nel 2014, uno di quei lavori che, grazie alla profondità dell’analisi, funge da efficace antidoto contro letture poco o per nulla scientifiche. Sul mito di Berlinguer e sulla «deberlinguerizzazione», che ebbe nel libro di Miriam Mafai Dimenticare Berlinguer (Donzelli, 1996) uno dei riferimenti, è ancora oggi d’obbligo riflettere sulle considerazioni di Claudia Mancina che, in un volume laterziano del 2014 (Berlinguer in questione), definiva «strabismo provocato dalla nostalgia» quello degli ex comunisti che non vedevano in Berlinguer il segretario che, non avendo saputo trarre vantaggio dalla vittoria, «ha dovuto registrare il fallimento della solidarietà nazionale e tornare all’opposizione».
Nonostante l’equanimità nella ricostruzione del pensiero di Berlinguer, anche il lavoro di Miguel Gotor (La passione non è finita, Einaudi, 2013) ci consegna un’immagine del segretario privata di quella carica rivoluzionaria, moderna e innovatrice che lo colloca al di sopra della banalizzazione dell’uomo onesto e del politico serio, così riducendolo quasi a un santino. Forse utilizzando l’immagine del santino è possibile un accostamento almeno con il titolo di uno dei libri più recenti su Berlinguer, ossia San Berlinguer.
L’ultimo capo del popolo comunista di Marcello Sorgi edito da Chiarelettere? L’ex direttore de La Stampa ricostruisce la fase della segreteria contraddistinta dal compromesso storico, dall’allontanamento dall’Urss, dalla vittoria nelle elezioni del 1976 fino al giorno della morte ponendo in Appendice (Amarcord Berlinguer) interviste a ex dirigenti comunisti (Occhetto, D’Alema, Ferrara, Mancina, Petruccioli, Veltroni), più Gotor. La battaglia politica. Alcuni temi vengono messi in evidenza attraverso le parole dello stesso Berlinguer in una nuova edizione dell’Ideario Berlinguer.
Passioni e parole di un leader scomodo di Emanuele Sbaraglia, con un’intervista a Luciana Castellina e scritti di Emanuele Macaluso e Giovanni Berlinguer (Nova Delphi, 2024). Austerità, Brigate Rosse, Gioventù, Mosca, Pace sono alcuni dei temi presi in considerazione; per affrontare l’ultimo è imprescindibile l’antologia curata da Alexander Höbel intitolata E. Berlinguer, La pace al primo posto. Scritti e discorsi di politica internazionale 1972-1984, Donzelli, 2023.
In conclusione va ricordato il volume edito da Critica marxista nel 1994 Berlinguer aveva ragione. Note sull’alternativa e la riforma della politica nel quale Aldo Tortorella, nel saggio che dà il titolo al volume, ricordava che Berlinguer riteneva obiettivo fondamentale «superare il meccanismo capitalistico perché esso non risolve il problema della emarginazione e dello sfruttamento».
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